Skip to main content

Una Nato attenta alla Cina. Prospettiva indo-pacifica del Summit

La Cina viene citata 14 volte nel documento conclusivo del Summit Nato. Passo avanti sostanziale rispetto allo scorso anno, con gli IP4 che hanno avuto varie attenzioni. È in corso un “trend che rispecchia il livello di competizione globale tra gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese e che vede il coinvolgimento di Paesi dell’Indo Pacifico e Paesi della Nato in un’ottica di contenimento di Pechino”, spiega Bressan (Lumsa/Ndcf)

Per il secondo anno di fila, la Cina è stato un argomento di interesse del Summit Nato. Come a Madrid nel 2022, anche quest’anno hanno partecipato al vertice Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda — i quattro principali partner dell’Indo Pacifico (noti come IP4), attori importanti di una regione che gli Stati Uniti e (non solo) considerano come prima linea del contenimento della crescita di influenza globale cinese.

Strategia ampia e copertura Nato

Un diplomatico spiega in via confidenzale a Formiche.net che sebbene il driver dell’interessamento alla Cina da parte della Nato sia connesso al rafforzamento militare e in parte all’allineamento tattico con la Russia, che resta ancora l’attenzione prioritaria dell’alleanza (soprattutto con la guerra in Ucraina), c’è dell’altro. “La questione dei semiconduttori, delle terre rare, del securitarizzazione delle supply chain, la competizione tecnologica in generale è qualcosa a cui i membri guardano con attenzione quando pensano alla Cina”.

Non è un caso se la Germania abbia approfittato del vertice alleato di Vilnius per mettere in azione la tanto attesa strategia sulla Cina. Il gabinetto del cancelliere Olaf Scholz la passa oggi, giovedì 13 luglio: sarà centrata sul “de-risking” da Pechino, vista da Berlino come un concorrente e un rivale strategico sempre più assertivo, riducendo gradualmente la dipendenza dal Paese piuttosto che sganciandosi dal mercato cinese.

Anche la Lituania ha approfittato del vertice per rendere pubblica la sua strategia per l’Indo Pacifico. Da Vilnius, a un passo dalla Bielorussia alleata di Vladimir Putin, il governo lituano ha usato la presenza dei leader Nato per annunciare l’approfondimento dei rapporti con Taiwan — che già erano costati alla Lituania la risposta violenta di Pechino a colpi di coercizioni economiche (al punto che l’Ue era dovuta intervenire creando uno strumento anti-coercizione perché quello di Vilnius rappresentava un preoccupante precedente).

Narrazioni e interessi

Come si legge nella sintesi del comunicato congiunto del summit, “le ambizioni dichiarate e le politiche coercitive della Repubblica Popolare Cinese (Prc) sfidano i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori”. Sebbene la Nato sottolinei, come di rito, di restare aperta “a un impegno costruttivo con la Prc, anche per costruire una trasparenza reciproca, al fine di salvaguardare gli interessi di sicurezza dell’Alleanza”, rimarca anche la “crescente partnership strategica” tra Pechino e Mosca e i loro “tentativi, che si rafforzano a vicenda, di minare l’ordine internazionale basato sulle regole”.

In punti più ampi, più avanti nella lunga dichiarazione, i leader dell’alleanza hanno anche richiamato la Cina per le “operazioni ibride e cibernetiche dannose e per la sua retorica conflittuale e la disinformazione” e hanno accusato Pechino di sforzarsi “di sovvertire l’ordine internazionale basato sulle regole, anche nei domini spaziale, cibernetico e marittimo”. La dichiarazione ha inoltre espresso preoccupazione per i tentativi della Cina di “controllare settori tecnologici e industriali chiave, infrastrutture critiche, materiali strategici e catene di approvvigionamento” e di “creare dipendenze strategiche”. La Cina impiega “un’ampia gamma di strumenti politici, economici e militari per aumentare la sua impronta globale e proiettare il suo potere, pur rimanendo opaca sulla sua strategia, le sue intenzioni e il suo sviluppo militare”, si legge ancora nel comunicato, che inoltre invita Pechino “ad astenersi dal sostenere in qualsiasi modo lo sforzo bellico della Russia”.

Nel giro di un anno, quell’attenzione messa per la prima volta per iscritto al vertice di Madrid è evidentemente aumentata. È lo stesso linguaggio del comunicato a indicarlo. Il testo, solitamente frutto di scelte semantiche cavillose, menziona la Cina 14 volte, indicando una maggiore risalto che l’alleanza intende dare ad “affrontare le sfide sistemiche poste dalla Prc alla sicurezza euro-atlantica”. Per confronto, nel comunicato del vertice di Madrid la Cina riceveva un’unica menzione come uno dei diversi Paesi “che sfidano i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori e cercano di minare l’ordine internazionale basato sulle regole”.

