L’azienda cinese Tibet Summit Resources investirà capitale per lo sviluppo di due progetti estrattivi in Argentina. Un’altra mossa per accaparrarsi la preziosa risorsa in giacimenti promettenti, nella corsa globale al litio. L’Argentina potrebbe diventare un colosso minerario entro il 2035…
Nella giornata di mercoledì, la visita del ministro dell’Economia argentino, Sergio Massa, a Shanghai, insieme a rappresentanti dell’industria mineraria cinesi non poteva che concludersi positivamente: Pechino investirà importanti capitali nel Paese per sviluppare progetti estrattivi di litio.
Infatti, nel secondo giorno della visita ufficiale il ministro Massa ha incontrato i dirigenti dell’azienda Tibet Summit Resources, discutendo dei progetti di Salar Arizaro e Salar de Diablillos per la costruzione di un impianto di raffinazione – step fondamentale lungo la supply chain e punto critico per i produttori di batterie e OEMs nel settore automotive – nella provincia di Salta.
Massa era accompagnato dal vice capo di Gabinetto, Juan Manuel Olmos; dal ministro dei Trasporti, Diego Giuliano; dall’Ambasciatore argentino in Cina, Sabino Vaca Narvaja; dal presidente della Banca Centrale Argentina, Miguel Ángel Pesce; dalla Segretaria all’Energia, Flavia Royón; dal suo pari grado per gli Affari Economici e Finanziari Internazionali, Marco Lavagna; e dal Presidente dell’Enarsa, Agustín Geréz. Per conto della società Tibet Summit Resources, hanno partecipato il presidente Huang Jianrong; il vicepresidente e amministratore delegato, Zhang Jieyuan; l’assistente del presidente e presidente di Potasio y Litio de Argentina S.A. (Plasa), Mao Yuankai; il vice amministratore delegato e segretario del Consiglio di amministrazione, Hu Handong; il direttore generale degli investimenti, Hong Yuwei; e l’assistente per gli affari esteri, Zhang Yanran.
Secondo fonti del ministero argentino, i due progetti prevedono un investimento complessivo di 1.7 miliardi di dollari per portare in produzione tra le 50.000 e le 100.000 tonnellate di carbonato di litio equivalente, con una ricaduta occupazionale importante (10.000 posti di lavoro tra impieghi diretti e indiretti) e lo sviluppo di un’industria strategica per l’interesse del Paese.
“Vogliamo un’attività mineraria che favorisca l’utilizzo della risorsa per la generazione di valore aggiunto e occupazione. Vogliamo rendere possibile la generazione e l’utilizzo del capitale umano e del capitale tecnologico e imprenditoriale dell’Argentina”, ha commentato il ministro durante l’incontro, aggiungendo: “Vogliamo sfuggire la narrazione che siamo un Paese esportatore di prodotti primari per diventare un Paese esportatore con valore aggiunto dai nostri prodotti primari”. Una volontà condivisa da altri Paesi ricchi di risorse, come Cile e Bolivia che, seppur ad uno stadio di maturità del settore differente, condividono con altri Paesi come Messico e Indonesia l’idea che anche i paesi in via di sviluppo debbano sfruttare le risorse nazionali per un’industria a maggior valore aggiunto. La corsa alle batterie elettriche e dei relativi materiali (litio, cobalto, nickel) rappresenta un’opportunità di sviluppo economico e tecnologico unico: da qui l’idea di nazionalizzare il settore minerario (come nel caso del Cile) o di creare un cartello industriale internazionale.
E in questo contesto, Pechino vede il suo ruolo di mediatore e investitore nell’ultimo decennio tramite la Belt and Road Initiative come strategico per accedere alle importanti risorse di litio sudamericane (e non solo), soprattutto in virtù di relazioni con l’Australia (partner, ad oggi, fondamentale per le forniture di carbonato di litio da formazioni rocciose) più incerte, visto anche la maggiore collaborazione con gli Usa a seguito del G7 per il de-risking delle filiere dei materiali critici.
