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Batterie, ecco l’unica vera arma per competere con la Cina sulle auto elettriche

auto elettrica

Le parole di Elon Musk hanno suonato l’ennesimo campanello d’allarme. Senza dazi, sarà invasione. Servono soluzioni attive. Negli Stati Uniti la strada battuta è quella dell’innovazione, ma resterà difficile realizzare gli obiettivi dell’amministrazione per i veicoli elettrici con il decoupling dalle industrie cinesi…

L’amministratore delegato di Tesla, Elon Musk, nella giornata di ieri durante la conference call per la presentazione dei risultati trimestrali dell’azienda, ha usato parole molto dure per i sogni di elettrificazione del mondo occidentale. “Le case automobilistiche cinesi sono le più competitive al mondo” e senza l’adozione di dazi commerciali, specifica, “praticamente demoliranno la maggior parte delle altre case automobilistiche nel mondo”.

Un’uscita dell’istrionico magnate che sicuramente non avrà fatto molto piacere a Pechino, considerando che Tesla rimane – da poco superata dalla cinese Byd per vendita di auto elettriche nel 2023 – uno dei principali clienti del solido ecosistema delle batterie cinesi. Tesla possiede la sua più grande gigafactory a Shanghai, utilizza le batterie di Catl e si rifornisce da aziende profondamente integrate nella supply chain di litio e cobalto come Ganfeng Lithium e Huayou Cobalt Co.

A dimostrazione di questa integrazione industriale e tecnologica, anche i titoli cinesi dei player cinesi hanno registrato uno scivolone all’uscita dei risultati di Tesla che evidenziano i timori sulla domanda di EV globale.  Le azioni di NIO Inc, Li Auto e Xpeng sono scese tra il 5% e l’8%, mentre quelle di Byd, uno dei principali concorrenti di Tesla, sono scese del 3,5%. Anche Catl ha registrato perdite, seppur limitate, con il titolo sceso dell’1,4% nelle transazioni alla borsa di Shenzhen.

L’azienda ha avvertito che nel 2024 la crescita delle vendite sarà “notevolmente inferiore” rispetto all’anno appena concluso, soprattutto perché sta progettando una nuova generazione di veicoli elettrici che verosimilmente verranno lanciati solo in quello successivo. Tesla ha anche dovuto affrontare un maggiore controllo normativo in Cina, in un contesto di inasprimento delle relazioni tra le due maggiori potenze mondiali sui semiconduttori, altro terreno fondamentale per l’innovazione nell’industria EV come dimostra la partnership tra l’azienda di Musk e il colosso dei chip Tsmc

Nonostante l’anno scorso abbia attuato una strategia di taglio dei prezzi dei suoi veicoli per competere con i veicoli elettrici cinesi a basso costo, Tesla ha dovuto affrontare numerose sfide per mantenere la sua leadership nel settore dei veicoli elettrici. L’amministrazione Biden ha valutato la possibilità di aumentare i dazi sui veicoli elettrici cinesi, con una tariffa attuale del 25% già in vigore. Le clausole dell’Inflation Reduction Act (IRA), che prevedono di erogare metà dei $7,500 previsti a condizione che i materiali contenuti nelle batterie siano al 50% acquisiti da paesi partner (Fta) e da aziende senza l’influenza cinese tra gli investitori, ha messo molti modelli Tesla in difficoltà. Nel frattempo, la Commissione europea sta indagando sulle case automobilistiche cinesi per un potenziale aumento dei dazi, citando il timore che i sussidi dello Stato cinese distorcano il mercato.

Per far fronte all’aumento della concorrenza, Tesla si sta preparando a lanciare un modello a basso costo per entrare nella categoria degli EV economici attualmente dominata da Byd, Geely e Nio. Musk ha annunciato che la produzione di tale veicolo di prossima generazione da 25.000 dollari inizierà a metà del 2025. Tesla ha ridotto i prezzi della Model 3 e della Model Y anche in Cina. La Model 3 Rwd e Lr sono stati abbassati rispettivamente a 245.900 e 285.900 yuan da 261.400 e 297.400 yuan, una riduzione rispettivamente del 5,9% e del 3,9%. Una ‘guerra dei prezzi’ inevitabile per provare ad aggredire ulteriormente il mercato, sacrificando le marginalità.

Il contesto internazionale sicuramente non ha aiutato a rassicurare gli investitori anche per i prossimi mesi. Come ha riportato Reuters, Tesla sospenderà la maggior parte della produzione presso la sua gigafactory di Berlino dal 29 gennaio all’11 febbraio, in seguito alla mancanza di componentistiche cruciali per via dello spostamento delle rotte di trasporto in seguito agli attacchi nel Mar Rosso. Il comunicato stampa dell’azienda ha sottolineato che “i tempi di trasporto notevolmente più lunghi stanno creando un vuoto nelle catene di approvvigionamento”, enfatizzando dunque i rischi di un’eccessiva concentrazione delle forniture da Cina e Corea.

