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Il biglietto da visita di Scholz a Biden? Il “russo” Schroeder che resta nella Spd

La seconda visita alla Casa Bianca del cancelliere tedesco è macchiata da una decisione imbarazzante: far restare iscritto alla Spd il regista delle politiche energetiche di Berlino che hanno legato a doppia mandata il Paese a Mosca

Un pugno nell’occhio quello che Berlino porge a Washington nel giorno della visita negli Usa del cancelliere Olaf Scholz: se da un lato prova a spargere miele con Joe Biden tramite un possibile piano congiunto per produrre proiettili destinati all’Ucraina, dall’altro spicca la decisione del suo partito (la Spd) di far restare iscritto Gerhard Schröder nonostante i prolungati e fortissimi legami con la Russia. Dunque, la seconda visita alla Casa Bianca da quando è entrato in carica del 64enne Scholz è caratterizzata da una spina non indifferente, che riapre il dibattito su quanto filo (e perché) abbia concesso Berlino a Mosca nelle politiche energetiche.

Schroder e Putin

Sin dall’inizio dell’invasione in Ucraina, Scholz aveva chiesto all’ex cancelliere di fare un passo indietro dai Cda delle società energetiche statali russe in cui sedeva ma senza effetti concreti, anche perché Schroder, da quando lasciò il governo tedesco nel 2005, assunse di fatto lo status di trait d’union tra le classi imprenditoriali dei due Paesi. Il suo apporto è stato strategico nel gestire i negoziati per il gasdotto Nord Stream 1 che ha reso la Germania fortemente dipendente dalla Russia per l’energia, contingenza impreziosita dalla presidenza del comitato degli azionisti di Nord Stream AG.

Schroder, inoltre, ha più volte definito Vladimir Putin un “puro democratico” che ha avuto il merito storico di “ricostruire lo Stato nella sua funzione più essenziale, che è quella di garantire la sicurezza, nella consapevolezza che nessun Paese, e soprattutto non la Germania, che ha iniziato la guerra, ha il diritto di puntare il dito contro la Russia”. Parole del 2006.

Paracadute Spd

Due giorni fa, però, il comitato della Spd ha confermato la decisione dell’agosto scorso di non revocare l’appartenenza all’ex leader tedesco al partito, nonostante vi fossero state precise e incalzanti pressioni per un suo passo indietro. La motivazione ufficiale è che non vi fossero prove sufficienti che Schröder, cancelliere dal 1998 al 2005 e leader dei socialdemocratici dal 1999 al 2004, avesse violato i principi o gli statuti del partito. Un imbarazzo per chi, come Scholz, si era seduto al desco apparecchiato da Emmanuel Macron per la cena ad escludendum con Volodymyr Zelensky alla vigilia dell’ultimo Consiglio europeo, ma anche un’ulteriore macchia in un dossier dove l’attuale cancelliere ha avuto più di un inciampo fino ad oggi.

Tentennamenti tedeschi

È il caso del dibattito nato attorno alla forniture di carri Leopard a Kiev, che ha visto il Bundestag praticamente spaccato, con fortissime perplessità del mondo socialista rispetto alla postura euroatlantica che quella decisione aveva determinato. La decisione finale di Scholz sui carri è stata ritardata, così come già avvenuto in passato per altre forniture di armi: ufficialmente il governo berlinese ha sempre parlato del timore di provocare un’escalation nella guerra, (senza dimenticare il calo dei consensi che affligge la Spd) supportata dall’opinione pubblica tedesca che è stata sempre fredda rispetto all’invio di mezzi. Infatti il 26% dei tedeschi ritiene che siano state inviate in Ucraina troppe armi. Già lo scorso anno la Germania si era rifiutata di inviare pezzi di artiglieria dall’Estonia all’Ucraina con il pretesto che fossero di origine tedesca. Nel mezzo elezioni non andate come Scholz sperava e l’esigenza di uscire da questa fase di rodaggio, nella prima era del “post Merkel”.

Sul punto c’è chi si sta portando avanti col lavoro: è il caso del numero uno della Cdu, Friedrich Merz secondo cui “quello che la Russia ha fatto con il Nord Stream 2 sta ora cercando la Cina di ripetere con la Via della Seta. Questo non è un progetto economico, ma imperiale. Non dobbiamo ripetere con la Cina gli errori che abbiamo commesso nell’affrontare Russland”.

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