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Vladimir Putin è davvero cambiato o l’Europa è stata miope?

Si chiede Mayer: venti anni fa a Grozny era poi così diverso da Mariupol oggi? dieci o cinque anni fa ad Aleppo? Con il senso di colpa tipico di chi è arrivato troppo tardi si dice oggi che è mancata una lungimirante e virtuosa strategia di diversificazione delle forniture energetiche, ma già nel 2014 il problema era segnalato da Umberto Saccone (ex Sismi). Un fattore importantissimo è stato quello delle idee

Vladimir Putin ha cambiato la sua visione politica negli ultimi tempi o la sua leadership della Federazione Russa è caratterizzata da una sostanziale continuità?

Rispondere a questa domanda è di cruciale importanza per analizzare in profondità le ragioni dell’invasione militare e trovare le risposte più adeguate.

In seguito all’invasione dell’Ucraina il sottosegretario alla Difesa del governo Draghi Giorgio Mulé (deputato di FI ed ex direttore di Panorama) il 25 febbraio scorso ha dichiarato a RAI 1:

“Ho sentito ieri sera Silvio Berlusconi, è preoccupatissimo ed è quasi terrorizzato da quel che sa accadendo, non è che fa fatica, ma proprio non riconosce in Vladimir Putin la persona che aveva conosciuto”. 

Su questa valutazione a caldo di Berlusconi si può discutere perché su Putin ha cambiato idea più di una volta, ma è fuor di dubbio che un identico “stupore” per il “cambiamento” di Putin abbia coinvolto altri leader politici europei.

Qualora si fossero immaginati la sanguinosa aggressione all’Ucraina alcuni ex premier europei non avrebbero accettato a cuor leggero incarichi (per quanto ben pagati) in aziende russe di primo piano per poi doversi dimettersi il 24 febbraio 2022 o nei giorni immediatamente successivi.

L’ex primo ministro francese François Fillon era stato nominato dal governo nel board dell’azienda petrolifera Zaroubejneft, i due ex premier austriaci Christian Kerne e Wolfgang Schuessel (il primo nel cda delle Ferrovie russe (RZD) e l’altro nel cda del gigante petrolifero Lukoil) , Matteo Renzi nel board di Delimobil, Esko Aho nella maggiore banca della Federazione Russa, Sberbank.

A queste personalità si deve aggiungere l’ex Cancelliere tedesco Gerhard Schroeder che tuttavia costituisce un caso a sé stante anche perché non ha mai preso veramente le distanze da Putin sull’Ucraina.

Per inciso, sugli stretti rapporti di Schroeder con la Russia si è aperta nel Parlamento Europeo una che per ragioni di spazio non posso approfondire in questa sede.

La decisione di Putin di invadere l’Ucraina non è stata una brutta sorpresa solo per gli ex capi di governo che ho appena citato, ma anche per la grande maggioranza se non la totalità delle cancellerie europee.

I diplomatici europei non hanno previsto l’aggressione militare perché Putin ha improvvisamente cambiato politica o perché la loro analisi su Putin, il suo regime interno e le sue ambizioni internazionali erano sbagliata?

La mia ipotesi – tutta da verificare – è che l’ errore sia da attribuirsi all’ incomprensione della sua personalità politica e non ad un suo cambiamento repentino. Berlusconi forse non lo riconosce più, ma Putin per molti aspetti è sempre lo stesso, soprattutto intravedo notevoli aspetti di continuità nelle sue scelte energetiche, militari e ideologiche.

Su Formiche.net l’ambasciatore Stefano Stefanini ha ricostruito con grande puntualità le vicende degli ultimi anni ed in particolare l’incontro di Pratica di Mare e le sue promesse mancate.

Quell’incontro costituisce l’epilogo di un tentativo generoso iniziato alla metà degli anni Novanta, ma non riuscito, come ha dimostrato anche il format G8.

Proprio ripensando a Pratica di Mare e agli anni successivi sbaglia chi pensa che Putin sia cambiato e non sia più quello di prima.

Domando ai diplomatici e agli analisti: venti anni fa a Grozny era poi così diverso da Mariupol oggi? dieci o cinque anni fa ad Aleppo?

Gli elementi per capire c’erano tutti e allora come si spiega tanta miopia? Ricordo bene – perché ero a Mitrovica per le Nazioni Unite – quando nello stesso anno di Pratica di Mare, nel silenzio dei media mainstream, Vladimir Putin decise di ritirare il suo numeroso contingente militare dal Kosovo non solo per rafforzare la presenza Russa in Cecenia, ma anche per segnare il distacco da una partnership con la Nato in cui non credeva più.

Non era anche questo un indizio da non trascurare?

In questi venti anni, ma soprattutto negli ultimi dieci in Italia, in Germania, ma un po’ dovunque in Europa è aumentata la dipendenza dal gas russo.

Con il senso di colpa tipico di chi è arrivato troppo tardi si dice oggi che è mancata una lungimirante e virtuosa strategia di diversificazione delle forniture energetiche, esigenza già segnalata nel 2014 sul sito del Dis da Umberto Saccone e nota anche in precedenza.

In Italia si parla spesso di vincolo esterno in riferimento a Bruxelles, ma nessuno ha mai parlato del vincolo esterno che con le nostre scelte energetiche ci siamo creati da soli e ci ha condizionato e ci condiziona da Mosca.

La ragnatela degli interessi diretti e indiretti di Gazprom, le vacanze lussuose degli oligarchi russi nelle più esclusive località del nostro paese, l’acquisto di asset societari, castelli e aziende vinicole hanno favorito floride attività economiche, ma anche nuove forme di clientelismo e conseguente “corruzione di costumi”.

Tuttavia i grandi e piccoli interessi pesano molto, ma non possono spiegare tutto. Un fattore importantissimo – come scriveva Giovanni Sartori – è il potere delle idee.

Su questo fronte – che è poi quello della narrativa – Vladimir Putin sa agire con efficacia e dimostra una assoluta continuità. In queste settimane sto studiando le tante iniziative promosse dal Valdai Club (il think thank prediletto da Putin) e mi sono accorto che è come se il tempo si fosse fermato a venti anni fa.

Per Putin il grande merito della guerra contro l’Ucraina sarebbe, infatti, quello di aver finalmente bloccato l’ unipolarismo americano.

Peccato che il momento unipolare (di cui ha parlato Krauthamner nel lontano 1990) sia ormai passato da un pezzo.

Gorbachov negli ultimi anni dell’Urss e di fronte alle incognite della riunificazione della Germania non aveva torto a temere un’eccesso di egemonia americana.

Ma l’unipolarismo americano non esiste più da almeno 20 anni. Viviamo in un mondo tendenzialmente bipolare (Usa e Cina), in un mondo in cui emergono sulla scena nuovi attori come l’India, il Brasile, la Turchia o l’Indonesia. Eppure moltissime persone – iper pacifisti in primis – credono ancora alla narrativa di Vladimir Putin sull’America che domina il mondo.

Occorre muoversi in fretta con la contronarrazione prima che troppi cittadini europei siano depistati. In nome della lotta ad un unipolarismo americano che esiste solo nella mente di Putin rischiamo di abbandonare a se stesso il popolo ucraino.

E il popolo ucraino – non dimentichiamocelo mai – combatte legittimamente non solo in nome dell'”amor di patria” di cui ha parlato Papa Francesco nel suo recente viaggio in Kazakistan, ma anche per la nostra libertà.

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