Nonostante le incertezze di mercato e del contesto geopolitico che premono sul futuro di Tesla nel settore dei veicoli elettrici, Musk ha manifestato la volontà di continuare a collaborare con le aziende cinesi attraverso accordi di licenza per la tecnologia a guida autonoma e altre innovazioni. Una collaborazione che certamente dovrà essere calibrata rispetto all’outing geopolitico di Musk, che ha di fatto surrogato la tesi dell’invasione di auto elettriche cinesi senza opportune misure protezionistiche.

Misure difensive che saranno a questo punto inevitabili, ma che non garantiranno alla base industriale americana ed europea il futuro cercando di difendere le posizioni tattiche del breve periodo. I giganti EV cinesi potranno pur sempre contare sulla crescita del mercato interno, sussidi o meno, mentre la pianificazione industriale dell’automotive in Occidente dovrà confrontarsi con le prossime ed imminenti elezioni che potranno cambiare le carte in tavola.

L’unica vera soluzione nel medio-lungo periodo rimarrà scommettere su nuove batterie e soluzioni tecnologiche con partner coreani o giapponesi per ridurre l’esposizione dalle catene di approvvigionamento sulla Cina, abbattere i costi delle auto elettriche e, last but not least, garantire attività manifatturiere. Negli Stati Uniti questo trend è abbastanza evidente come segnalano alcune recenti iniziative.

Innovare per sopravvivere

La start-up delle batterie al litio americana Sion Power  ̶  fondata nel 1994 come spin-off del Brookhaven National Laboratory del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti  ̶  si è assicurata $75 milioni di finanziamento dal produttore di batterie LG Energy Solution, Euclidean Capital dell’investitore Jim Simons e dalla società di gestione dell’ex amministratore delegato di Google Eric Schmidt (oggi a capo della Commissione americana sull’intelligenza artificiale), Hillspire LLC. Sion Power intende utilizzare il capitale per continuare a sviluppare la tecnologia di compressione che, a suo dire, aumenterà l’efficienza dell’autonomia dei veicoli elettrici.

L’accordo forma anche una partnership strategica con la sudcoreana LG Energy Solution, uno dei maggiori produttori mondiali di batterie per veicoli elettrici dietro a Catl e Byd, che sarà fondamentale per aiutare Sion Power a portare sul mercato la sua innovazione. LG ha già annunciato, in seguito all’IRA, $5,6 miliardi di investimenti per costruire una gigafactory in Arizona.

Il ceo di Sion, Tracy Kelley, ha dichiarato che le celle agli ioni di litio di ultima generazione utilizzate nei veicoli elettrici hanno circa una densità di 270 kWh. Grazie alla sua tecnologia di compressione, la cella di Sion Power dovrebbe raggiungere circa 450 kWh, aumentando di gran lunga il range dei veicoli elettrici (di circa il 50% secondo le stime di LG, che sta sviluppando in parallelo una tecnologia simile). Le celle utilizzeranno il litio metallico al posto della grafite o del silicio metallico negli anodi per migliorare l’efficienza energetica.

Un aiuto nello sviluppo di nuovi soluzioni elettro-chimiche nel campo delle batterie potrà arrivare, ironia della sorte, proprio dal settore su cui si concentra la rivalità e la competizione tra Stati Uniti e Cina, e che con la ‘guerra dei chip’ sta indirettamente influenzando altri settori: l’intelligenza artificiale.

L’IA potrà infatti dimezzare i tempi di sviluppo di nuovi materiali per le batterie, contribuendo ad accelerare l’innovazione per l’adozione su ampia scala delle batterie di accumulo e l’abbattimento dei costi dei veicoli elettrici. Secondo Mathias Miedreich, ceo dell’azienda chimica che opera nel settore delle batterie e del riciclo dei materiali Umicore, che collabora con Microsoft, l’IA avrà un “impatto enorme” sulla scoperta e la produzione di nuovi materiali per le batterie. In un’intervista al Financial Times, ha dichiarato che “l’ambizione è, quando si ha un determinato prodotto che si vuole sviluppare, di dimezzare i tempi di commercializzazione. In questo momento stiamo testando i primi progetti per vedere se è concretamente possibile”. Negli ultimi due anni, Umicore si è posizionata come tra i principali fornitori europei di battery metals per EV ad aziende come Volkswagen, BMW e Stellantis, concorrendo con le rivali coreane Posco Holdings, LG Chem e le aziende cinesi.

