L’occasione è la tavola rotonda “Dove l’Europa incontra il Mediterraneo” promossa dalla Fondazione Merita e ospitata nelle Gallerie d’Italia di Napoli. Per Fitto la nuova visione immaginata dal governo circa una Zes unica “può rappresentare una grande opportunità per il Paese, in grado così di diventare luogo di attrazione per investimenti a livello internazionale”. Urso: “Siamo sl lavoro per mettere in sintonia gli obiettivi del Global Gateway con l’attività del Piano Mattei, che vogliamo diventi modello per ingaggiare gli altri Paesi europei”
Si chiama Zes unica lo strumento immaginato dal governo per attrarre investimenti internazionali al centro del Mediterraneo. L’annuncio arriva da Napoli, per bocca del ministro per gli Affari Europei, il Sud e le Politiche di coesione, Raffaele Fitto. L’obiettivo è, dopo anni di fondi a pioggia e a mancata progettazione, offrire una visione ad un pezzo d’Italia che è intimamente connesso al Mare Nostrum, quindi al sud dell’Europa ma anche al nord dell’Africa. Lo sottolinea con veemenza Fitto quando mette l’accento su un passaggio nevralgico: solo in questo modo si potranno favorire quelle condizioni di sviluppo “che fanno parte di una visione che il governo ha messo in campo da tempo e che si sviluppa non soltanto con il grande potenziale del Mezzogiorno di Italia ma che si sviluppa anche con un altro aspetto molto importante, che è quello dell’attuazione del piano Mattei”.
Sud: tra Europa e Mediterraneo
L’occasione è la tavola rotonda “Dove l’Europa incontra il Mediterraneo” promossa dalla Fondazione Merita e ospitata nelle Gallerie d’Italia di Napoli, momento di confronto a più cervelli per fondere tematiche altamente strategiche, come energia, geopolitica, investimenti e Africa. L’indirizzo indicato dal ministro di FdI è che la logica delle otto piccole zes presenta molteplici inconvenienti, per questa ragione è inadeguata alle nuove sfide che l’Italia e il Mezzogiorno hanno di fronte.
Di contro la cosiddetta Zes unica consente di superare alcuni limiti delle singole: “Negli anni scorsi ci sono state aziende che avevano metà azienda in zona Zes e metà fuori da area Zes. Con la Commissione europea abbiamo avviato un confronto serrato per raggiungere un risultato che, solo quando è stato definito, è stato annunciato”. Ecco che la nuova visione immaginata dal governo circa una Zes unica “può rappresentare una grande opportunità per il Paese, in grado così di diventare luogo di attrazione per investimenti a livello internazionale”.
Qualità della spesa
C’è un nesso, abbastanza significativo, tra il sud e il nuovo modus di spendere il denaro pubblico, ed è la qualità della spesa. Secondo Fitto è decisiva rispetto alla grande mole del debito pubblico contratto per il Pnrr. “Spesso nel dibattito pubblico si omette o si dimentica che il Pnrr e il Pnc non sono dei regali che ci sono stati donati e che noi dobbiamo spendere, ma sono dei programmi che hanno due caratteristiche. La prima è che ci hanno visto assegnare delle risorse in base a dati economici post Covid drammatici, i peggiori in Europa”. Per questa ragione ricorda i termini di quei fondi: avendo l’Italia ha preso il 100% della sua quota a debito, il nostro paese ora ha 122 miliardi di euro a debito, 68 – diventati in sede di revisione 71 – a fondo perduto, 30 miliardi di fondo complementare sempre a debito.
Punta il dito sui tempi il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, secondo cui i Fondi di sviluppo e coesione sono arrivati con un anno e mezzo di ritardo, e fanno parte di una dotazione sulla programmazione settennale dei fondi europei. “Purtroppo non tutte le Regioni le spendono. Dobbiamo essere messi nelle condizioni di spendere e fare bene. Non ci sono solo i 200 miliardi circa del PNRR; tra FSC e fondi settennali arriviamo a una cifra che supera probabilmente i 300 miliardi per il Paese, ma di quanti se se stanno spendendo?”, si chiede.
Energia e sviluppo
Ma non c’è solo l’atavico tema del debito a gravare i ragionamenti sul sud e sulle prospettive di sviluppo, bensì una straordinaria innovazione che prende il nome di energia. Non sfugge che, a maggior ragione dopo la guerra in Ucraina che ha ridisegnato le traiettorie energetiche europee e orientali, il Mezzogiorno d’Italia sia diventato centrale quanto a infrastrutture (Tap) e strategie.
Lo ha ricordato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, secondo cui il sud già oggi è un essenziale hub energetico europeo e hub elettrico nel Mediterraneo: “L’Italia infatti costituisce un ponte tra Europa e sponda Sud del Mediterraneo, soprattutto ora che la frontiera orientale europea si è chiusa. Noi come Governo siamo al lavoro per mettere in sintonia gli obiettivi del Global Gateway con l’attività del Piano Mattei, che vogliamo diventi modello per ingaggiare gli altri Paesi europei; tutto questo passa attraverso il Mezzogiorno e la politica industriale, concentrata su dossier fondamentali, siderurgico e portuale in primis”.
Tap + Etna Valley
Il riferimento è, guardando al recente passato, al gasdotto Tap, il Trans Adriatic Pipeline parte del Corridoio Meridionale del Gas, che trasporta in Europa il gas naturale del giacimento di Shah Deniz II in Azerbaijan. Collegandosi con il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) alla frontiera greco-turca, attraversa il nord della Grecia, l’Albania e il Mare Adriatico prima di approdare nel sud Italia, in Puglia.
Per anni è stato avversato da associazioni e partiti, che non ne avevano compreso la finalità, oggi grazie al gas azero l’Italia soddisfa il 10% delle sue esigenze di gas e con il progetto legato al raddoppio i numeri non potranno che migliorare, passando da 10 a 20 miliardi di metri cubi. Cinque i soci presenti nel gasdotto: gli azeri di Socar, l’inglese Bp, l’italiana Snam, la belga Fluxys e la spagnola Enagàs. Ma non è tutto, perché Urso ha annunciato che l’Etna Valley ospiterà il più grande polo di sviluppo della microelettronica e il maggiore polo tecnologico green d’Europa.