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Batterie, la coreana LG Chem investe in Marocco (grazie all’Ira)

La rivoluzione della mobilità elettrica passa anche dal paese africano. Le ampie disponibilità di materiali critici, tra cui il cobalto e il fosfato, hanno attirato gli investimenti esteri, ultimo quello dell’azienda coreana LG Chem. Intanto la Corea chiede agli Stati Uniti maggiori chiarezze sulle clausole dell’Inflation reduction act…

L’azienda coreana LG Chem ha annunciato, nella giornata di domenica, che costruirà un impianto di produzione di materiali catodici Lfp (litio-ferro-fosfato) in Marocco, in partnership con la cinese Huayou Group (azienda cinese con importanti asset minerari in Congo). La produzione dei materiali verrà sussidiata attraverso l’accesso agli incentivi dell’Inflation Reduction Act (Ira), dal momento che il paese africano gode di un free-trade agreement (Fta) con gli Stati Uniti.

L’impianto punterà la piena operatività nel 2026, con una capacità annuale di 50.000 tonnellate metriche, quanto basta per costruire batterie tra i 50 e 350 kWh di densità energetica per circa 500.000 veicoli elettrici.

Si tratta di un altro importante investimento di un player asiatico che segue, dopo poco più di un anno, il passaggio dell’Ira che ha scatenato una vera e propria corsa all’industria green agli investimenti sulle rinnovabili. La misura, che secondo alcune stime aumenterà la domanda degli Usa di materie prime critiche, ha avuto il successo di incentivare l’accorciamento della supply chain e il consolidamento dei player nord-americani del settore, nonostante persistano alcune difficoltà di sganciarsi completamente dai fornitori cinesi come sperimentato, per esempio, da Tesla. 

I TREND TECNOLOGICI

Le batterie al litio, attualmente la tecnologia predominante nell’industria dei veicoli elettrici (EV) e degli accumulatori domestici e industriali, richiede una serie di metalli difficile da estrarree raffinare, come appunto litio (su cui le aziende cinesi godono di un vantaggio competitivo per l’integrazione lungo la filiera dalle miniere ai mercati di consumo), cobalto, nichel e mangabese. Ma grazie ad una serie di combinazioni catodiche, le batterie possono contenere più cobalto, nichel (Nmc, Nca) oppure ridurre entrambi, come le Lfp, seppur questa scelta avvenga con trade-off su performance e densità energetica.

Ad oggi, le batterie con catodi Lfp (che contengono materiali più abbondanti e meno caric, come appunto ferro e fosfato) sono in forte crescita soprattutto nel mercato cinese, con CATL e BYD che ne hanno fatto un vero e proprio asso nella manica, a livello tecnologico e commerciale, per catturare il 36% del mercato e consentire la produzione di veicoli elettrici a buon mercato.

La disponibilità del cobalto, estratto per la maggior parte nella Repubblica Democratica del Congo (DRC) con oltre il 60% della produzione mondiale (controllata perlopiù da aziende statali cinesi) in condizioni socio-ambientali precarie, la sua volatilità insieme alla produzione ad oggi “sporca” di nichel indonesiano rende la scelta di batterie con una più bassa concentrazione dei due materiali una questione di prezzo e sostenibilità.

LA CENTRALITA’ DEL MAROCCO

La rivoluzione delle batterie elettriche, dunque, accoglie anche il Marocco, Paese del continente ricco di risorse che fanno gola ai produttori globali che vogliono svincolarsi dalla presa cinese e posizionato, potenzialmente, per beneficiare di ampia disponibilità di energia rinnovabile, dal sole al vento lungo le coste atlantiche.

La disponibilità di cobalto in Marocco (le riserve del paese sono le 11esime a livello globale) e la relativa prossimità rispetto al mercato europeo e nordamericano rendono questa scelta meno drammatica. Nel 2020, secondo i dati dell’Observatory of Economic Complexity (OEC), il Marocco ha esportato cobalto per un totale di $84 milioni, bel al di sotto dei principali produttori mondiali. Tuttavia, proprio per la necessità di ridurre i rischi di fornitura dettati da fattori geopolitici, le aziende hanno incominciato a guardare con interesse al paesi africano. Nel luglio del 2020, il colosso tedesco BMW ha firmato un contratto da 113 milioni di dollari con la compagnia mineraria Managem per fornire il 20% del cobalto per la fabbricazione delle batterie impiegate dal produttore di auto germanico. Nel giugno 2022, è stata la volta di Renault – che, a partire dal 2020, ha spostato gli impianti di produzione della Dacia Sandero dalla Romania a Casablanca e Tangier – con un contratto di 7 anni per la fornitura di 5.000 tonnellate di idrossido di cobalto. A stimolare i produttori anche l’accessibilità all’energia rinnovabile, con l’80% del fabbisogno che potrà ridurre l’impatto carbonico dei materiali.

