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Uragano Trump. Quali prospettive per le supply chain occidentali?

Oltre all’Alleanza atlantica c’è un intreccio di iniziative e dialoghi transatlantici pensati per consolidare il fronte economico occidentale. Dalle materie prime ai chip, passando per l’acciaio e la sovraccapacità cinese, ma anche per l’allineamento legislativo. E questa volta l’ex presidente potrebbe invertire davvero la direzione

Sabato, dal palco di una manifestazione, Donald Trump ha innescato una tempesta di preoccupazione con le sue dichiarazioni sulla Nato. Ricordando un episodio avvenuto quando l’ex presidente era in carica (e che diversi addetti ai lavori non ricordano affatto), il favorito alla corsa per la presidenza Usa si è scagliato contro le nazioni Nato che non finanziano l’Alleanza quanto dovrebbero, sostenendo che le avrebbe lasciate alla mercé della Russia, ignorando gli impegni di difesa collettiva.

Anche se si fosse trattato “solo” di una boutade elettorale, l’impatto e la risonanza del commento hanno evidenziato quanto l’Europa sia rimasta scottata dalla scorsa presidenza Trump – e quanto sia incline a credere alle asserzioni di The Donald, che in passato si è mostrato ben più rigido con gli alleati europei di tutti i suoi predecessori. Specie sul fronte commerciale. Ma lo scenario internazionale è molto cambiato da allora, e la progressiva securitizzazione delle relazioni ibrida sempre più l’economico e lo strategico.

L’approccio transazionale del tycoon, riconosciuto dai più come una tattica negoziale, si era tradotto in una guerra dei dazi. Nelle scorse settimane è tornato a promettere che utilizzerà tutte le armi a sua disposizione per ricalibrare quella bilancia commerciale che oggi pende verso l’Ue – ma solo per quanto riguarda i beni. I servizi sono tutt’altra storia, benché meno spendibili elettoralmente. Motivo per cui la squadra dell’autoproclamato “Tariff Man” starebbe considerando una tariffa minima generale del 10% contro l’Ue (ma anche rappresaglie per le nuove leggi europee per il mercato e i servizi digitali che implicitamente colpiscono in maniera sproporzionata i campioni della tecnologia statunitense).

Stando a tutto questo, il fronte commerciale con l’Ue rischia di diventare rovente. Certo non è tutto tranquillo al momento. L’innesco originario della diatriba commerciale – i dazi Usa su acciaio e alluminio, cui l’Ue aveva risposto con una serie di dazi su prodotti statunitensi iconici – è ancora una questione sospesa nonostante il riguardo che l’attuale presidente Joe Biden riserva agli alleati europei. E il dossier interseca sia gli sforzi di decarbonizzazione delle due economie (vedi alla voce Inflation Reduction Act), sia la creazione di un fronte comune contro la sovraccapacità produttiva cinese.

Declinato in maniera diversa, lo stesso sforzo innerva anche una serie di iniziative nel campo dei materiali critici – come la Minerals Security Partnership che vuole creare una rete di nazioni “amiche” lungo le catene di approvvigionamento più cruciali, e più esposte a Pechino. Mentre più a valle delle catene del valore ci sono allineamenti tra autorità statunitensi, olandesi e giapponesi sui limiti all’esportazione di semiconduttori e strumenti per fabbricarli verso la Cina. Intanto, gli alleati transatlantici collaborano su progetti internazionali che spaziano dalle telecomunicazioni alle infrastrutture, passando per gli investimenti.

Ancora: le indagini Ue in corso su auto elettriche e acciaio cinesi, l’identificazione delle tecnologie critiche da proteggere da Pechino, l’adozione di nuovi strumenti anti-coercizione e di controllo degli investimenti, l’imposizione di sanzioni parallele sulla Russia e le operazioni speculari nel Mar Rosso evidenziano come Bruxelles si stia avvicinando sempre più a Washington. Tutte queste direttrici sono predicate su un’intesa politico-economica dal sapore democratico, che Usa e Ue stanno consolidando in opposizione agli sforzi delle autocrazie.

Visto il livello di integrazione tra i due alleati, e preso atto delle posizioni di Trump, è normale che l’Ue stia pianificando come rispondere a eventuali misure commerciali punitive che colpirebbero l’economia europea se il tycoon tornasse alla Casa Bianca. Un funzionario europeo ha detto a Bloomberg che sta ai Paesi dell’Ue prepararsi a dovere. Ma tanto dipenderà dalla versione di The Donald che si potrebbe materializzare: quella che a muso duro ha portato i Paesi europei ad alzare il livello di contributi alla Nato, consolidando (a modo suo) il fronte occidentale, o quella talmente isolazionista da lasciare soli gli europei e togliere ossigeno a tutti gli sforzi occidentali?


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