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Serbia e Kosovo, dopo la guerra in Ucraina serve la pax balcanica

Il capo della diplomazia europea Josep Borrell persegue la tesi che con la guerra alle porte dell’Europa, questo non è il momento per le controversie

Un pax balcanica utile anche a stemperare i riverberi europei della guerra in Ucraina. Di colloqui in colloqui: dopo il trilaterale di ieri tra Erdogan-Zelensky-Guterres, anche Pristina e Belgrado tentano l’ennesimo disgelo ma l’Ue pecca di ottimismo, visto che i due leader, Vucic e Kurti, si guardano ancora in cagnesco. Il tutto mentre ci sono due notizie di corredo: la Nato potenzia la sua presenza in Kosovo, temendo infiltrazioni russe, e l’Ue pensa di abbassare gli standard ambientali per l’estrazione di litio e altri materiali per la transizione energetica.

Colloqui e nodi

Il faccia a faccia tra il primo ministro del Kosovo Albin Kurti e il presidente della Serbia Aleksandar Vucic non ha fruttato la pace sperata, dopo gli episodi di violenza scoppiati lungo i confini del Kosovo circa tre settimane fa. In seguito Kurti, sotto la pressione di Ue e Usa, ha accettato di posticipare l’attuazione delle misure legate alle targhe fino al 1 settembre. Ma al di là del merito specifico legato alla questione delle auto, spicca la strategia complessiva di Bruxelles: il capo della diplomazia europea Josep Borrell persegue la tesi che con la guerra alle porte dell’Europa, questo non è il momento per altre controversie. Sarà importante capire nelle prossime ore come Pristina e Belgrado risponderanno all’invito di Borrell.

Nato

La Nato, che attualmente lì ha 3700 soldati, afferma che le forze di pace nel nord del Kosovo sono “pronte a intervenire”, annunciando un potenziamento della sua presenza in loco, dopo che le forze dell’alleanza stanno supervisionando la rimozione dei blocchi stradali istituiti dai serbi. Ma la tensione non cessa, dal momento che Vučić accusa Kurti di “mentire” sui piani escogitati da Belgrado di attaccare il vicino.

Da un lato la Serbia non riconosce la sovranità della sua ex provincia, dall’altro Belgrado sostiene che Pristina discrimina la minoranza serba che vive nel Kosovo settentrionale. Ma al di là del risentimento serbo verso l’Occidente per l’intervento della Nato nella guerra in Kosovo, spiccano le intromissioni esterne nei rivoli dei conflitti balcanici, al fine di destabilizzare il disegno europeo di allargamento a est. Anche in questo senso vanno lette le parole di Kurti, secondo cui affinché si compiano progressi, è strategico per i serbi emanciparsi di Milošević e dal presidente russo Vladimir Putin, visto che il nazionalismo serbo e interessi russi sono “la stessa cosa”.

Transizione & geopolitica

Non c’è solo la lite atavica tra Serbia e Kosovo a preoccupare i piani alti della Commissione, ma le commistioni geopolitiche ed energetiche sull’intera area. L’Ue ha bisogno di molte materie prime per ovviare non solo al caro-energia ma anche alla questione delle batterie per auto elettriche e cellulari. Per questa ragione all’interno del piano REPowerEU vi è l’indicazione di allentare le regole di protezione ambientale, anche al fine di bypassare la domanda di combustibili fossili russi. Al primo posto nelle priorità della Commissione Europea c’è il passaggio alle energie rinnovabili: il secondo step è quindi una strategia che si distenda tra l’estrazione, la lavorazione, la raffinazione e il riciclaggio.

In questo senso la macro regione balcanica diventa fondamentale, perché proprio lì sono previsti otto dei 20 progetti europei che interessano il litio, in modo particolare in Serbia, mentre un altro è in Bosnia-Erzegovina. L’azienda cinese Contemporary Amperex Technology Ltd ha concluso un accordo da 7,34 miliardi di euro in Ungheria per la costruzione di un impianto di batterie. Anche per questa ragione Bruxelles deve accelerare fortemente, tanto la burocrazia quanto la progettazione.

@FDepalo



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