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L’Australia apprezza il sostegno dell’Italia per la libertà dell’Indo Pacifico. Parla Turton

In una intervista a margine di un evento organizzato da Formiche con l’ambasciata d’Australia a Roma, la vice-marshal Turton (che cura i rapporti della Difesa australiana con Nato e Ue) spiega la percezione che i Paesi dell’Indo Pacifico hanno delle attività italiane nella regione

In una tavola rotonda organizzata da Formiche insieme all’ambasciata australiana, alla residenza della chargé d’àffairs, Alison Burrows, la Air vice-marshal Dianne (Di) Turton — la persona che cura le connessioni della difesa australiana con la Nato e l’Unione europea – ha ragionato anche sul ruolo dell’Italia nell’Indo Pacifico.

Spiegando come viene percepito l’attuale interessamento italiano all’Indo Pacifico dai Paesi della regione come l’Australia, e del ruolo che il nostro Paese potrebbe avere nel security eviroment regionale (tema prioritario, tra l’altro di un recente incontro a Washington a cui ha partecipato il segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia, e il vice segretario di Stato Kurt Campbell), Turton ha detto: “All’interno dell’Australia, c’è una forte e profonda affinità culturale con l’Italia, sostenuta da stretti legami people-to-people”. Oltre un milione di australiani è di origine italiana, e Turton ricorda che dopo le migrazioni post Prima e Seconda Guerra Mondiale, la comunità italiana in Australia è vista come portatrice di un grande contributo alla società australiana, (“inclusa la cultura, la moda, la cucina e i valori condivisi di famiglia e amicizia”).

“Nonostante i crescenti impegni militari dell’Italia nell’Indo Pacifico, le politiche di sicurezza e difesa dell’Italia sono principalmente viste attraverso la sua appartenenza alla Nato, all’Ue e al G7. I principali interessi di sicurezza dell’Italia sono considerati il Mediterraneo, il Nord Africa, i Balcani e il Medio Oriente, e quindi l’attenzione è rivolta ai suoi impegni militari in quelle regioni”. Tuttavia, spiega a Formiche.net, “a differenza di altri stati europei (Regno Unito, Francia, Germania, Paesi Bassi), gli impegni dell’Italia nell’Indo Pacifico non sono oscurati da eredità coloniali”.

Interconnections” è la parola chiave del momento. “Con il campo di battaglia moderno che è globale per natura, l’importanza delle partnership tra Paesi affini è vitale per mantenere l’ordine basato sulle regole globali e attuare una strategia di deterrenza contro gli attori che cercano di cambiare lo status quo non può essere sottovalutata”, spiega.

Cosa significa questo nel dominio militare? “Potrebbe comprendere esercitazioni congiunte, condivisione di informazioni, dottrine comuni, standard e procedure operative tattiche, e acquisizione di piattaforme e hardware militari comuni. Questo presenta un chiaro messaggio di interoperabilità strategica supportato dalla capacità di dispiegare congiuntamente e condurre operazioni in tutto il mondo”.

Per tale ragione, secondo la vice-marshal “il dispiegamento dell’Italia, insieme ad altre nazioni europee, di piattaforme militari e personale per esercitazioni di alto livello nell’Indo Pacifico, l’esercizio della libertà di navigazione attraverso il Mar Cinese Meridionale, gli scambi di informazioni e il dialogo strategico, sia attraverso la Nato che a livello bilaterale, sono accolti con favore da molti Paesi nell’Indo Pacifico preoccupati per l’erosione delle regole e delle norme globali”. 

Un termine che va molto di moda in questa fase è “grey-zone” e serve a indicare quelle attività che si svolgono su una zona grigia, indefinibile, dove manovre da tempi di guerra avvengono per esempio in tempo di pace. Per esempio, in queste ore la Cina (che spesso fa da paradigma per le grey-zone operations) ha accerchiato Taiwan con manovre militari pensate come dimostrazione muscolare per punire l’inaugurazione del nuovo ciclo presidenziale incarnato da William Lai (qui il racconto scritto con Gabriele Carrer, che è ancora a Taipei).

Da quanto spiegato da Turton, c’è anche un altro livello di zona grigia, che potremmo definire diplomatico. Per esempio, Turton spiega che “a causa degli squilibri di potere, molti Paesi [dell’Indo Pacifico] non esprimono pubblicamente questo supporto, ma lo fanno privatamente”, riferendosi al “supporto” fornito all’ordine basato sulle regole dal dispiegamento di assetti militari occidentali nella regione – come quelli italiani, appunto. “La mancanza di supporto pubblico non dovrebbe comunque essere vista come una resistenza all’impegno”, aggiunge.

L’intervista a Turton fa da elemento conduttore dell’edizione di questa settimana Indo Pacific Salad, “Un salto in Australia”, nella quale si parla anche di Cina (e Russia), di Mar Cinese, di guerra ibrida e si appuntano sul “Diario Indo Mediterraneo” i principali eventi avvenuti questa settimana nella fascia di interconnessione tra Mediterraneo allargato e Indo Pacifico. Per iscriversi, basta seguire questo link.

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