Londra, Roma, Parigi e Berlino (oltre a Praga) sono le tappe della missione europea della numero due della diplomazia americana, che ha parlato di “un ottimo inizio” con il governo Meloni. La cui sfida oggi è rendere irreversibile l’impegno nei tavoli a cinque ripristinato sotto Draghi
L’incontro alla Farnesina con Antonio Tajani, ministro degli Esteri, è stato un fuoriprogramma per Wendy Sherman, vicesegretaria di Stato degli Stati Uniti. Infatti, secondo l’agenda diffusa prima della partenza, la numero due della diplomazia americana avrebbe dovuto vedere a Roma gli ambasciatori Francesco Talò, consigliere diplomatico del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ed Ettore Sequi, segretario generale della Farnesina (la sua controparte su base quotidiana). Tajani e Sherman hanno discusso, recita una nota della diplomazia americana, “dell’ulteriore approfondimento della nostra alleanza per affrontare le sfide globali, tra cui la sicurezza energetica e la nostra opposizione agli sforzi unilaterali per cambiare lo status quo nello Stretto di Taiwan”. Inoltre, hanno “sottolineato l’importanza di un sostegno unitario all’Ucraina di fronte ai crudeli attacchi della Russia contro la popolazione e le infrastrutture del Paese”. Due dossier – Cina e Russia – che ne sottintendono uno più ampio: la volontà dell’amministrazione del presidente Joe Biden di rafforzare l’alleanza delle democrazie davanti alle minacce delle autocrazie.
Ciò che, invece, emerge dal programma è la volontà di rafforzare il Quint, il gruppo informale composto dagli Stati Uniti e dai quattro principali Stati europei, per coordinare le attività in seno a G7, Nato, Ocse e Nazioni Unite. Prima di arrivare in Italia, infatti, Sherman è stata nel Regno Unito. E dopo l’Italia è stata impegnata in Francia, Germania e Repubblica Ceca, presidente di turno dell’Unione europea in questa delicata fase di sostegno dell’Ucraina e sanzioni alla Russia per la sua invasione illegale, oltreché terra natale Madeleine Albright, prima donna a guidare il dipartimento di Stato.
È con il governo presieduto da Mario Draghi che l’Italia è tornata a essere coinvolta nel formato Quint, già prima dell’invasione russa dell’Ucraina. A marzo, l’ambasciatore Gabriele Checchia, responsabile per le relazioni internazionali della Fondazione Farefuturo del ministro Adolfo Urso di Fratelli d’Italia, spiegava su Formiche.net come un atlantismo coerente e senza ambiguità nella risposta alla guerra in Ucraina abbia riportato l’Italia, con Draghi presidente del Consiglio, all’interno del formato Quint a livello di capi di governo, di ministri e di funzionari.
Oggi “le relazioni tra Italia e Stati Uniti sono eccellenti. Con il nuovo governo abbiamo avuto un ottimo inizio”, ha aggiunto dichiarato la vicesegretaria Sherman alla Rai, sottolineando che Meloni “ha ribadito il forte sostegno nei confronti dell’Ucraina, il forte sostegno per la Nato”. Parole che giungono dopo il G20 di Bali, in Indonesia, a margine del quale Biden prima e Meloni poi hanno avuto un bilaterale con il leader cinese Xi Jinping.
Le dichiarazioni di Sherman suonano come un segnale positivo per l’Italia. Ma attenzione: ad agosto, dopo la caduta del governo Draghi e con il rebus del nascita del nuovo governo, l’Italia era rimasta fuori da una riunione tra Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania dedicata a Iran e Ucraina. La sfida per l’Italia oggi è che il rientro nel Quint diventi irreversibile, come auspicato dall’ambasciatore Checchia.