Il colosso cinese sta per superare il gioiello di Elon Musk per numero di vendite di veicoli elettrici, sfruttando lo slancio del mercato in espansione dalla Cina. Si tratta di un campanello d’allarme, non solo per Tesla. Costi competitivi e un brand che potrebbe scalare le gerarchie in fretta, anche in Europa. Se non verranno prese contromisure…
Piazza Duomo, Milano. Mi arriva da un amico una foto di una vetrina, c’è l’insegna che ai più poteva non essere così incomfondibile qualche anno fa: Byd. È la sigla del colosso cinese dei veicoli elettrici che, ad inizio agosto di quest’anno, ha aperto uno store in una delle piazze più iconiche d’Italia. Si tratta della prima bandierina piantata da Wang Chuanfu, chimico e fondatore di Byd, nel nostro Paese.
Un negozio apparentemente minimale, che ricorda vagamente quelli di Apple e che, in parte, sottolinea una delle linee che separano questa nuova frontiera della mobilità dal passato: un prodotto tecnologicamente avanzato, fatto di ruote, motore, batteria e hardware/software di controllo (i chip). E sono soprattutto questi ultimi tre che stanno riscrivendo la geografia delle supply chain (o meglio, del network di fornitori) che ruotano intorno ai produttori di auto elettriche e su cui Byd insieme a Catl hanno scommesso per guadagnare un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti americani, tedeschi e giapponesi.
Il mercato dei veicoli elettrici (EV) rimane ancora molto suscettibile. Il contesto macroeconomico e di pervasività dell’inflazione è una spada di Damocle per aumentare le vendite, i prezzi delle materie prime rimangono volatili (nonostante un lento ribassamento del prezzo del litio che ha fatto tornare i prezzi delle batterie intorno ai 100 kWh) ed incidono sui margini di profitto dei produttori, che nel caso di BYD rimangono integrati tra le batterie e i veicoli elettrici. Insieme ad altri brand com NIO, Xpeng, BAIC e Great Wall Motor, le case automobilistiche cinesi risentono di questo contesto.
In generale, i produttori di veicoli elettrici devono sempre guardare a due “concorrenti”: gli altri player del mercato EV (come Tesla) e soprattutto i produttori di auto convenzionali. Sì, perchè la vera fetta di mercato sarà sul piatto quando, tramite l’economia di scala e le nuove tecnologie sulle batterie che la Cina e non solo stanno perfezionando, la parità di prezzo con i veicoli a combustione interna (Ice) sarà, se non raggiungibile, quanto meno avvicinabile.
Ma intanto, fa notizia che Byd abbia quasi raggiunto Tesla per numero di veicoli elettrici venduti. Secondo le stime di Bloomberg, saremmo a poco più di 3.000 unità per il sorpasso, che probabilmente potrebbe avvenire già entro la fine di questo quadrimestre. Vi sono tre motivi per cui Byd – e questo lo differenzia dall’acerrimo rivale americano – è riuscito a navigare comunque un contesto incerto. In primo luogo, un mix di prodotti e veicoli più solido rispetto ai concorrenti, specialmente quelli intorno ai 39.000 euro. Parliamo, per esempio, dell’ultimo modello Denza, in joint venture con Daimler (al 90% di proprietà di Byd), o i nuovi modelli lanciati di recente al Chengdu Auto Show: Song L, Seal DM-i, Fang Cheng Bao 5. Si tratta chiaramente di veicoli che vanno molto in Cina. In secondo luogo, Byd rimane un leader nel mercato Phev (ovvero dei plug in), un segmento di nicchia in continua crescita per il business del colosso cinese: dal 18% di tutti i veicoli passeggero elettrici (NEVs) nel 2021, al 23% del 2022 fino al 30% del prima metà del 2023. Lo share di mercato globale di Byd nel 2022 in questo segmento era del 62%, rispetto al 18% del mercato Bev (dominato da Tesla con oltre il 50%), secondo le stime di Bloomberg Finance. Terzo, ed è qui che i margini di crescita sono quelli che più spaventano le case automobilistiche europee, è il mercato estero: le esportazioni contavano solo per il 2% delle vendite di Byd nel 2022, cresciute al 6% nella prima metà di quest’anno.
Byd vende ancora e soprattutto nel mercato domestico: nel primo quadrimestre del 2023, ha superato Volkswagen, con 440.000 veicoli venduti. Da top brand del mercato cinese da quando il China Automotive Technology and Research Center acquisce i dati (era il 2008), la lenta discesa del marchio tedesco dice molto del cambio di paradigma in atto. Penetrare i mercati esteri è il secondo passaggio della strategia del colosso: il primo era quello di consolidare le vendite sul mercato cinese, a discapito di quelle occidentali, acquisendo vantaggi di scala.
Non tradiscono in questa direzione le parole del fondatore di Byd, Wang, in un discorso tenuto lo scorso agosto, in cui ha invitato le compagnie cinesi a “demolire le vecchie leggende e raggiungere nuovi brand mondiali” dichiarando che “il tempo è giunto per i brand cinesi”.
