Il colosso del trading di materie prime si è assicurato una garanzia sul finanziamento di una grossa banca giapponese da parte di Sace. Con questa mossa, il gruppo italiano potrà assicurare alle imprese del Paese importanti forniture di metalli non ferrosi, in un contesto di mercato e geopolitico sempre più sotto stress…
Trafigura, leader mondiale nel trading delle materie prime, ha annunciato di aver raggiunto un prestito quinquennale per 500 milioni di dollari con Sumitomo Mitsui Banking Corporation (Smbc), banca giapponese intorno a cui gravitano importanti gruppi industriali nipponici e non solo.
L’accordo verrà garantito da Sace, gruppo finanziario e assicurativo sotto il controllo del ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) come parte della “Push Strategy” annunciata per rafforzare le filiere industriali italiane più esposte nel comparto dei metalli non ferrosi, legate alla trasformazione e al contempo per aprire opportunità di crescita nei settori più trainanti nel medio-lungo periodo. Soprattutto quelli legati alle rinnovabili (eolico e solare) e allo stoccaggio di energia.
L’intervento di Sace è strategico, dal momento che si inserisce in un finanziamento importante erogato da Smbc nel ruolo di Arranger e Agent guida di un consorzio di banche internazionali per il supporto di Trafigura, gruppo specializzato nell’approvvigionamento, stoccaggio e trasporto di materie prime. Un accordo che si inserisce in un contesto globale di maggior intervento da parte di istituzioni pubbliche – come dimostra anche il caso tedesco – per garantire alle industrie mature e nascenti gli approvvigionamenti necessari, a partire dai materiali più critici per la transizione energetica e la competitività delle filiere a valle. Non solo: anche grandi brand mondiali dell’automotive elettrica, come Tesla, avrebbero fatto ricorso (seppur rimasto un rumor di mercato) ad accordi con altre multinazionali delle materie prime per assicurarsi le forniture.
Sace possiede già un portfolio di operazioni e garanzie d’investimento per un totale di circa 165 miliardi di euro. Insieme alle sue controllate e sussidiarie, offre servizi a più di 25.000 società, specialmente piccole-medie imprese, perlopiù votate all’export in 200 mercati stranieri. Trafigura, società fondata più di trent’anni fa, è al centro delle supply chain globali come tramite tra i produttori di materie prime e i consumatori, oltre a possedere importanti assets e operazioni nel segmento dei metalli, dei prodotti petroliferi e del gas.
Nonostante le turbolenze geopolitiche e le volatilità di mercato, il gruppo ha registrato performance importanti. Nel solo 2022 la multinazionale ha registrato entrate per circa 318 miliardi di dollari: nel segmento di business metalli e minerali il 63% proviene da attività e commercio in Asia e Australia, mentre solo il 20% dall’Europa, movimentando circa un totale di 23.3 milioni di tonnellate metriche di metalli non ferrosi e raffinati, tra cui nickel, cobalto, rame, alluminio, zinco e piombo (i primi due sono nella lista dei materiali critici della Commissione europea, in attesa della prossima che uscirà in seguito alla pubblicazione dell’EU Critical Raw Materials Act). Il gruppo ha totalizzato 7 miliardi di profitti, una crescita del 50% rispetto al 2021.
“Con questa operazione la società di trading si impegna a valutare l’acquisto di forniture e subforniture dalle imprese italiane a supporto dei proprie piani di investimento”, spiega Sace. In parallelo, secondo i termini dell’accordo, Trafigura fornirà all’industria italiana materie prime per almeno 300 milioni di dollari l’anno. “Si tratta di commodity come materiali non ferrosi fondamentali per le attività di numerosi comparti industriali e che assumono ancor maggiore centralità alla luce degli effetti del conflitto russo-ucraino”, si legge nella nota rilasciata. “Supportare l’import strategico è una nuova e tempestiva risposta di Sace che, in linea con gli obiettivi del Piano Industriale INSIEME 2025, si pone l’obiettivo di garantire una maggiore resilienza del tessuto economico nazionale, rilanciando la competitività delle imprese su mercati esteri e consolidando la crescita di quello domestico” ha commentato Michal Ron, chief international officer del gruppo.
L’accordo prevede anche una revisione delle policy della trading company per quanto riguarda gli standard ambientali, sociali e di governance (ESG), sempre più sotto la lente degli investitori e degli stakehoders per le criticità lungo la filiera di approvvigionamento, dalla miniera fino ai mercati di sbocco. Inoltre, Trafigura si impegnerà ad approfondire le relazioni commerciali con le più importanti aziende italiane, partecipando ad una serie di incontri formali.
Si tratta, dunque, di un importante presidio commerciale e finanziario che Sace garantirà al sistema-Paese, inserendosi in qualità di garante pubblico sugli investimenti di una delle più importanti multinazionali delle materie prime. I contenuti dell’accordo sono ancora poco chiari rispetto a quali, e in che quantità, materie prime verranno garantite alle industrie italiane. Ma è essenziale che, oltre ad importanti annunci – quali la creazione di un tavolo interministeriale e l’ingresso dell’Italia nella Minerals Security Partnership a guida Usa – seguano strategie e accordi concreti nel medio-lungo periodo per assicurare alle imprese italiane le forniture necessarie a mantenere da un lato la continuità del business, dall’altro ad assicurarsi un posto al sole nelle industrie emergenti.
Questo alla luce del fatto che sempre più aziende vedono le possibilità del reshoring un’opportunità, considerando che la Cina è sempre meno appetibile come “fabbrica del mondo”. Lo dimostra la posizione di Kyocera, delineata da presidente del colosso giapponese, Hideo Tanimoto, al Financial Times. “Il sistema funziona fintanto che i prodotti sono fabbricati in Cina e venduti in Cina, ma il modello di business di produrre in Cina ed esportare all’estero non è più praticabile”. Un freno decisivo è stata l’offensiva tecnologica americana sui semiconduttori, che ha inserito il perno della geopolitica negli intricati equilibri che la globalizzazione di matrice sino-americana aveva creato. Non a caso Tanimoto ha aggiunto che il gruppo – leader nella produzione di telefoni, stampanti e pannelli solari, con una quota del 70% nei componenti in ceramica per la produzione di chip – aprirà la sua prima fabbrica di semiconduttori in-house in Giappone.
È questa dinamica (la segmentazione di hub regionali produttivi, in linea con imperativi geopolitici e in parziale disaccoppiamento dalla Cina) che, molto probabilmente sposterà la competizione sempre di più sull’accesso alle materie prime sui mercati globali.