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Così Catl lancia la guerra sui prezzi delle batterie per auto elettriche

Il gigante cinese ha annunciato una strategia di taglio dei prezzi per consolidare il suo vantaggio tecnologico sul mercato. Una mossa aggressiva che avrà un duplice effetto

Era solo questione di tempo, ma alla fine i grandi produttori di batterie e auto elettriche cinesi hanno deciso di calare l’asso. Secondo quanto ricostruito da CnEVPost lo scorso gennaio, il più grande produttore di batterie al litio al mondo, Catl, ha deciso di ridurre il costo per kWh delle sue celle al litio ferro fosfato (Lfp) – le più economiche attualmente sul mercato rispetto a quelle ricche di nichel, manganese e cobalto – del 50% entro le metà del 2024.

La mossa, dunque, sembra aprire un nuovo capitolo che potrebbe portare le auto elettriche (EV) verso la parità nei confronti dei veicoli a combustione, che stando al phase out programmatico della Commissione europea dovrebbero scomparire dai listini dei principali produttori che vorranno vendere in Europa a partire dal 2035 (salvo clamorosi dietrofront in seguito ai risultati delle elezioni europee di giugno che potrebbero cambiare gli equilibri politici nel Parlamento Ue a Strasburgo).

Secondo quanto ricostruito dal sito specializzato, le celle quadrate (148 mm x 26,5 mm x 91 mm) da 173 amphere, specifiche VDA (uno standard stabilito dall’Associazione tedesca dell’Industria automotive) possono essere caricate completamente in meno di 30 minuti e, secondo il rapporto, vendute a diversi produttori di veicoli elettrici ad un pezzo medio che si aggirerebbe intorno ai $56,47 al kilowattora, ovvero circa 51 euro al cambio. Si tratterebbe, appunto, di un prezzo dimezzato rispetto a quello registrato nel corso del 2023, intorno ai 800-900 remimbi al kWh. Una riduzione strategica che consentirebbe di arrivare a circa 3.000 euro per un pacco batteria (BEV) da 60 kWh, consentendo dunque ai suoi clienti di proporre EV a prezzi di listino ridotti rispetto ai prezzi concorrenziali.

Secondo alcune stime dell’Institute of Automotive Technology della Technical University of Munich del 2021, i costi diretti per la fabbricazione di una batteria per EV ammontavano a circa poco meno della metà del costo finale dell’intero veicolo. Seppur si tratti di una stima che non può essere applicata in generale (ogni veicolo elettrico BEV o ibrido utilizza un pacco batteria a seconda delle specifiche tecniche dell’OEMs, dal range, alla velocità di ricarica e altri parametri fino alla tipologia di catodi utilizzati, che rappresentano circa le metà del costo delle celle per kWh), questo potrebbe implicare un’importante riduzione del prezzo di listino e al consumatore finale, al netto degli incentivi (se presenti) a livello nazionale, e un aumento dei margini di profitto delle case automobilistiche.

L’accessibilità dei veicoli elettrici, senza contare le infrastrutture di ricarica, rimane infatti una questione dirimente per aumentare le quote delle vendite e il numero di EV nel parco circolante. Ma da un punto di vista tecnologico, quello che ha realizzato Catl rappresenta un punto di arrivo dopo oltre un decennio di investimenti e guadagni in efficienza nelle sue linee produttive, principalmente grazie a R&D ed economie di scala garantite dalla generosa politica industriale dello Stato cinese.

Nel complesso, la riduzione del costo delle batterie è stata dirompente nell’ultimo decennio. Il tasso di apprendimento dei costi delle batterie dalla prima introduzione della batteria agli ioni di litio nel 1991, da parte di Sony Corporation, è stato del 19%. Ciò significa che i prezzi delle batterie sono diminuiti del 19% per ogni raddoppio della loro diffusione grazie all’economia di scala indotta dall’avvento dell’elettronica di consumo. Per le batterie al litio utilizzate negli EV, il tasso di apprendimento è stato del 29% negli ultimi vent’anni. Nel 2014, nel suo libro Clean Disrpution, Tony Seba prevedeva che il costo di $50/kWh sarebbe stato raggiunto nel 2027, ma sembra che Catl abbia deciso di anticipare il traguardo di ben tre anni.

