Le pressioni statunitensi si concentrano soprattutto su due alleati, Egitto e Emirati Arabi Uniti. Washington intende intervenire sulle entità che hanno costruito accordi con il gruppo militare privato di proprietà di Prigozhin, gerarca del potere putiniano. Estromettere la Wagner da Libia e Sudan ha un valore di carattere strategico
Gli Stati Uniti hanno intensificato le pressioni sugli alleati, in particolare alcuni mediorientali, per cercare di cacciare il Wagner Group da due dossier delicatissimi: la Libia e il Sudan. Il contrasto alla diffusione dei contractor russi non è una novità, ma Associated Press ha nuove informazioni fornite da funzionari regionali (e corroborate negli Usa) che indicano come questa attività stia crescendo in intensità. O quanto meno ci sia un interesse a rendere pubblico questo rinnovato sforzo.
Il Wagner Group è una società di fatto guidata da Evgenhy Prigozhin, uno dei gerarchi del regime putiniano, che spesso viene usata dal Cremlino come asset per compiere il lavoro sporco e costruire influenza all’interno di contesti delicati. La Libia e il Sudan sono due dossier molto sensibili. A Tripoli, nel decennio dopo la caduta del rais Muhammar Gheddafi si sono succedute una serie di guerre intestine che hanno prodotto destabilizzazione a cascata su tutta la fascia nordafricana e in parte saheliana, creando pesanti conseguenze a cavallo del Mediterraneo ed effetto diretti in Europa. Il Sudan è una realtà complessa, ancora in fase di transizione dopo una guerra civile, piuttosto interessante per le riserve che protegge e per la collocazione geostrategica: è noto che la Russia voglia convincere le autorità sudanesi a concedergli spazi per la costruzione di una base navale a Port Sudan, nel Mar Rosso e in proiezione tra Suez e il Corno d’Africa (due dei grandi choke point globali, determinanti per l’Europa).
Tutti uniti contro la Wagner
L’impegno degli Stati Uniti descritto dai funzionari arriva mentre l’amministrazione Biden sta compiendo un ampio sforzo contro i mercenari russi. Negli ultimi mesi gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni al Gruppo Wagner per il suo ruolo crescente nella guerra russa in Ucraina. L’Unione europea e gli alleati like-minded sono impegnati nel fare altrettanto. Anche perché, grazie alla diffusione in varie regioni del mondo, al peso interno ottenuto da Prigozhin, alle diatribe tra la leadership militare e al ruolo svolto nell’invasione ucraina, la Wagner è ormai non più una società della guerra privata ma un surrogato operativo del potere putiniano. Da notare: il Cremlino nega qualsiasi collegamento.
Secondo più di una dozzina di funzionari libici, sudanesi ed egiziani, che hanno parlato con AP, l’amministrazione Biden sta lavorando da mesi soprattuto con Egitto ed Emirati Arabi Uniti — di fatto potenze regionali — per fare pressione sui leader militari in Sudan e Libia affinché pongano fine ai loro legami con il gruppo. Fonti di Formiche.net informate sulle discussioni americane all’interno del dossier libico confermano che il ruolo della Wagner è un argomento costante, trattato in ogni incontro con gli americani. Per esempio, è stato il tema di fondo in una doppia visita compiuta dal direttore della Cia, William Burns, che a gennaio è stato prima a Tripoli e una settimana dopo al Cairo.
Burns ha ammesso in un discorso tenuto giovedì alla Georgetown University di Washington che, dopo i recenti viaggi in Africa, era preoccupato per la crescente influenza della Wagner nel continente: “È uno sviluppo profondamente malsano e stiamo lavorando duramente per contrastarlo”.
La grey zone putiniana
La Wagner si muove nell’ombra e difficilmente dichiara accordi di collaborazione. Tuttavia intelligence come quella italiana, che in Libia hanno un grip territoriale molto profondo, tracciano costantemente certe attività. Le quali per altro sono in parte anche pubbliche, perché spesso componenti del gruppo – sia inavvertitamente che volontariamente (per mandare messaggi ai rivali interni del circolo putiniano) – diffondo sui social network informazioni sul loro lavoro. In Sudan, i contractor russi erano originariamente associati all’ex uomo forte Omar al-Bashir e ora lavorano con i leader militari che lo hanno sostituito. In Libia, sono collegati al wannabe-uomo-forte di Bengasi Khalifa Haftar (attualmente hanno relazioni di interessi con i suoi figli e sono acquartierati tra Sirte e Jufra).
