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Vertice e Piano Mattei. La rotta italiana in Africa spiegata da Menia (FdI)

“L’Italia ha il dovere di provare a offrire un contributo d’insieme, sfruttando le proprie caratteristiche migliori: il sostegno umanitario nella guerra in Medio Oriente, l’ulteriore invio di armi in Ucraina, la presenza di mezzi navali nel mar Rosso, la nostra capacità diplomatica di essere pivot nel costone balcanico. Anche l’Europa lo ha compreso, seppur in ritardo, che è stato un errore macroscopico aver lasciato campo libero a big player, come Cina e Russia in Africa. È il momento di agire, con progettazione, visione e lungimiranza”.  Conversazione con il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia, vice presidente della commissione Difesa/Esteri

Il vertice Italia-Africa in programma a Roma non solo sarà l’occasione per distendere plasticamente il contenuto e gli obiettivi del Piano Mattei, osserva a Formiche.net il senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia, vice presidente della commissione Difesa/Esteri, ma anche l’opportunità per l’Italia di fare qualcosa che mai è stato immaginato prima: costruire, nella straordinaria cornice rappresentata dalla presidenza del G7, una rete di rapporti e partnership con le 50 nazioni africane al fine di cambiare registro rispetto al passato. “Ai critici ricordo che con le ricette andate in scena fino ad oggi i problemi di ieri non sono stati risolti anzi, Cina e Wagner sono penetrati in loco, escludendo l’Ue”.

Da Ursula von der Leyen ai capi di Stato africani: foltissimo il parterre in Senato per il vertice Italia-Africa. Quali gli obiettivi del governo e come verranno realizzati?

Il governo intende presentare il Piano Mattei, uno strumento altamente innovativo che punta a rivoluzionare completamente il concetto di Africa secondo una visione non predatoria: ovvero metterla al centro di un dibattito non sterile e non per sottrarle qualcosa. In troppi fino ad oggi hanno sottovalutato l’approccio, sbagliato, con cui l’occidente si è relazionato con il continente africano.

Quale?

Ritenendo che tutti i fenomeni direttamente riconducibili all’Africa, come i golpe, le rivoluzioni, le carestie, i flussi migratori, le penetrazioni esterne, fossero casi isolati e non legati da un minimo comun denominatore, che è esso stesso causa del risultato finale: si tratta di elementi che hanno come primo impatto l’area euromediterranea, che subisce le conseguenze di quei fatti. La difficoltà nel Sahel, la crisi del grano post invasione russa dell’Ucraina, i golpe orientati dalle influenze della Wagner, le mire sulle terre rare di soggetti attivissimi in loco come la Cina hanno degli effetti comuni in prima battuta sui paesi che si affacciano sul mare nostrum. L’Italia è la prima, come è noto.

Giorgia Meloni fino ad oggi ha parlato di partenariati virtuosi. Come crearli?

Il Piano Mattei indica una rotta, certamente ci aspettiamo una sinergia con le 50 nazioni africane e con l’Ue che già ha manifestato molto interesse per questa iniziativa, come più volte dichiarato pubblicamente dalla presidente della Commissione europea. Il virtuosismo è inteso in senso bilaterale. Perché fino ad oggi nessuno ha immaginato di aiutare l’Africa con un modello anziché solo con la carità? Perché fino ad oggi nessuno aveva intuito che, con interventi mirati e fuori da una cornice strategica, non si sarebbe ottenuto alcun risultato in Africa? Da queste valutazioni che il premier ha fatto è nata un’intuizione. L’Italia si candida ad elaborare un piano innovativo e originale: portare investimenti in Africa, provare a indebolire le cause profonde che spingono molti cittadini a migrare verso l’Europa, rafforzare la stabilità istituzionale. Imboccare dunque una strada nuova. Fare un tentativo è certamente meglio che restare immobili in uno status quo inutile.

Secondo le opposizioni il Piano Mattei è una scatola vuota ed è mancato un coordinamento con gli Stati africani: come risponde?

I colloqui preparatori sono stati significativi, così come i numerosissimi incontri a Palazzo Chigi e in Africa che il premier ha effettuato in questo anno e mezzo. Credo siamo nell’ordine della cinquantina: altro che mancato coordinamento. Ultimi in ordine di tempo quelli intercorsi ieri tra Giorgia Meloni con il presidente dell’Algeria Abdelmadjid Tebboune e con il presidente dell’Egitto Abdelfattah al-Sisi. Tunisia ed Egitto, così come gli altri Paesi coinvolti, rappresentano un’occasione utile per invertire la tendenza, strutturare una tela di relazioni euromediterranee con un piglio non più colonialista, ma basato su un modello di azione e cooperazione non predatoria. Se ne è accorto anche il quotidiano francese Le Monde che l’Italia si è riposizionata in Africa proprio nel momento di maggiore difficoltà francese. Significa che dietro la scelta del Piano Mattei e del vertice Italia-Africa c’è stata una fase che prima è mancata: l’elaborazione stessa dell’Africa, la sua comprensione approfondita al di là di stereotipi tanto cari alla sinistra, l’approccio pragmatico e non ideologico come invece hanno fatto altri. Piuttosto, mi spiace che le opposizioni perdano l’opportunità di fare squadra su un tema di comune interesse, come il futuro delle relazioni italiane, europee ed africane.

Piano Mattei, G7. Ma anche Indo Pacifico, fronte sud e Mediterraneo allargato, da Gibilterra al Caucaso. In che modo e con quali strumenti l’Italia potrà recitare un ruolo geopolitico più attivo?

In primis con una mentalità da attore globale. Non sfugge che la concomitanza di eventi che si stanno intrecciando in questi mesi, come le guerre a Kyiv e Gaza (dopo la pandemia), gli attacchi mirati ai traffici commerciali degli Houthi, le tensioni mai sopite nei Balcani rappresentano terreni di crisi interconnessi. La globalizzazione ci impone, anche geopoliticamente, un’attenzione a 360 gradi. L’Italia ha il dovere di provare a offrire un contributo d’insieme, sfruttando le proprie caratteristiche migliori: il sostegno umanitario nella guerra in Medio Oriente, l’ulteriore invio di armi in Ucraina, la presenza di mezzi navali nel mar Rosso, la nostra capacità diplomatica di essere pivot nel costone balcanico. Anche l’Europa lo ha compreso, seppur in ritardo, che è stato un errore macroscopico aver lasciato campo libero a big player, come Cina e Russia in Africa. È il momento di agire, con progettazione, visione e lungimiranza.

@FDepalo


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