Il missile copre la distanza con altri paesi vicini alla Turchia, come Grecia, Armenia, Iraq, Siria, Libano e Israele, fino a Cipro e Bulgaria. Anche per questa ragione, ma non solo, gli occhi dell’intelligence di diversi paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono puntati decisamente su Ankara
Mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan dice sì alla proposta putiniana di realizzare un hub del gas sul Bosforo (provocando la contrarietà del Dipartimento di Stato) e mentre il ministro degli esteri greco Nikos Dendias va in visita a Kiev, la Turchia testa nuovi missili balistici a corto raggio nel Mar Nero. Una concomitanza inquietante, dal momento che il raggio d’azione di quelle armi tocca tanto l’oriente quanto l’occidente filo Nato e mal si concilia con la nuova stagione post crisi energetica, dove la diplomazia di Istanbul si è esplicitata tanto nella crisi del grano quanto in quella ucraina.
Missile
Ankara sostiene di essere stata “costretta” a spingere la propria produzione autoctona di questi sistemi per via della polemica scoppiata attorno agli S-400 acquistati dalla Russia, che hanno provocato la sua espulsione dal programma degli F-35.
Il missile copre la distanza con altri paesi vicini alla Turchia, come Grecia, Armenia, Iraq, Siria, Libano e Israele, fino a Cipro e Bulgaria. La stampa turca ha dato ampio risalto ai test, dal momento che è stata toccata la distanza maggiore mai percorsa da un’arma di produzione nazionale sviluppata nel paese. Si tratta di un progetto a cui il governo ha lavorando in segreto da diversi anni per abbattere l’importazione di armi dall’estero: sono scese infatti del 59 per cento nel quinquennio 2016-2020, rispetto al 2011-2015. Anche per questa ragione, ma non solo, gli occhi dell’intelligence di diversi paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono puntati decisamente su Ankara.
Difesa e inflazione
La scelta turca di mostrare i muscoli nel mar Nero, figlia probabilmente della scelta di Erdogan di prediligere l’Eurasia e l’Africa, prima che l’occidente, segue la decisione del governo di imitare il cancelliere tedesco Olaf Scholz e aumentare così la spesa per la difesa “a causa delle minacce”. Sul piatto almeno 100 miliardi di lire turche (mentre l’inflazione monstre è all’87%). Il budget salirà così a 469 miliardi di lire, pari a 26 miliardi di euro per il 2023. Numeri che impattano su una situazione sociale complessa. La Banca centrale turca ha ridotto i tassi di interesse per il terzo mese consecutivo arrivando al 10,5%, nonostante l’aumento dell’inflazione: sostiene che gli alti costi dei prestiti porteranno a prezzi più alti.
Tornando alle spese per la difesa spiccano le parole di Erdogan, secondo cui il processo per l’acquisto di caccia F-16 sta procedendo come previsto, ma la Turchia non resterà senza alternative nel caso in cui i colloqui con gli Stati Uniti dovessero fallire: “Al momento il parere dell’amministrazione americana si sta sviluppando in una direzione positiva. Naturalmente, gli Stati Uniti non sono l’unica via d’uscita per noi”, ha aggiunto, mentre il presidente ella commissione esteri del Senato degli Stati Uniti, Bob Menendez, ha nuovamente promesso di bloccare qualsiasi accordo sull’F-16 fino a quando il presidente turco “non interromperà la sua campagna di aggressione contro la regione”.
Scenari
Che la situazione sia articolata lo dimostra, tra le altre cose, la tensione che si respira in Israele dopo il caso dei droni iraniani usati da Mosca. Nelle ultime ore spicca l’annullamento della visita del ministro della Difesa Benny Gantz in Grecia per motivi sconosciuti, ma piuttosto rilevanti, osservano fonti diplomatiche. In questa settimana Gantz dovrebbe visitare la Turchia per rafforzare la sicurezza regionale.