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Rodi, Corfù, Evia, cosa preoccupa oltre al fuoco e al Pil turistico in affanno

Dal primo focolaio è stata chiara la matrice dolosa, come annunciato ufficialmente anche da alcuni esponenti delle istituzioni, come alcuni sindaci dei villaggi coinvolti. La domanda, semmai, è se accanto alle consuete ipotesi di piromani, squilibrati e potenziali soggetti mossi dalla speculazione edilizia, vi possa essere spazio anche per ipotesi legate alla destabilizzazione

Un Canadair precipitato con i due piloti morti, migliaia di acri bruciati, panico e attenzione da parte delle agenzie di intelligence. Il fuoco che da una settimana imperversa su alcune aree della Grecia toglie una fetta di Pil, perché fioccano disdette e cancellazioni. Ma non è solo un danno al paesaggio e ai turisti, bensì anche a un pezzo di guadagni che vanno in fumo e si allarga alla geopolitica. Rodi è “vicina” a Creta, dove il fuoco non è un rischio che si può correre per via della base som e di quella dell’aeronautica dove atterrano i B-52 americani. Una ricognizione su allarmi e monitoraggi in un settore altamente strategico.

Destabilizzazione?

Non c’è solo l’interesse da parte dei ministeri degli Esteri dei Paesi coinvolti e dei meccanismi di protezione civile Ue e di solidarietà da parte dei Paesi confinanti. I drammatici roghi che stanno interessando le isole greche di Rodi, Corfù e Evia portano in grembo anche una sostanziale attenzione da parte delle agenzie di intelligence, perché il fuoco non è lontano da aree sensibili dal punto di vista della sicurezza nazionale e degli equilibri mediterranei tra alleati. Dal primo focolaio è stata chiara la matrice dolosa, come annunciato ufficialmente anche da alcuni esponenti delle istituzioni, come alcuni sindaci dei villaggi coinvolti. La domanda, semmai, è se accanto alle consuete ipotesi di piromani, squilibrati e potenziali soggetti mossi dalla speculazione edilizia, vi possa essere spazio anche per ipotesi legate alla destabilizzazione per via del ruolo crescente di Atene, tra energia e geopolitica. 

Aree e basi

Rodi, perla del Dodecaneso, è situata all’estremità orientale della Grecia, quasi l’ultimo presidio prima delle coste turche, a poche miglia da Marmaris. A 480 chilometri più a sud si trova Creta, non solo la più grande isola dell’Egeo ma presidio Nato in virtù di un centro addestramento dell’Alleanza, della base per sommergibili interessata a imponenti lavori di raddoppio, di un aeroporto dove fanno scalo i B-52 americani e dove in passato è atterrato per operazioni di rifornimento anche l’Air Force One. La base riceve regolarmente la visita di portaerei americane della Sesta Flotta, oltre che della francese Charles de Gaulle. A Creta, dove si trova il 115th Fighter Wing dell’aeronautica militare greca, gli Usa hanno inoltre schierato dallo scorso anno gli F-22 Raptor.

Atene e Washington

Atene e Washington da quattro anni hanno deciso di ampliare le relazioni militari: nella base aerea di Larissa, nella Grecia centrale, atterrano gli aerei rifornitori KC-135 e i droni MQ-9. Larissa si trova a 300 chilometri dall’isola di Evia, dove è caduto il Canadair che era impegnato in una vera e propria battaglia contro i roghi.

Altra base ellino-americana si trova ad Andravida, nel Peloponneso, utilizzata anche grazie alla sua peculiare conformazione (è inserita nella ‘pancia’ di una montagna): lo scorso gennaio in quella zona, che si occupa di monitorare il Mar Ionio dopo le ormai frequenti presenze di navi militari russe, durante un volo di addestramento è caduto un F-4.

Nuovi equilibri

Da circa un anno, ovvero da quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina, la Grecia è stata utilizzata come trampolino di lancio per inviare nelle aree orientali dell’Ue osservatori e mezzi di monitoraggio, anche in virtù della vicinanza con il Mar Nero, dove si è distesa la strategia russa del blocco del grano. Almeno nove droni MQ-9 Reaper della US Air Force sono da tempo schierati in Grecia per osservare confini della Nato nell’Europa sud-orientale, al pari di alcuni F-15, passaggio questo che ha contribuito a innalzare il profilo geopolitico della Grecia dinanzi agli occhi degli Stati Uniti che hanno deciso di portare nell’Egeo almeno due F-35 dopo anni di trattative. 

@FDepalo

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