All’inizio di questo mese, Microsoft ha riferito che la collaborazione con il Pacific Northwest National Laboratory negli Stati Uniti ha dato i primi risultati: grazie all’impiego di un sofisticato algoritmo, è stato possibile restringere 32 milioni di materiali a 18 candidati promettenti per l’uso nelle batterie in sole 80 ore. Il laboratorio, finanziato dal governo americano, sta testando uno di questi materiali, un ibrido tra litio e sodio, che può ridurre il contenuto di litio fino al 70 per cento: una soluzione che sgraverebbe i produttori di batterie e di auto dalle preoccupazioni sugli approvvigionamenti a livello globale e in competizione con le industrie cinesi.

Proprio in questa direzione, James Frith, direttore di Volta Energy Technologies, fondo di investimento specializzato sulle batterie elettriche, è convinto che l’impiego dell’IA in questo settore potrà ridurre il gap tecnologico tra USA e Cina, recuperando il ritardo accumulato in questi decenni avendo di fatto consegnato l’invenzione della batteria al litio ai produttori asiatici.

La ricerca di base continuerà ad essere fondamentale nella ricerca del prossimo breaktrough tecnologico, per superare lo stato dell’arte che si basa ancora sulla batteria agli ioni di litio. Di recente, un team di scienziati dell’Università di Harvard della School of Engineering and Applied Sciences (SEAS) hanno annunciato, all’inizio di gennaio, di aver sviluppato una nuova batteria “allo stato solido” che può essere caricata in tempi rapidissimi e ripetuta per almeno 6.000 cicli, perdendo solo il 20% della capacità nel lungo termine.

La corsa allo sviluppo di batterie allo stato solido si è intensificata negli ultimi anni, poiché la tecnologia è ampiamente considerata come essenziale – al pari delle batterie al sodio, su cui scommette anche Northvolt e corre la cinese Byd – per incentivare il passaggio dalle auto convenzionali a quelle elettriche. Colossi dell’automotive come Volkswagen e Toyota stanno lavorando internamente sulle batterie allo stato solido, con l’obiettivo di lanciarle sul mercato entro il 2030. Il dottor Xin Li, professore associato di scienza dei materiali ad Harvard e a capo del team, ha descritto le batterie allo stato solido come “il santo graal”. Sebbene all’esterno sembrino simili ai modelli agli ioni di litio, le batterie allo stato solido sostituiscono l’elettrolita liquido e organico con un materiale simile ad una ceramica, ma high-tech.

Rimpiazzando, dunque, un conduttore liquido – l’elettrolita delle batterie al litio – con uno solido la batteria diventa più sicura e meno infiammabile. Secondo il team di ricercatori, la nuova composizione supererebbe le performance delle batterie attualmente in commercio avendo una densità energetica di dieci volte superiore a quella che garantisce l’impiego di anodi di grafite tradizionalmente impiegati, oltre ad avere una durata media di 30 anni.

Rimane essenziale, tuttavia, garantire che queste innovazioni possano essere “messe a terra”, con scalabilità industriale e supply chain sviluppate e mature. È per questo che l’Inflation Reduction Act ha previsto circa $6 miliardi di dollari per la creazione di una filiera nazionale. Anche in Europa la nascita di un fondo di venture capital dedicato ai materiali critici segnala la necessità di colmare la lacuna tra obiettivi (come lo European Critical Raw Materials Act) e gli strumenti.

I dati di Benchmark Minerals Intelligence, infatti, continuano ad essere inequivocabili. La transizione energetica, e nello specifico lo sviluppo dell’industria delle batterie nell’ottica del net zero, richiederà investimenti di almeno $514 miliardi lungo tutta la supply chain entro il 2030 per soddisfare la domanda, una cifra prevista quasi raddoppiare a $920 miliardi entro il 2035, anno in cui la legislazione Ue allo stato dell’arte prevede il phase-out dei motori a combustione. È evidente che gran parte di quest’espansione della capacità di produzione (GWh) avverrà in Asia, soprattutto in Cina, per sostenere l’industria EV nazionale e proiettarla all’estero.

La teoria dell’invasione cinese, ora abbracciata anche da Elon Musk, non deve per forza essere una profezia che si auto avvera. Come dimostrano le iniziative precedenti, bisogna affrontare la realtà di un processo trasformativo che molti reputano inevitabile per l’automotive e che i cinesi hanno anticipato di decenni. L’innovazione è una strategia per recuperare terreno, ma non basta. Per rimanere coerenti con gli obiettivi, serve affiancare strumenti all’altezza, salvo accettare il ritorno di fiamma di costi (economico-sociali) che le classi politiche non sembrano volersi fare carico.

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