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Troll, influencer e caro-bollette. Come agisce l’infowar del Cremlino in Italia

Le crisi aiutano le narrative della Russia, che è diventata più abile ad adattarle ai diversi Paesi. Nel caso dell’Italia martella sulla crisi energetica, attraverso una rete di finti utenti che spingono messaggi pro-Cremlino. Anche politici, personalità e media mainstream possono amplificarne la portata. L’analisi di Political Capital sulla propaganda di Putin in Europa

Lo spazio dell’informazione online è il terreno su cui la Russia porta avanti la sua strategia di guerra ibrida da almeno un decennio. Più recentemente, le operazioni di infowar hanno preparato il campo per l’invasione dell’Ucraina e continuato a diffondere contenuto filorusso anche a dispetto dei blocchi europei. Questi sforzi sono amplificati dalla rete di bot del Cremlino, che opera in molteplici lingue e Paesi su diverse piattaforme social. E analizzare questa rete ha permesso a Political Capital, istituto di ricerca indipendente ungherese, di capire come l’infowar russa si adatti al contesto.

In Italia, spiegano gli analisti dietro l’ultimo rapporto, la crisi energetica è emersa come tema dominante nelle narrazioni pro-Russia. Due dei quattro filoni principali spingono sul fatto che serva continuare a importare il gas russo per affrontare il caro-bollette. “Ciò indica che più la crisi colpirà le famiglie europee, maggiore [sarà] la probabilità che la Russia possa estendere la sua operazione informativa su tale questione”, giocando sulla pressione economica per favorire narrazioni favorevoli al Cremlino.

La ricerca di Political Capital (a cui ha contribuito l’esperto italiano Arije Antinori, docente della Sapienza e membro dell’Osservatorio europeo sull’odio online) ha valutato e analizzato le attività non autentiche su Facebook, correlate alle operazioni esterne di influenza maligna, in Germania, Romania e Ungheria oltre che in Italia. Queste reti di utenti inventati “si è resa identificabile attraverso uno specifico modello di comportamento, pubblicare gli stessi commenti in diverse lingue e località”, spiegano i ricercatori. Un esempio-tipo: un utente slovacco che commenta su pagine Facebook ceche in profili ungheresi o italiani e posta gli stessi commenti sotto pagine colombiane.

Il copione è lo stesso a cui ancora si assiste con il dibattito online sulla pandemia di Covid, i vaccini e il green pass – temi caldi, sensibili e divisivi, perfetti per veicolare narrative antisistema che minano l’unità sociale e politica del Paese. Il metodo, anche quello, era noto: un misto di troll (operatori umani) e bot (profili automatizzati) che invadono i social di contenuti filorussi per diffondere narrazioni utili al Cremlino. La differenza è che gi operatori ora sono diventati più abili nel ritagliare gli elementi narrativi, simili in tutti i Paesi, sulle esigenze locali.

Nei quattro Paesi esaminati si utilizzano affermazioni propagandistiche vecchie di anni (l’Ucraina nazista, il genocidio contro i russi, l’espansione illegale della Nato, l’Euromaidan sostenuto dagli Usa…) ma riadattate alle specificità locali. “Ad esempio, la narrazione ungherese relativa al genocidio utilizza i rancori derivanti dal rapporto ungherese-ucraino in Transcarpazia, quelli rumeni si concentrano sui rapporti Bucarest-Kiev. In Romania, l’attenzione non era sui presunti illeciti della Nato e degli Stati Uniti, potenzialmente perché l’opinione pubblica è considerata più vicina a Washington, pertanto i disseminatori cercano di screditare l’Ucraina”.

L’intera macchina “sta assumendo un ruolo ancora più ampio” con la guerra, “perché l’infrastruttura ‘ufficiale’ di disinformazione del Cremlino è stata duramente colpita dalle sanzioni europee sui canali di propaganda RT e Sputnik”. Come ulteriore risultato, continuano gli autori, la comunicazione di base “può fornire ai politici e agli altri influencer il feedback alle loro narrazioni disinformative”, dando l’impressione che godano di un sostegno diffuso nella popolazione.

Crucialmente, concludono gli autori, “i media mainstream e i politici sono essenziali per il successo dei troll”, dal momento che possono amplificare la comunicazione delle élite pro-Cremlino, e viceversa. Un circolo vizioso di avvaloramento che rischia di impattare l’unità del fronte occidentale. La linea inflessibile di Mario Draghi ha fatto sì che il suo governo non scoprisse il fianco al Cremlino. Quello nuovo di centrodestra ha al suo interno elementi che si sono già prestati (inconsapevolmente o meno) ad amplificare narrative propagandistiche pro-Russia. Starà a Giorgia Meloni, che oggi incontrerà i vertici europei, tenere la barra dritta.

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