Massa ha infatti sottolineato l’importanza della partecipazione dei fornitori e delle aziende straniere allo sviluppo dei progetti, affermando che “abbiamo bisogno che espandano i loro investimenti in Argentina alle condizioni che l’Argentina ha stabilito per se stessa: sviluppo dei fornitori locali; sviluppo del rapporto con le comunità locali; rispetto degli standard ambientali e sviluppo del valore aggiunto”.
Tibet Summit Resources, azienda con sede a Shanghai, è stata fondata nel 1998 ed allora è attiva nell’estrazione e lavorazione dei metalli non-ferrosi, tra cui zinco e rame. Si tratta di un’azienda che, ad oggi, è posseduta per un terzo delle quote proprietarie dalla famiglia di Huang Jianrong, milionario che ha fatto la sua fortuna nel trading di minerali durante il superciclo delle commodities agli inizi del millennio. Con un market cap da 2 miliardi di dollari circa e quotata al Shanghai Stock Exchange, ha totalizzato più di 260 milioni di dollari di vendite dei suoi prodotti nel 2022 principalmente tramite la sua clientela in Cina. Tra i suoi competitor, Shenghe Resources, azienda con asset importanti anche nell’industria delle terre rare. A novembre del 2021, Tibet e il governo provinciale di Salta avevano già siglato un accordo per lo sviluppo industriale delle risorse regionali, impegnandosi ad investire 700 milioni di dollari nel 2022.
Successivamente, il ministro Massa ha tenuto due altri importanti incontri: una riunione di lavoro con le autorità di Ganfeng Lithium, il primo produttore di litio e derivati, che attualmente gestisce quattro progetti in Argentina. L’azienda prevede un investimento di 2.700 milioni di dollari con una produzione di 74.000 tonnellate di carbonato di litio. Infine, ha incontrato le autorità della società Tsingshan Holding Group, con le quali è stato analizzato lo stato di avanzamento del progetto di estrazione del litio, Salar Centenario-Ratones, con un investimento stimato di 770 milioni di dollari. Si è discusso anche del progetto di un impianto di lavorazione del cloro alcalino a Jujuy, che potrebbe fungere da base industriale chimica fondamentale con il potenziale di coprire parte dei feedstock estratti dal “Triangolo del Litio”.
La crescita del settore minerario argentino sarà trainata anche da due progetti svincolati dagli investimenti cinesi e in rampa di lancio nella provincia di Jujuy, arida regione nel nordovest: la prima operata dall’azienda americana Livent Corporation e l’altro dall’australiana Allkem. Le due aziende hanno di recente annunciato la fusione per creare un unico grande competitor occidentale, capace di sfidare per capitali e tecnologie i dragoni cinesi del litio: Ganfeng e Tianqi Lithium. Proprio Ganfeng, insieme all’azienda locale Exar (di proprietà della canadese Lithium Americas) e la società a controllo statale JEMSE avvieranno il progetto di Cauchari-Olaroz con una capacità prevista di circa 40.000 LCE annuali nel 2024.
Nel 2022, l’Argentina ha esportato 40.000 tonnellate di carbonato di litio, materiale utilizzato per la manifattura delle batterie elettriche, dietro al Cile (principale esportatore). L’Australia è la prima esportatrice mondiale di concentrato di litio, che deve subire un ulteriore passaggio di raffinazione: step dominato dalla Cina, che è stata la principale importatrice di concentrati di litio e di carbonato dal Sud America.
Secondo le stime della Chilean Copper Commission (Cohilco), l’Argentina potrebbe superare il Cile e diventare entro il 2035 il secondo produttore mondiale in mancanza di pianificazione industriale. L’Australia rimarrebbe comunque leader indiscusso, grazie soprattutto alla programmabilità dei sui asset minerari rocciosi rispetto alle salamoie. “Il Cile potrebbe passare dal 32% del mercato nel 2020 a solo il 15% nel 2030”. Lo studio evidenzia come l’ingresso di agguerriti competitor – come Canada, Congo, Mali e Messico – potrebbero, qualora sviluppassero il potenziale di sfruttamento minerario, incalzare il Cile. Il Paese ha di recente avviato, tramite la società pubblica Codelco, negoziazioni con SQM – controllata dalla cinese Tianqi – e l’americana Albemarle per rivedere la governance del settore e la partecipazione più attiva del settore pubblico nei progetti minerari.