I 150 milioni europei possono mescolarsi agli spunti del Piano Mattei nella cornice del G7: la valenza di questa decisione è da pesare in relazione alle condizioni generali in cui versa non solo la Tunisia, ma più in generale quella macro area interessata da sommovimenti che ne influenzano le future scelte
Fondi europei, Piano Mattei e cornice del G7. I 150 milioni di euro per sostenere le riforme economiche in Tunisia si inseriscono all’interno del Memorandum d’intesa siglato l’estate scorsa a Tunisi, quando Giorgia Meloni aveva visitato Kais Saied (dopo le sollecitazioni al consiglio europeo) con il numero uno della Commissione e con il premier olandese Mark Rutte, in cui era prevista “erogazione urgente di quei fondi al fine di conferire al Paese la stabilità macroeconomica”. Lo sblocco dei denari da parte di Bruxelles tra l’altro mette Tunisi dinanzi alle proprie responsabilità e offre gli strumenti necessari per agire in una serie di dossier.
I fondi
Un passo importante nel quadro dell’accordo concluso l’anno scorso e un buon passo avanti nel nostro partenariato, lo ha definito la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che mettono in evidenza un impegno preciso portato a termine. In sostanza si tratterà di una sovvenzione erogata sulla base dei progressi effettuati dal Paese nell’attuazione delle riforme strutturali ed è la seconda erogazione prevista dal Memorandum.
L’accordo “ha cominciato a dare i suoi frutti per tutti”, ha commentato il commissario per l’Allargamento, Olivér Várhelyi secondo cui questo assegno staccato verso Tunisi “segue gli sforzi della Tunisia nella gestione delle finanze pubbliche e nel clima imprenditoriale e degli investimenti”. È chiaro che si tratta solo di una parte del piano complessivo dell’assistenza da oltre un miliardo di euro che resta ancorato al maxi-prestito da 1,9 miliardi che il Fondo monetario internazionale tiene congelato da oltre un anno. Ma rappresenta la plastica azione delle istituzioni comunitarie al fine di mettere Saied nelle condizioni di agire in una doppia direzione: modernizzare i settori del suo Paese desiderosi di profonde riforme e, al contempo, lavorare per contrastare il traffico di esseri umani.
Modello
Già in occasione della visita di Meloni, von der Leyen e Rutte a Tunisi, il Memorandum con la Tunisia era stato definito un modello di partenariato strategico globale per il Nordafrica, così da essere replicato nei Paesi vicini come l’Egitto, con l’obiettivo di stemperare l’immigrazione clandestina in partenza dalla Tunisia e combattere il traffico di esseri umani. La valenza di questa decisione è da pesare in relazione alle condizioni generali in cui versa non solo la Tunisia, ma più in generale quella macro area interessata da sommovimenti che ne influenzano le future scelte: gli squilibri presenti ancora in una Libia alla ricerca della stabilità istituzionale, i golpe “telecomandati” da players esterni come la brigata Wagner, le pressioni di chi mira alle terre rare.
È alla luce di tutto questo portato che le policies europee in loco devono essere costanti e indirizzate verso una presenza non saltuaria, tema a cui il governo italiano, come è noto, ha dedicato il Piano Mattei, presentato in occasione del Vertice Italia-Africa dello scorso gennaio.
Accuse cadute
Cadono così le accuse mosse da alcune parti, tra cui Amnesty International, secondo cui il MoU firmato nel luglio 2023 tra l’Ue e la Tunisia per la gestione dei flussi migratori sarebbe fallito, anche perché gli arrivi illegali sono aumentati nel corso dell’anno anche a causa delle contaminazioni geopolitiche “esterne” in tutta la fascia nordafricana e del Sahel. La firma di luglio, seguita da iniziative come quella italiana, punta a salvaguardare la porta meridionale dell’Europa attraverso il corridoio centrale del Mediterraneo, così come osservato dal commissario europeo per gli affari interni Ylva Johansson, che davanti alla commissione Libe del Parlamento europeo ha definito la Tunisia un “partner chiave” nel Nord Africa: “Le partenze dei migranti dall’inizio di ottobre sono diminuite significativamente, nella misura dell’80-90% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I fondi europei per la Tunisia legati all’immigrazione non vanno ‘agli amici degli amici’, ma a organizzazioni internazionali come l’Oim e l’Unhcr”.