Skip to main content

Così i conservatori di Ecr riformeranno l’Ue. La visione di Procaccini (FdI)

Intervista al co-presidente del gruppo Ecr al Parlamento Europeo: “L’Ue di domani? Un modello confederale, non uno Stato unico. Numero uno della Commissione eletto da cittadini? Ogni volta che il corpo elettorale è coinvolto nelle scelte è sempre positivo. Il Patto di stabilità? Prevedo che anche la Germania, per la prima volta, sarà meno falco e più colomba”

Un modello confederale e non uno stato unico. Un’entità con al centro i cittadini che possano esprimere, con un voto, il presidente della Commissione. Un paniere di alleanze da far decantare con attenzione dopo il risultato elettorale della prossima primavera, nella consapevolezza che la strategia progettata dal gruppo di Ecr, con alla guida il premier italiano Giorgia Meloni, non è figlia dell’improvvisazione “elettorale”, ma studiata con attenzione e tarata sulle fisiologiche identità nazionali all’interno di un contesto di competenze, nazionali ed europee.

Così a Formiche.net il co-presidente del gruppo Ecr al Parlamento Europeo, Nicola Procaccini, raggiunto telefonicamente a Scilla dove si sta tenendo la tre giorni di studio del gruppo dei conservatori europei, alla presenza dei vertici di Ecr e di esponenti del governo come Antonio Giordano, Raffaele Fitto, Francesco Lollobrigida, Nello Musumeci Maria Elvira Calderone, Andrea Delmastro, Wanda Ferro, Patrizio Giacomo La Pietra, Nicola Procaccini, Carlo Fidanza, Chiara Colosimo e Denis Nesci, oltre al  vicepresidente della Commissione Ue Margaritis Schinas e al capo economista della Fao, Maximo Torero.

Perché Ecr a Scilla, dopo le tappe a Gerusalemme, Varsavia, Atene, Sofia?

Soprattutto per un tratto culturale: questo è un luogo dove in qualche maniera nasce l’Europa. Qui c’è la cultura della Magna Grecia che si sposa con quella romana e quindi rivendichiamo anche un tratto identitario che spesso, invece, viene tralasciato come se l’Unione europea fosse un fatto di regole, direttive, regolamenti e non anche un comun sentire.

Migliorare i trattati per nuova energia in Europa: come attuare nella prossima legislatura europea il richiamo del Capo dello Stato?

Il paradosso di questa epoca politica è che chi vuole difendere i trattati è il centrodestra, mentre invece le sinistre vogliono forzare i trattati istitutivi dell’Unione Europea, per andare verso un superstato europeo che, sostanzialmente, evoca a sé tutte le competenze nazionali, relegando le nazioni a mere entità amministrative. Questo è ciò contro cui noi ci battiamo, è la madre di tutte le battaglie: nei trattati istitutivi dell’Unione Europea è scritto in maniera molto precisa cosa è competenza nazionale, cosa è competenza europea e cosa è competenza concorrente. Purtroppo negli ultimi anni abbiamo assistito ad una spoliazione delle nazioni rispetto alle competenze. Talvolta si è utilizzata la Corte di giustizia europea come grimaldello: per cui noi continuiamo a sostenere la nostra ragion d’essere, ovvero il rispetto dell’idea originaria di un modello confederale e non una sorta di Stato unico che nessuno ha mai sottoposto neanche al voto o al consenso dei cittadini.

In proposito si potrebbe ipotizzare una traslazione della riforma meloniana sul premierato anche in Europa, cioè l’elezione diretta del Presidente della Commissione?

Penso che sia cosa buona e giusta nella misura in cui tutto ciò avvicini il Parlamento europeo ai cittadini. L’elezione diretta fa sì che il numero uno della Commissione venga votato dai cittadini e non semplicemente ratificato da un voto parlamentare. Credo che ogni volta che il corpo elettorale è coinvolto nelle scelte, sia sempre un qualcosa di positivo.

Patto di stabilità e cura-Lagarde, dove sta l’errore?

La cura Lagarde, per essere onesti, è un po’ la cura di tutte le banche centrali del mondo. Il punto è che bisogna sapere quando fermarsi e soprattutto è necessaria una capacità di comunicazione che serve ad attutire gli effetti, inevitabili, di contrazione dopo l’aumento dei tassi d’interesse. Questa è stata carente nella capacità di rassicurare il mondo produttivo economico. Ho avuto la sensazione che ci fosse una sorta di noncuranza in questa linea di comunicazione. Anche il patto di stabilità rientra in questo discorso.

Ovvero?

Ha un senso nella misura in cui riesce a mantenere il giusto equilibrio tra esigenze di rispetto dei debiti nazionali e contenimento dell’inflazione ma, nello stesso tempo, deve prevedere una capacità di sviluppo. Un vecchio detto recita che il paziente va mantenuto in vita con le giuste cure. Su questo punto potremmo avere alleati anche imprevisti: Francia e Grecia hanno debiti pubblici molto importanti, come il nostro e quindi con noi condividono l’esigenza di patti di stabilità che non siano troppo stringenti. Di contro, anche i tradizionali falchi come la Germania non sono insensibili. Per cui stringere le cinghie del patto di bilancio in un momento di recessione non mi sembra che sia particolarmente intelligente. Prevedo che anche la Germania, per la prima volta, sarà meno falco e più colomba.

Da queste colonne l’ex ministro della difesa Mario Mauro ha detto che Giorgia Meloni in Ue è clausola di salvaguardia per rimettere in gioco la macchina europea. Che ne pensa?

Oggi Giorgia Meloni rappresenta un modo di stare, da destra, in Europa: l’Unione europea è la somma di 27 interessi nazionali che si impreziosiscono nella misura in cui l’Unione europea è capace di valorizzare la politica comune nei settori di sua competenza. Quindi io credo che, rispetto alle spinte distruttive antieuropeiste, la proposta di Ecr rappresenti la terza via contro il cosiddetto turbo europeismo fine a se stesso. La strategia progettata dal gruppo di Ecr, con alla guida il premier italiano, non è figlia dell’improvvisazione “elettorale”, ma studiata con attenzione e tarata sulle fisiologiche identità nazionali all’interno di un contesto di competenze, nazionali ed europee. Ricordo, in primis a me stesso, che i primi manifesti che con Giorgia Meloni ho affisso all’inizio della mia esperienza politica erano quelli inneggianti all’Unione Europea. Ovviamente intendo un’unione di alleanza di popoli, liberi e sovrani, e non una miriade di leggi e regolamenti che, troppo spesso, pervadono la quotidianità dei cittadini europei dimenticandosi invece delle loro principali esigenze.

@FDepalo



×

Iscriviti alla newsletter