Wagner ha dispiegato altrove migliaia di uomini: tra i vari è presente in Mali, Repubblica Centrafricana e Siria. Il suo dispiegamento in Africa ha come obiettivo sostenere gli interessi della Russia in un contesto di crescente attenzione globale per il continente, ricco di risorse e di opportunità. Il 31 gennaio, esperti di diritti che collaborano con gli Stati Uniti hanno accusato il gruppo di aver commesso possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità in Mali, dove sta combattendo a fianco delle forze governative. La giunta militare che ha preso il potere a Bamako nell’agosto 2021 ha scelto il Wagner Group come partner securitario contro l’insorgenza di gruppi armati, anche collegati alle sigle del jihadismo internazionale. Nel farlo ha rinunciato al supporto militare offerto da una missione dell’Unione europea e non ha voluto l’implementazione della missione Onu Minusma. La giunta maliana ha scelto ascoltando la propaganda russa, ma ha anche preferito la Wagner perché è più pragmatica e sregolata nel trattare le situazioni (in una parola, non ha troppe remore nel compiere operazioni repressive e brutali contro jihadisti e sospetti tali).
Prigozhin parla: rispetto della sovranità, ma in cambio dell’oro
L’Associated Press, davanti alla quantità di informazioni raccolte, ha chiesto a Prigozhin un commento. L’oligarca russo, tramite i suoi rappresentanti, ha detto che i Paesi africani dovrebbero diffidare della politica statunitense. “Stiamo seguendo da vicino i movimenti del direttore della Cia e i tentativi di esercitare pressioni sulle autorità di vari Stati”, si legge nella dichiarazione. “Abbiamo sempre un atteggiamento sacro nei confronti della sovranità dei Paesi”.
Come contraccambio, oltre al compenso per i servizi resi, la società di Prigozhin ottiene spesso concessioni nel settore delle risorse naturali dei Paesi in cui opera. Questo permette alla Wagner di avere peso interno a Mosca, perché poi i materiali vengono veicolati sotto la propria gestione in Russia e diventano un valore statale. Il gruppo e Prigozhin sono sotto sanzioni statunitensi dal 2017 e l’amministrazione Biden a dicembre 2022 ha annunciato nuove restrizioni alle esportazioni per l’accesso alla tecnologia e alle forniture, designando il gruppo come una “significativa organizzazione criminale transnazionale“.
I contatti con Karthoum e il ruolo degli ex Janjaweed
Abbas Kamel, capo del Direttorato generale dell’intelligence egiziana, ha trasmesso le preoccupazioni dell’Occidente durante i colloqui avuti a Khartoum il mese scorso con il capo del Consiglio sovrano del Sudan, il generale Abdel-Fattah Burhan. Kamel ha esortato Burhan a trovare un modo per affrontare il problema dell'”uso del Sudan come base” da parte della Wagner per operazioni nei Paesi vicini, come la Repubblica Centrafricana (il quartier generale dei russi si trova nel villaggio conteso di Am Dafok, al confine tra la Repubblica Centrafricana e il Sudan).
Wagner ha iniziato a operare in Sudan nel 2017, fornendo addestramento militare a forze speciali e di intelligence e al gruppo paramilitare noto come Rapid Support Forces. Le RSF, nate dalle temute milizie Janjaweed, sono guidate dal potente generale Mohammed Hamdan Dagalo, che ha stretti legami con gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita (per dire, Dagalo ha inviato truppe a combattere a fianco della coalizione a guida saudita nella lunga guerra civile in Yemen).
I mercenari Wagner non stanno operando in Sudan con un ruolo di combattimento, ma forniscono addestramento militare e di intelligence, nonché sorveglianza e protezione di siti e alti funzionari. Inoltre hanno aiutato la RSF a consolidare la loro influenza non solo nelle regioni più lontane del Paese, ma anche nella capitale. Uomini della Wagner gestiscono le pagine dei social media pro-RSF. L’infowar è d’altronde una specialità del gruppo di Prigozhin.
