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Tim si fa in due. Labriola vara lo scorporo tra rete e servizi

Il ceo Labriola presenta il piano industriale che sancisce il riassetto dell’ex Telecom e guarda alle cessione della rete a Open Fiber. Nascono quattro unità, obiettivo sinergie ed efficienza. In autunno l’offerta dello Stato, ma c’è anche il piano B

E separazione sia. Per Tim si chiude di fatto un’era industriale e se ne apre un’altra, il cui punto di partenza è quello spin off della rete di cui si parla da 4 o 5 anni buoni. A sua volta, primo passo per la creazione di una società unica per la banda larga, da infilare nella pancia dello Stato, una volta fatti confluire gli asset di rete di Telecom in Open Fiber. Non c’erano da aspettarsi grandi sorprese dal piano industriale presentato in mattinata da Pietro Labriola, il manager succeduto a Luigi Gubitosi.

Nei mesi scorsi, schivata l’Opa del fondo Kkr che voleva il 100% dell’ex monopolista, come raccontato su Formiche.net Labriola ha più volte fornito al mercato indicazioni precise su come impostare la separazione delle attività commerciali da quelle legate ai servizi. E ora, è tutto nero su bianco. Tim si dividerà in due, grazie a un piano dal titolo tutto sommato basico, quasi essenziale, Beyond vertical integration e che punta a fare quello che nessuno ha mai osato finora: staccare la rete dai servizi del gruppo telefonico.

Allargando per un momento lo sguardo, il piano di Tim che porta la firma dell’ex numero uno di Tim Brasil, poggia su quattro pilastri. E cioè NetCo, ovvero i servizi di rete, Tim Enterprise, Tim Consumer e Tim Brasil. Tutto per consentire al gruppo di superare l’integrazione verticale per estrarre valore da ogni entità. Labriola è stato chiaro, con un pizzico di rivendicazione, nel rivolgersi agli analisti. “Avevo detto che sarebbero state necessarie decisioni coraggiose. Attraverso lo smembramento del gruppo in 4 entità distinte andiamo oltre l’integrazione verticale. Obiettivo finale è che le 4 entità potranno raggiungere risultati migliori su base autonoma e una struttura del capitale sostenibile per ciascuna di esse anche dopo la separazione”.

Nella sostanza, Labriola creerà una società dove verranno confluiti i cavi sottomarini di Sparkle, una parte del backbone (la spina dorsale dove transitano tutti i dati italiani), la rete primaria e quella secondaria di Fibercop, quest’ultima poi destinata a fondersi con Open Fiber, ovvero Cassa Depositi e Prestiti. Per quanto riguarda la società dei servizi, sarà invece divisa in tre, i servizi dedicati alle grande aziende, detti EnterpriseCo, ovvero cloud, Iot, cybersecurity, e quindi Olivetti, Noovle e Telsy, da cui è attesa la crescita maggiore. I ricavi che a fine 2021 erano pari a 3 miliardi, saliranno a 5 miliardi a fine 2030, anche grazie alla probabile aggiudicazione della gara del Psn per migrare al digitale i servizi della Pubblica amministrazione.

Ma il cuore del riassetto in casa Tim è ovviamente lo scorporo della rete, la Netco. Entro ottobre arriverà l’offerta vincolante da parte di Open Fiber e del suo azionista pubblico, mentre per chiudere la cessione degli asset ci vorranno 15-18 mesi. Anche perché tra i soci di Fibercop, la scatola che oggi contiene la rete secondaria dell’ex Telecom, c’è proprio quel Kkr che voleva il controllo assoluto del gruppo telefonico. Anche stavolta Labriola è stato chiaro.

“La combinazione con Open Fiber rimane per la separazione della rete Tim l’opzione prioritari – preferita per sbloccare considerevoli sinergie e consentire la piena valorizzazione della rete infrastrutturale”, si legge nel piano. Tale opzione resta “solo se eseguita a condizioni vantaggiose sia per i detentori di azioni che per i detentori di debito. In caso di mancato perfezionamento dell’operazione, le opzioni alternative potrebbero comprendere, tra le altre la potenziale cessione ad investitori del mercato privato, vista la comprovata propensione attualmente manifestata per il classe di attività o una separazione strutturale”. Come a dire, se non sarà lo Stato, saranno altri.

Concetto poi ribadito dallo stesso Labriola nel corso del Capital Market Day a Roma. “Se l’accordo con Cdp e Open Fiber per l’integrazione della rete NetCo con la rete di Of dovesse fallire Tim ha un Piano B. Il migliore accordo è la vendita della rete a Open Fiber  per avere una parte di quella sinergia ma se voglio ballare il tango devo ballare con qualcuno e quindi ho detto agli azionisti che c’è anche un piano B. Se non succede il Piano A cosa possiamo fare? Anche in questo caso ci sarà una separazione dell’integrazione verticale con un altro partner”.

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