Le vendite globali di EV hanno raggiunto 8.2 milioni di unità vendute ad agosto 2023, una crescita del 39% rispetto allo stesso periodo nel 2022. Le vendite in Cina sono cresciute del 35%, in Europa e Uk del 30% mentre negli Stati Uniti e in Canada del 57% secondo i dati di Rho Motion.
Su base annuale, Byd ha venduto più modelli EV con circa 1.7 milioni di unità a livello globale, con metà di questi plug-in (Phev) mentra l’altrà metà full electric, inclusi 25.000 modelli venduti all’estero solo nel mese di agosto. Tesla ha raggiunto l’apice delle vendite di veicoli elettrici a luglio su base annuale, con 1.2 milioni di unità. La Tesla Model Y e la Model 3 rimangono i modelli più venduti a livello mondiale, seguiti dalla Atto 3 di Byd, dalla Dolphin e Wuling Mini e dai due modelli dell’altro player cinese, Gac Aion (S e Y). Fino ad ora, il 71% dei nuovi EV venduti quest’anno sono battery electric vehicle (Bev), ovvero modelli completamente elettrici mentre il 29% sono plug-in electric vehicle (Phev).
Più di recente, Byd si è mossa aggressivamente in Europa e in Asia sudorientale, esordendo con modello EVs competitivi. L’obiettivo dell’azienda è di raddoppiare le vendite sui mercati esteri raggiungendo 400.000 vetture nel 2024: attualmente, il modello principe di Byd per questo compito è la Atto 3, un “veicolo premium accessibile” secondo il marketing dell’azienda e che si attesta intorno ai 40.000 dollari. Probabilmente ancora troppo per poter sperare di avere successo laddove non ne hanno i produttori europei.
Il supporto dello Stato, con il sistema degli incentivi, e il dominio dell’industria delle batterie in ogni segmento della supply chain, conferiscono alle compagnie cinesi un significativo vantaggio di mercato ed economico sulle concorrenti europee e americane, soprattutto in termini di costi. La Seal e la Dolphin, le due berline di Byd, sono i modelli più accessibili in termini di prezzi e potrebbero presto diventare un vero e proprio grimaldello per scardinare le resistenze europee. Michael Shu, managing director per le vendite in Europa di Byd, ha confermato all’inizio di settembre che l’azienda punta al mercato europeo proponendo modelli a basso costo e che presto potrebbe aprire un sito di produzione.
Nel caso di Byd, il suo vero vantaggio competitivo rimane l’integrazione verticale dell’azienda, che produce e vende batterie elettriche (principalmente con tecnologia al litio ferro fosfato, LFP, a differenza delle composizioni NMC più costose predilette dai produttori occidentali) che le consente di assemblare EV di alta qualità a prezzi più bassi dei competitor, che invece devono affidarsi ai produttori come Catl, Samsung SDI, SK Hynix o Panasonic (fornitore di Tesla) per i propri sistemi a batteria.
Se il mercato americano rimane inavvicinabile, soprattutto per questioni geopolitiche che già sono manifeste se guardiamo alla partnership nel guado tra Catl e Ford per via di una vera e propria disputa amministrativa con le autorità del Michigan sulla costruzione di una gigafactory, quello europeo – oltre a quello delle economie emergenti in Asia meridionale – è destinato ad essere preso di mira da Byd e dagli altri produttori di auto elettriche cinesi.
La reazione della Commissione europea, che ha deciso di lanciare un’indagine per stabilire se la concorrenza cinese non sia, di fatto, alterata dai sussidi statali e dal presidio del Partito Comunista sull’industria, è una prima contromisura per “proteggere” le case automobilistiche europee dalle conseguenze economiche del piano di riduzione delle emissioni nel segmento della mobilità varato con il Fit for 55 che iniziano a intravedersi.
Ma potrebbe trattarsi di una mossa preventiva, più che protezionistica, verso un trend che deve consolidarsi e che, secondo alcuni numeri, ci racconta anche altro. Secondo l’analisi di Adamas Intelligence, il grosso delle importazioni di veicoli EV dalla Cina quest’anno sono stati da brand non-cinesi, ovvero automakers stranieri che producono in Cina per l’estero. Parliamo di Bmw, Dacia e Tesla. Ad ogni modo e in termini assoluti, la capacità di batterie installate esportate in Europa è cresciuta del 51% per un totale di 14 GWh e nella prima parte del 2023, circa il 19% di questa capacità (inclusi i veicli ibridi) è comunque di manifattura cinese.
Tuttavia, è evidente che per conciliare queste due dimensioni – quella della transizione ecologica con la competitività del settore – sarà necessario soprattutto prendere un serie di iniziative proattive, dal lato dell’offerta, potenziando il tessuto industriale, dagli approvvigionamenti di materie prime critiche alla manifattura di batterie per proporre modelli europei a costi accessibili, a quello della domanda rivedendo lo schema degli incentivi.