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Ue, Usa, Cina. Così la geopolitica rimodella l’industria dell’auto elettrica

Sale la tensione tra Bruxelles e Pechino in seguito all’annuncio dell’indagine europea sulle distorsioni di mercato. La svolta assertiva dell’Ue porta verso un cambio di passo nella relazione commerciale e politica con la Cina. E mentre le due potenze cercano di bilanciare rischi e aperture, Ford congela la costruzione della maxi-fabbrica per batterie con tecnologia cinese

Nelle ultime due settimane il veicolo elettrico (EV) è diventato il mezzo perfetto per osservare come stanno cambiando le dinamiche tra Unione europea, Stati Uniti e Cina. I primi due stanno cercando di bilanciare la salvaguardia dell’importantissimo rapporto commerciale con il partner cinese (che esporta i prodotti necessari per la transizione ecologica e digitale, tra cui gli EV) e la necessità di portare avanti il de-risking, ossia ridurre l’esposizione alla Cina nei settori strategici (tra cui, appunto, quelli relativi alla transizione). Anche Pechino, dal canto suo, cerca di conservare le relazioni economiche – ma non esita a proiettare la sua forza attraverso di esse per perseguire i suoi scopi nazionalisti. E la battaglia sull’auto elettrica è una di quelle su cui si stanno ridefinendo i rapporti tra queste potenze.

LA SVOLTA EUROPEA…

Il tema è diventato centralissimo a metà settembre, quando la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato l’avvio di un’indagine sulla possibile manipolazione del mercato europeo da parte della Cina. L’Ue è “inondata” da EV cinesi economici perché Pechino mantiene i prezzi “artificialmente bassi” grazie a “ingenti sussidi statali”, ha detto, segnalando la volontà di Bruxelles di intervenire con più decisione per proteggere il mercato e i produttori europei – anche a costo di irritare la Cina imponendo tariffe sugli EV importati dal Celeste Impero.

L’Ue ha sempre esportato in Cina molte più auto di quante non ne importasse, fino a dicembre 2022, quando il surplus commerciale è diventato negativo per la prima volta. Nel mentre la produzione occidentale di EV e batterie dipende sempre più da Pechino, le cui industrie sono più avanti in entrambi i campi rispetto a quelle dell’Occidente geopolitico. Lo dimostra la scelta di marchi occidentali (tra cui anche Tesla e Volkswagen) di aumentare la capacità di produzione di veicoli elettrici all’interno della Cina, per avvalersi del costo inferiore di materie e manodopera, per poi esportare da là parte degli EV prodotti verso l’Europa.

La questione, naturalmente, era al centro dell’attenzione durante la visita cinese di Valdis Dombrovskis.  Il vicepresidente della Commissione Ue ha voluto trasmettere senza mezzi termini il cambio di passo europeo nel rapporto con Pechino. “Ci troviamo davanti a un bivio”, ha detto in un discorso all’Università di Tsinghua (alma mater del presidente Xi Jinping), spiegando che Ue e Cina possono “scegliere un percorso verso relazioni reciprocamente vantaggiose” – basato su commercio e investimenti aperti ed equi – oppure uno “che ci allontani lentamente”.

… E LA RISPOSTA CINESE

Nel secondo caso, ha avvertito Dombrovskis, i “venti contrari” come l’ambiguità cinese sulla guerra di aggressione russa o le pratiche commerciali scorrette porteranno le due economie ad affrontare “una riduzione delle opportunità”. Parole a cui He Lifeng, vicepremier e leader del team economico del presidente cinese, ha risposto evidenziando la “forte preoccupazione e insoddisfazione” per l’avvio dell’indagine sugli EV cinesi, scagliandosi contro le misure a protezione del mercato e invitando Bruxelles a limitarne l’uso per “mantenere stabile l’aspettativa di sviluppo del commercio Ue-Cina”.

La minaccia è indirettamente rivolta anche agli automaker europei, che potrebbero vedersi ridurre l’accesso al mercato e al tessuto produttivo cinese. Secondo gli esperti intervistati da MIT Technology Review circa la metà degli EV esportati dalla Cina sono in realtà prodotti da aziende straniere o joint venture con realtà cinesi. Data la sua comprovata esperienza in materia di coercizione economica, è quasi certo che Pechino risponderebbe a dei dazi europei sugli EV prodotti in Cina con contromisure che danneggerebbero i marchi europei che hanno un rapporto più profondo con il mercato cinese.

Sia il funzionario cinese che quello europeo hanno voluto mettere le carte sul tavolo (sul versante EV e non solo) in uno scambio molto distante dai toni morbidi che Ue e Cina utilizzavano solitamente. Chiarite vigorosamente le rispettive posizioni, gli interlocutori hanno anche concordato di lavorare su una serie di aree – tra cui alcune misure per alleviare le frizioni economiche in corso e quelle future – attraverso l’istituzione di un meccanismo per discutere di controlli sulle esportazioni.

IL RIFLESSO STATUNITENSE

Questo nuovo meccanismo ricorda molto da vicino quello istituito ad agosto tra Cina e Stati Uniti, che dai discorsi sul decoupling (distacco) di un tempo si sono avvicinati al concetto europeo di de-risking. Ma anche sul suolo statunitense sono in corso rivalutazioni dei rapporti commerciali nel campo degli EV. Va detto che il mercato Usa non si è mai aperto agli EV cinesi come quello europeo (oggi non ci sono marchi cinesi disponibili negli States, a differenza del Vecchio continente). Ma le batterie, in virtù del quasi-monopolio cinese su materie prime e produzione di prodotti di punta, provengono soprattutto dalla Cina.

Washington si è già mossa per iniziare a ricalibrare il piano di gioco. Già gli EV cinesi (e i loro componenti) non sono coperti dai sussidi dell’Inflation Reduction Act – il maxi-piano da 370 miliardi di dollari firmato dal presidente Joe Biden per accelerare la transizione. Di contro questi sgravi già si applicano agli EV prodotti sul suolo statunitense, canadese, messicano e giapponese. In futuro dovrebbero coprire anche le importazioni europee – nell’ottica di friend-shoring delle catene di approvvigionamento – previa la chiusura di accordi sui materiali critici tra Bruxelles e Washington.

LA SAGA FORD-CATL

Sul versante cinese, martedì dagli Usa è arrivato un segnale fortissimo: Ford ha annunciato la sospensione della costruzione della sua maxi-fabbrica di batterie per EV (da 3,5 miliardi di dollari) nel Michigan. L’azienda ha dichiarato che la decisione è dovuta a “una serie di considerazioni”, senza specificare quali. Ma quasi sicuramente c’entra il suo partner nel progetto, il gigante cinese e leader assoluto delle batterie Catl, che avrebbe concesso a Ford la licenza per produrre le sue batterie e che dal canto suo insiste che la collaborazione è ancora in corso.

L’accordo tra Ford e Catl aveva sollevato preoccupazioni riguardo all’aumento della dipendenza Usa nel settore delle batterie. E infatti il Comitato ristretto della Camera Usa sul Partito comunista cinese, che aveva avviato un’indagine sulla partnership, ha accolto la notizia con gioia. “Siamo incoraggiati dal fatto che Ford abbia compiuto un primo passo fondamentale per rivalutare il suo accordo con l’azienda di batterie per veicoli elettrici allineata al Partito comunista cinese”, ha dichiarato il presidente del comitato Mike Gallagher. “Ora Ford annulli definitivamente questo accordo”.



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