Nel suo discorso di apertura della Conferenza di Roma la premier cerchia in rosso due concetti: investimento accanto a ricostruzione. Il messaggio lanciato agli imprenditori è di non avere paura, oltre a paletti ben piantati nel terreno di contratti e progetti quando dice che chi aiuta o ha aiutato Mosca in questo disegno bellico non avrà benefici nella ricostruzione
Un pezzetto d’Europa (e d’Italia) in ogni mattone dell’Ucraina che rinascerà dopo la ricostruzione. Sceglie la metafora delle macerie e dello sforzo, compiuto anche dall’Italia post secondo conflitto mondiale, Giorgia Meloni nel suo discorso di apertura della conferenza sull’Ucraina in corso a Roma. Un vademecum dove riesce a far coesistere le motivazioni del sostegno alla resistenza di Kyiv, lo spirito di partenariato tra pubblico e privato che dovrà essere alla base della progettazione e un sentimento chiamato amore, che è alla base di vite spezzate che si tenta di rimettere assieme.
In platea mentre il presidente del consiglio parla, si nota lo sguardo provato di Volodymyr Zelensky (seduto accanto a sua moglie, più volte invocata da Meloni nel suo discorso) che annuisce e sorride, e il premier albanese Edi Rama che prende appunti.
Due i macro concetti espressi: investimento accanto a ricostruzione. Il premier lo sottolinea con veemenza che investire per la ricostruzione in Ucraina non sarà un azzardo, ma un passo convinto nella direzione della pace: “Il messaggio che vogliamo lanciare oggi agli imprenditori è semplice: non abbiate paura di investire in Ucraina perché investire sulla ricostruzione dell’Ucraina non è un azzardo, è invece un investimento in una nazione che ha dimostrato più resilienza di qualsiasi altra. Ma è anche un investimento sulla pace, sulla crescita economica, dell’Europa intera”.
In questo senso spicca il concetto di “insieme”, dove il ruolo dell’Italia e delle sue numerose aziende che oggi siglano accordi strategici è dato anche dalla sua storia: “Noi siamo quel popolo che sulle macerie della Seconda guerra mondiale ha costruito il miracolo economico degli anni ’60. Anche la nostra, allora, era una nazione distrutta che affrontava difficolta’ enormi. Eppure ce l’ha fatta, si è rialzata con determinazione, con orgoglio, e con operosità è diventata la potenza economica e industriale che oggi tutti conoscono. Mi piace pensare che questa conferenza possa essere il punto di partenza per il miracolo economico dell’Ucraina, che costruiremo insieme”, ha detto la presidente del Consiglio.
Un’assonanza che si è palesata anche nell’intervento del cancelliere tedesco Friedrich Merz, che senza dubbio con meno accenti poetici, ha richiamato al paragone con il miracolo italiano dopo la seconda guerra mondiale, particolare interessante e che racconta di un comune sentire tra i leaders di Roma e Berlino.
E annuncia il contributo determinante dell’Italia alla nascita di un nuovo fondo Equity a livello europeo. Lo dimostra un dato: oggi nazioni, organizzazioni internazionali, istituzioni finanziarie, autorità locali, settore imprenditoriale e società civile hanno assunto impegni con la conferenza per oltre 10 miliardi di euro.
Prima, però, le precisazioni geopolitiche: il piano russo è fallito, spiega, perché hanno tentato di di piegare gli ucraini con il freddo e la paura, ma la comunità internazionale si è schierata contro questo scempio. In secondo luogo una traccia che sa di paletti ben piantati nel terreno di contratti e progetti: chi aiuta o ha aiutato Mosca in questo disegno bellico non avrà benefici nella ricostruzione e cita la dichiarazione dei ministri delle finanze del G7, dove c’è scritto che “noi vogliamo lavorare con l’Ucraina anche per non consentire che della ricostruzione possano beneficiare anche quelle entità che hanno contribuito a finanziare la macchina da guerra russa”.
E torna sul ruolo dell’Italia, posizionata dalla parte giusta della storia, e capace grazie al suo solido e straordinario tessuto produttivo di “generare un moltiplicatore di investimenti, un moltiplicatore di opportunità”. La partita che tutti si apprestano a giocare, aggiunge, potrà essere vinta solo se sarà robusta la mobilitazione dei capitali privati, accanto alla loro capacità di attrarre investimenti.
Ma oltre ai soldi, conclude, serve un altro ingrediente: decisivo e determinante. Ovvero quel sentimento che hanno dimostrato gli ucraini, “l’amore di patria e per la libertà, per senza l’amore di patria tutto il resto perde di senso”.