Ma sono anche le grandi disponibilità di fosfato il fattore cruciale nell’attirare le attenzioni degli investitori stranieri. Come anticipato, il trend tecnologico favorisce l’adozione di batterie Lfp (più sicure, meno care e durature), mentre il Marocco siede sul 70% delle riserve globali di fosfato roccioso ed è già il secondo produttore dopo la Cina. La Commissione europea ha inserito il materiale all’interno della lista delle materie prime critiche, oltre a dipendere dal Marocco per il 27% del fabbisogno. Il fosforo, inoltre, che è al centro dell’attività mineraria e manifatturiera del paese attraverso la controllata statale OCP Group, che ha traformato il paese in un vero e proprio fornitore al centro della filiera alimentare globale dal momento che il fosforo è un elemento fondamentale per la produzione di fertilizzanti.

L’acido fosforico è anche un input fondamentale per fabbricare il fosfato di ferro (II), che può a sua volta essere impiegato per fabbricare i catodi al litio-ferro fosfato, ora materiali al centro dell’industria delle batterie. Dunque, l’ambia disponibilità del materiale, insieme ai potenziali per l’utilizzo di energia rinnovabile, rendono il Marocco un hub perfetto per puntare sui materiali Lfp, che possono garantire un vantaggio di costo del 70% per chilogrammo rispetto ai tradizionali Nmc, oltre a ridurre il rischio di tossicità dovuto alla presenza di materiali come l’ossido di cobalto o di manganese.

Vi è poi la volontà del governo marocchino di trasformare il paese in un hub manifatturiero delle batterie elettriche. La scorsa estate, il ministro dell’Industria Ryad Mezzour ha comunicato alla stampa che il regno era vicino a siglare importanti accordi con i produttori di batterie a livello globale. L’obiettivo di Rabat è scalare la produzione di materiali per raggiungere la capacità di supportare 1 milione di EV entro il 2025 dai circa 700.000 attuali. In questa direzione, nel novembre del 2021 era stata proposta la riduzione dei dazi sulle importazioni di celle per batterie dal 40 al 17.5% nella legge di bilancio, per promuovere l’assemblaggio locale.

LA SCOMMESSA COREANA

La sussidiaria LG Chem, dunque, costruirà il suo primo impianto di catodi Lfp che verranno utilizzati dalla casa madre, LG Energy Solution Ltd, nell’impianto di produzione in Arizona a partire dal 2026. Il gruppo coreano, dunque, vuole ufficialmente lanciare la sfida alle aziende cinesi sul loro campo. Produttori come Samsung SDI, Posco, EcoPro stanno infatti cercando di produrre questa tecnologia e cercare di raggiungere i prezzi ipercompetitivi dei prodotti cinesi.

La decisione di entrare in questo segmento di mercato è dettato anche dalla progressiva adozione, da parte dei giganti automotive globali come Tesla, Mercedes-Benz e Hyundai, di batterie low-cost per i veicoli elettrici non di punta delle case automobilistiche. LG Chem si aspetta che i catodi made-in-Marocco siano esigibili per i crediti fiscali previsti dall’Inflation Reduction Act. Secondo la legge, in vigore da agosto 2022, almeno il 40% dei minerali critici contenuti nelle batterie EV installate su veicoli poi vendute negli Usa devono essere stati estratti o processati in America o in un paese Fta a partire dal 2023. Una percentuale che salirà all’80% nel 2027.

Come annunciato nel comunicato stampa, LG Chem costruirà in partnership con Huayou Cobalt un sito di convezione di litio in Marocco, con l’obiettivo di produrre idrossido e carbonato di litio essenziali per la produzione di catodi, con 52.000 tonnellate di capacità entro il 2025. Le due aziende, inoltre, hanno già concordato una cooperazione industriale in Indonesia, che possiede le principali riserve di nichel a livello mondiale, per verticalizzare ulteriormente la filiera e così rientrare nelle clausole dell’Ira.

Ma rimangono, comunque, ancora dubbi sui requisiti Ira per quanto concerne la necessità di escludere dai fondi federali le cosidette “foreign entity of concern” (FEOC), ovvero entità ritenute una minaccia per la sicurezza nazionale e che, secondo la definizione delle agenzie federali, includerebbero entità riconducibili ai governi cinesi e russi. In questa direzione, i dettagli della joint venture tra LG e Huayou non sono ancora stati resi pubblici, ma è presumibile che per ragioni strategiche l’azienda coreana possiederà la maggioranza proprio per non turbare il governo americano.

Proprio per dipanare la mancanza di trasparenza su questo requisito, gli executives delle principali aziende coreane hanno chiesto al vice-segretario del Dipartimento del Commercio americano, Don Graves, a margine di un incontro avvenuto a Seul venerdì, chiarezza sulla clausola dal momento che la forte interdipendenza tra Corea e Cina nel settore delle batterie rende essenziale per le aziende la certezza normativa per pianificare gli investimenti.

Un numero crescente di aziende cinesi attive lungo la supply chain delle batterie al litio – inclusa Huayou, GEM e CNGR – hanno accelerato i loro piani di investimento all’estero  e così accedere al mercato euro-americano, allineandosi ai requisiti Ira e al Critical Raw Materials Act dell’Unione europea che ha di recente attirato l’investimento di Redwood Materials, azienda americana attiva nel riciclo delle batterie.


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