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Perché un accordo Ppe-Ecr fa paura a Macron. Parla Fidanza (FdI)

“Un accordo strutturato Ppe-Ecr, se raggiungesse numeri sufficienti indebolirebbe per primo proprio Macron, che già teme una forte riduzione della propria pattuglia europea nel 2024. Se a questo sommiamo l’attivismo del governo Meloni in Africa, ecco spiegato perché sono così nervosi”. Conversazione con Carlo Fidanza, europarlamentare di Fratelli d’Italia

Cosa potrebbe accadere se Emmanuel Macron dovesse perdere la leadership di Renew? A quel punto, dice a Formiche.net Carlo Fidanza, eurodeputato di Fratelli d’Italia, molte delegazioni di quel gruppo potrebbero guardare a destra e aiutare una nuova maggioranza. Così in prospettiva legge gli attacchi di Parigi e Madrid a Roma, per un semplice calcolo elettorale: infatti un eventuale accordo strutturato Ppe-Ecr se raggiungesse numeri sufficienti indebolirebbe per primo proprio Macron, che deve guardarsi anche dall’attivismo del governo Meloni in Africa e certifica che la coabitazione degli ultimi anni tra socialisti e popolari non ha giovato al Ppe.

Ecr sta provando, dialogando con il Ppe, a costruire il progetto dell’Europa di domani: avanzare un’idea concreta per la governance del dopo Merkel. Questa la lettura per decrittare gli attacchi scomposti di Parigi e Madrid a Roma?

Io credo ci siano molteplici livelli di analisi. Ci sono anzitutto ragioni di politica interna legate alla necessità di fermare l’avanzata di un’alternativa “di destra” tanto a Macron quanto a Sanchez. In Francia il governo è in crisi di consensi ormai prolungata, le opposizioni sia di sinistra (Melenchon) che di destra (Le Pen) guadagnano consensi, lo stesso partito di Macron è molto diviso al proprio interno. Lo si è visto anche negli attacchi scomposti contro l’Italia sul tema immigrazione, con Darmanin che attacca “da destra” la presunta inefficacia delle politiche italiane e Sejournè che critica “da sinistra” bollandole come inumane. Allo stesso modo a Madrid si teme la saldatura tra i Popolari e i nostri alleati di Vox, che potrebbe vedere un antipasto già nel corposo turno di elezioni locali del 28 maggio. Ingaggiare battaglia contro Giorgia Meloni risponde innanzitutto a questa logica ma ovviamente è un prologo della campagna elettorale per le Europee 2024, nella quale qualcuno vive con terrore il possibile asse Ppe-Ecr. Questo per noi è uno stimolo per raddoppiare gli sforzi in questa direzione: è una strada possibile e soprattutto è quella giusta.

La pattuglia parlamentare di Macron sta giocando un ruolo?

Il gruppo di Renew Europe a trazione macroniana ha potuto beneficiare in questi anni della fortunata posizione dell’ago della bilancia. Quando, la maggior parte delle volte, si è schierato con la maggioranza ha fatto pendere l’asse di tante scelte verso sinistra, a beneficio di socialisti e verdi, con un Ppe spesso troppo subalterno. Quando, raramente anche se di recente è accaduto su alcuni dossier ambientali, si è schierato con Ppe e Ecr ha fatto pendere la bilancia verso destra. Un accordo strutturato Ppe-Ecr, se raggiungesse numeri sufficienti, farebbe loro perdere questa posizione di vantaggio e indebolirebbe per primo proprio Macron, che già teme una forte riduzione della propria pattuglia europea nel 2024. Se a questo sommiamo l’attivismo del governo Meloni in Africa, ecco spiegato perché sono così nervosi. E se Macron dovesse perdere la leadership di Renew, a quel punto molte delegazioni di quel gruppo potrebbero guardare a destra e aiutare una nuova maggioranza. Vedremo, se son rose fioriranno.

È ancora forte la frangia Ppe-Pse?

C’è una grammatica e una prassi comune tra due gruppi grandi che negli anni hanno condiviso scelte di governo e gestione del potere. Ma il tema politico è semplice: questa lunga stagione di coabitazione, con un cordone sanitario più o meno rigido contro le destre, ha giovato ai Popolari? Mi pare evidente di no, perché i socialisti non si sono mai fatti problemi a sommare i propri voti con quelli di Verdi e sinistra radicale, mentre il Ppe non ha mai avuto alternative perché se le è auto-precluse. Non solo, a livello nazionale i partiti del Ppe crescono quando sono alternativi alle sinistre; invece quando ci fanno accordi perdono voti. Per questo, cambiare l’asse e far venir meno quel vecchio cordone sanitario non è nemmeno più una scelta, è una necessità. In molti lo hanno capito, Weber per primo, altri hanno bisogno di più tempo.

Il modello italiano (alleanza di destracentro, atlantista e pragmatica sui conti pubblici) può essere replicato anche nelle prossime elezioni in Spagna, Francia, Grecia e Germania? E con quali conseguenze in vista delle elezioni europee del 2024?

È il modello a cui tendiamo e su cui stiamo lavorando. Con tre priorità assolute sul piano programmatico: rendere economicamente sostenibile la transizione ecologica, perché quella di Timmermans e soci è una follia; regolamentare l’immigrazione, arginare i flussi irregolari, accogliere solo chi ne ha diritto e chi può essere integrato nel nostro tessuto socio-economico; porre un freno all’ubriacatura ideologica dell’agenda Lgbt, contrastando ovviamente ogni discriminazione ma allo stesso tempo rimettendo al centro la famiglia naturale e la libertà educativa delle famiglie. È ovvio che più sarà forte il modello italiano, incarnato da Giorgia Meloni e dalla nostra coalizione, più l’Italia sarà centrale quando – dopo le elezioni – si andranno a definire i nuovi assetti, a partire dalla nuova presidenza della Commissione europea.



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