I leader militari sudanesi sembrano aver dato in cambio alla Wagner il controllo delle miniere d’oro. I documenti analizzati da AP mostrano che il gruppo ha ricevuto diritti minerari attraverso società di facciata con legami con il potente esercito sudanese e con l’RSF – che controlla miniere in Darfur, Nilo Blu e altre province. A fronte di questo, due società sono state sanzionate dal dipartimento del Tesoro americano per aver agito come copertura per le attività minerarie di Wagner: Meroe Gold, una società sudanese di estrazione dell’oro, e il suo proprietario; la società M Invest con sede in Russia. Secondo il Tesoro, Prigozhin possiede o controlla entrambe. Nonostante le sanzioni, Meroe Gold continua a operare in Sudan.
Il pressing su Haftar coinvolge anche Africom
In Libia, Burns ha avuto colloqui a Tripoli con il primo ministro Abdelhamid Dabaiba, capo di uno dei due governi rivali libici e legittimato dalle Nazioni Unite. Ma il capo della Cia avrebbe parlato anche con Haftar e proprio della Wagner, secondo informazioni non ufficiali diffuse da Bengasi. I mercenari russi sono stati dispiegati in Libia dal 2017, quando Haftar salì a bordo della portaerei “Admiral Kuznetsov” di rientro da un rocambolesco viaggio nel Mediterraneo e siglò accordi con la Difesa russa in una scena spettacolarizzata con cui Mosca metteva definitivamente piede sul dossier libico.
Il loro ruolo in Libia è stato anche operativo. Cecchini addestrati in reparti speciali russi (le Spetsnaz) hanno sostenuto il fronte haftariano durante il tentativo di assalto all’ex governo onusiano di Tripoli, il Gna, tentato nell’aprile del 2019 – e conclusosi nell’ottobre 2020, dopo l’intervento armato della Turchia a difesa del Gna ha ribaltato la situazione sul campo.
Il Comando statunitense per l’Africa, Africom, ha stimato che circa 2.000 mercenari Wagner erano in Libia tra luglio e settembre 2020, prima del cessate il fuoco. Secondo il Pentagono, i mercenari erano equipaggiati con veicoli blindati, sistemi di difesa aerea, aerei da combattimento e altre attrezzature fornite dalla Russia. Stando alla Difesa statunitense, gli Emirati Arabi Uniti, un tempo uno dei principali sostenitori stranieri di Haftar, hanno contribuito al pagamento dei contractor russi.
Dopo il cessate il fuoco del 2020, le attività di Wagner si sono concentrate intorno alle strutture petrolifere nella Libia centrale e hanno continuato a fornire addestramento militare alle forze di Haftar. Non è chiaro quanti russi siano rimasti in Libia, alcuni sarebbero stati spostati in Ucraina, ma la maggior parte sono rimasti perché il dispiegamento ha carattere strategico. Fonti libiche raccontano a Formiche.net che in queste ultime settimane gli uomini di Prigozhin sono tornati a farsi vedere nei dintorni di Sirte, “fanno spesa, girano per strada, sono tornati ‘pubblici’ come un paio di anni fa”.
La distensione mediterranea potrebbe favorire l’allineamento dei russi?
Qualcosa però sta cambiando: mentre in precedenza il dossier libico era diventato un terreno di scontro per procura in cui sfogare le tensioni regionali, ora che si è avviata una fase distensiva in tutta la regione a cui anche gli Emirati hanno preso parte, Abu Dhabi potrebbe aumentare le pressioni su Haftar. Il capo miliziano libico potrebbe accettare anche qualche annacquamento dei legami con i russi se vuole restare a galla. D’altronde, il peso della Wagner è ormai tale che per Washington non ci sono spazi di dialogo e manovra per chi vi è collegato.
Gli americani vogliono – e non da adesso – che i russi stiano lontani dalle strutture petrolifere libiche, e questo è possibile soltanto se Haftar accetta di sganciarsi dalla Wagner, dato che i suoi uomini controllano molti dei campi dell’Est e del centro del Paese. Per quanto noto, Hafter non ha offerto alcun impegno a Burns, ma ha chiesto garanzie che la Turchia e le milizie libiche da essa sostenute in Tripolitania non attacchino le sue forze nella città costiera di Sirte e in altre aree della Libia centrale.
Ossia, è stato intavolato uno schema potenziale per un accordo. E anche l’Egitto, che ha stretti legami con Haftar, sarebbe della partita. Il Cairo ha intimato di non posizionare vicino ai suoi confini gli uomini della Wagner. In Libia il quadro è forse più complicato che in Sudan, perché la Wagner è una forma di garanzia per le forze di Haftar per esercitare deterrenza militare e garantire al capo miliziano una forma di salvaguardia all’interno di un contesto molto fluido e pieno di frizioni.