La Cina detesta

Pechino non può essere soddisfatta. La linea di risposta calca sulla “mentalità da guerra fredda”, argomento retorico che il Partito/Stato usa nella sua narrazione. “Gli Stati Uniti stanno giocando una grande partita a scacchi. La Nato e gli alleati statunitensi nell’Asia-Pacifico vengono tutti utilizzati per promuovere gli interessi geopolitici degli Usa. Condivido la preoccupazione di alcuni osservatori europei che l’Europa possa diventare un vassallo e più dipendente dagli Stati Uniti”, ha scritto Wang Lutong, direttore generale dell’Ufficio europeo del ministero degli Esteri cinese (da notare: come spesso accade, Lutong ha espresso queste sue preoccupazioni contro le forzature della libertà dei singoli stati teoricamente imposte da Washington usando Twitter, un social network che in Cina non si è liberi di usare, ma in cui possono essere aperti invece account per i notabili del Partito e dello Stato).

“Ci opponiamo fermamente al movimento della Nato verso Est, nella regione dell’Asia-Pacifico, e qualsiasi azione che metta a repentaglio i legittimi diritti e interessi della Cina sarà affrontata con una risposta risoluta”, comunica invece il portavoce del ministero degli Esteri. Tuttavia, sebbene l’impegno della Nato con i partner dell’Indo-Pacifico sia generalmente letto attraverso la lente della competizione con la Cina, vale la pena notare che l’IP4 ha livelli diversi di comfort con l’idea di confrontarsi con Pechino.

L’IP4 e la Cina

Il segretario generale Jens Stoltenberg ha tenuto incontri separati con i leader di Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud. In ogni incontro ha esordito ringraziando per l’assistenza fornita all’Ucraina (che come detto resta la principale priorità della Nato) e ha poi offerto sostegno alle principali questioni di interesse del partner. Tuttavia, solo durante il meeting con il primo ministro giapponese, Fumio Kishida, Stoltenberg ha fatto riferimento a Pechino, in particolare al “pesante rafforzamento militare della Cina, alla modernizzazione e all’espansione delle sue forze nucleari”. In quel caso, il segretario generale ha anche sottolineato che l’ufficio di collegamento di cui tanto si è parlato è ancora sul tavolo e “sarà preso in considerazione in futuro”.

Esattamente come nel caso del liaison office, su cui le frenate (molte francesi, ma non solo) erano legate alla necessità di non indispettire eccessivamente Pechino, Stoltenberg ha evitato di menzionare la Cina nei commenti pubblici con gli altri tre leader dell’IP4, perché sia Seul che Canberra e Auckland hanno situazioni più complesse di quelle di Tokyo nel rapporto con Pechino. Tutti e tre vogliono evitare di farsi percepire allineati alla Nato nelle loro strategie di confronto con la Cina. Stoltenberg ha usato argomenti neutri per sottolineare le linee di contatto con i partner. Per esempio: parlando con il presidente sudcoreano, ha riaffermato la preoccupazione della Nato riguardo alla Corea del Nord (anche giustamente, visto il test di un Hwaseongpo-18 di mercoledì 12 giugno); per “il cyber, le nuove tecnologie e anche per contrastare le minacce ibride” con il premier australiano; per “il cambiamento climatico, il cyber e le nuove tecnologie” con il neozelandese.

La Nato in Asia?

Uno degli elementi usciti dal vertice di Vilnius, rimarcato dalla riunione laterale tra l’IP4 e i funzionari dell’alleanza, è la volontà di rafforzare la consapevolezza comune, la solidarietà e la cooperazione sulle minacce emergenti alla sicurezza. È l’ottica della visione comune tra Stoltenberg e Joe Biden, emersa anche nel recente incontro alla Casa Bianca: aumentare la connessione tra Nato e Indo Pacifico.

“È un Summit che conferma quanto anticipato lo scorso anno a Madrid con l’adozione del nuovo Concetto Strategico dell’Alleanza, nel quale documento per la prima volta in due paragrafi è stata menzionata la Repubblica Popolare Cinese come una sfida agli interessi, alla sicurezza e ai valori dell’Alleanza”, commenta Matteo Bressan, docente di Studi Strategici e Relazioni Internazionali alla Lumsa Master School e analista presso il Nato Defense College Foundation. “Pur essendo un’alleanza regionale, affronta sfide globali, come ricordato dal segretario Stoltenberg: e quindi, nell’ottica del concetto della indivisibilità della sicurezza delle regioni euro-atlantiche e indo-pacifiche, assistiamo al rafforzamento delle partnership con Giappone, Australia, Nuova Zelanda e Corea del Sud. Tale trend rispecchia il livello di competizione globale tra Washington e Pechino che vede, anche in altre iniziative come il formato Aukus, il coinvolgimento di paesi dell’Indo Pacifico e paesi della Nato in un’ottica di contenimento della Repubblica Popolare Cinese”.

 

×

Iscriviti alla newsletter