Secondo le stime di BloombergNEF, il prezzo medio cumulato di pacchi batteria e celle è passato da $780/kWh nel 2013 (anno in cui usciva la prima Tesla Model S) a circa $139. Su base regionale, i prezzi medi sono stati i più bassi in Cina, con 126 dollari/kWh. Negli Stati Uniti e in Europa i pacchi sono stati superiori rispettivamente dell’11% e del 20%, riflettendo una relativa immaturità di questi mercati, i costi di produzione più elevati, i volumi di vendita più bassi e la diversità delle applicazioni. Da un punto di vista tecnologico, l’industria delle batterie ha deciso di puntare con più decisione alla chimica catodica a basso costo (Lfp). In media, le celle LFP erano più economiche del 32% rispetto alle celle al litio, nichel, manganese e cobalto (Nmc) nel 2023. Ecco perché ora i grandi automakers come Tesla cercano di replicare – IRA permettendo – queste linee produttive negli Stati Uniti, considerando la tradizionale vocazione dell’azienda di Elon Musk per le celle Nca (niche-cobalto-alluminio).

Non solo. Anche produttori come LG Energy Solution e Samsung SDI, preoccupati dalla strapotenza di Catl e Byd (che hanno catturato circa del 57% del mercato delle batterie elettriche nel 2023) sulla tecnologia Lfp, hanno deciso di correre ai ripari, prevedendo nuove linee produttive. Difendere o cercare maggiore share di mercato, e mantenere buoni margini di profitti, rappresenta una questione di vita o morte, considerando l’alta intensità di R&D dedicata dai produttori per spingere la frontiera tecnologica verso nuove e promettenti soluzioni. Uno dei punti fondamentali è infatti l’aumento della densità energetica delle batterie, che si traduce in maggiore autonomia del veicolo: questa corsa sarà particolarmente interessante ora che i brevetti di Catl sulle batterie al litio-ferro-fosfato stanno per scadere, rendendo le loro batterie ad alta densità energetica più ampiamente disponibili sul mercato (diminuendo così i costi d’investimento e le barriere all’ingresso) e stimolando la stessa Catl a innovare ulteriormente per trovare una nuova chimica da brevettare e commercializzare (come quelle allo stato solido sulla quale, insieme a Byd e ad altri centri di ricerca, la Cina punta per non perdere la leadership).

Ma cosa ha spinto Catl a ricorrere al taglio aggressivo dei prezzi? Da una parte, l’aumento della concorrenza. Due driver sono stati particolarmente influenti. I prezzi in piacchiata di litio e nichel hanno rappresentano una finestra di opportunità per i produttori di batterie coreani di migliorare i propri bilanci; in secondo luogo, le opportunità offerte dall’Inflation Reduction Act (IRA) che ha aperto le porte alla Corea del Sud. Secondo gli ultimi dati di SNE Research, le installazioni di batterie nei mercati fuori dalla Cina sono aumentate del 43.2% nel 2023, a circa 320 GWh, con LG Energy Solution che ha contato per circa il 28% delle installazioni. Una crescita del 32.9% annuale. Il gigante Catl ha seguito poco dietro, con 87.8 GWh installati (uno share di mercato del 27.5% fuori dalla Cina). Al terzo posto, la giapponese Panasonic, principale partner commerciale di Tesla, con il 14% dello share. Secondo la società di ricerca con sede a Seoul, le aziende cinesi come Catl e Byd hanno registrato tassi di crescita maggiori sui mercati internazionali rispetto al mercato domestico: un dato che dimostra dove e verso chi potrebbe essere rivolta la strategia di taglio dei prezzi. Tra le case europee che impiegano pacchi batteria realizzati dall’azienda fondata da Robin Zeng, BMW (che ha di recente firmato un accordo con Albemarle per diversificare gli approvvigionamenti di litio), General Motors, Mercedes-Benz, Volvo e le Model 3 e Model Y che escono dalla gigafactory di Shanghai. Anche Tesla ha deciso di tagliare i prezzi di listino di alcuni suoi modelli, sotto pressione dopo che nel mese di dicembre la cinese Byd l’ha superata per numero di EV venduti.

Il secondo elemento che probabilmente ha spinto Catl a rilanciare al ribasso è il lancio di nuovi modelli EV con prezzi al dettaglio più bassi. È il caso di Byd che la scorsa settimana ha annunciato le versioni aggiornate della Qin Plus DM-I e la Destroyer 05, entrambe plug-in hybrid. Il prezzo? Circa $11,000, il 20% in meno rispetto ad un veicolo tradizionale della stesso format. Un modo per stimolare l’interesse e la domanda dei consumatori, in un contesto di mercato che ha visto comunque la crescita delle vendite dei veicoli BEV nel periodo gennaio-novembre dello scorso anno (in Europa del 26% su base annuale e in Cina del 29%). L’aggressiva strategia dei prezzi intrapresa anche di Byd ha costretto i concorrenti a rispondere. La joint venture cinese di General Motors con SAIC e Wuling, così come Changan e Hozon, questa settimana hanno abbassato i prezzi dei loro modelli base al di sotto della soglia “psicologicamente importante” dei 100.000 yuan.

“È un anno critico per le aziende produttrici di veicoli a nuova energia nel 2024, a causa della forte concorrenza”, ha dichiarato al South China Morning Post Cui Dongshu, segretario generale della China Passenger Car Association: “La maggior parte degli assemblatori di auto è destinata a offrire sconti e a ingaggiare guerre sui prezzi per mantenere le quote di mercato”.

La maggiore popolarità della tecnologia Lfp in Cina è un driver di medio-lungo periodo che continuerà a favorire la posizione di mercato di Catl, come dimostra la partnership siglata con Stellantis. Vi è, infine, anche la consapevolezza che il contesto geopolitico e macroeconomico nel medio periodo potrebbe rapidamente mutare, con rischi quali la probabile elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti, che potrebbe far retrocedere gli standard di emissioni fissati dall’Environmental Protection Agency (EPA) americana su stimolo dell’amministrazione Biden, e i risultati incerti delle elezioni europee.

Proprio sul fronte dell’Ira vi sono interessanti sviluppi che vedono proprio Catl reagire alle clausole anti-Pechino della misura legislativa. Secondo alcune ricostruzioni, il produttore cinese avrebbe rivisitato la struttura societaria per evitare di incorrere nella definizione di foreign entity of concern (Feoc) come previsto da una nota del Dipartimento di Giustizia americano. Secondo un documento interno dell’azienda con sede a Ningde, la ristrutturazione consentirebbe all’azienda di operare con maggiore flessibiltà, migliorare il decision-making e promuovere la strategia di sostenibilità dell’azienda. Tuttavia, è plausibile che il provvedimento sia stato predisposto per mitigare il rischio di vedersi esclusa dalla filiera americana: un precedente accordo, infatti, aveva unito le quote di Robin Zeng, fondatore, presidente e direttore generale di CATL, e Li Peng, vicepresidente. Insieme detenevano il 27,9% della società. Data la posizione di Zeng come membro della Conferenza consultiva politica del popolo cinese (un organo consultivo del governo) e la partecipazione superiore al 25% nell’azienda, ciò farebbe di Catl – al pari delle entità sotto il controllo dello Stato – una Feoc secondo la legge americana. Di conseguenza, le celle realizzate dalle filiali estere di Catl, con una partecipazione superiore al 50%, non sarebbero ammissibili ai crediti d’imposta previsti dall’Ira. Secondo un’interpretazione comune, lo scioglimento dell’accordo implicherebbe che le filiali di Catl non sarebbero più designabli come Feoc, poiché la partecipazione di Zeng scenderebbe al 23,5%, al di sotto della soglia del 25% prevista.

Attualmente Catl fornisce consulenza tecnica a Ford, che sta costruendo un impianto di batterie Lfp nel Michigan (fortemente osteggiato dai repubblicani per la partnership con l’azienda cinese), utilizzando la sua tecnologia. Un altro impianto, sempre in joint-venture, è in fase di studio in Messico e rappresenta la chiara intenzione delle aziende cinesi di provare a penetrare il mercato americano approfittando della spinta alla regionalizzazione delle filiere verso Paesi con cui gli Usa hanno un accordo di libero scambio. Per motivi di sicurezza nazionale, e spinta dal Congresso, l’utility americana Duke Energy ha annunciato di rinunciare ai progetti congiunti con Catl dalle sue infrastrutture civili per preservarle da possibili rischi cyber oltre a voler incentivare l’offerta di batterie negli Stati Uniti.

In conclusione, la scelta di Catl è una tattica di breve periodo che si allinea all’esigenza dei suoi clienti. Se da una parte la geopolitica continuerà ad influenzare la geografia della filiera delle batterie, nel medio-lungo periodo i rapporti di forza saranno dettati dalla tecnologia, che evolverà a seconda delle esigenze di mercato. L’abbondanza teorica dei materiali per far leva sull’accumulo elettrochimico ha reso (e renderà) ampio il ventaglio delle possibilità, con più soluzioni tecnologiche a disposizione per aumentare l’efficienza, la densità energetica delle batterie al litio e di quelle ancora da commercializzare in scala (come quella al sodio su cui la stessa Catl e Byd puntano con decisione, al pari della star up europea più promettente, Nortvolt). Il punto critico rimane come l’innovazione potrà sconvolgere le gerarchie di mercato, determinare la velocità di adozione degli EV e cambiare le carte in tavola per gli investimenti da effettuare lungo l’intera supply chain, considerando la necessità di costruire filiere a supporto. Perché da questo punto di vista, la tecnologia evolve rapidamente e non fa prigionieri.

 


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