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Maitig apre alla proposta di Formiche.net sulla no-fly zone: discutiamone dopo il ritiro di Haftar

Il governo di accordo nazionale libico è disponibile a discutere di una “no-fly zone”, ma solo dopo il ritiro delle truppe del generale Khalifa Haftar. Il vicepresidente Ahmed Maitig ha aperto alla possibilità che l’Italia chieda alla Nato di “chiudere” il cielo libico e di proteggerlo, come ha proposto Formiche.net. E proprio rispondendo a una domanda di Formiche.net, durante l’incontro con i giornalisti nella sede della Stampa estera, Maitig è apparso disponibile: “Se la comunità internazionale vuole discuterne, per noi non ci sono problemi” anche se la “priorità assoluta” resta il ritiro di Haftar per fermare morti e feriti tra la popolazione.

Il vicepresidente del governo di Tripoli, riconosciuto dall’Onu, è stato chiarissimo nell’accusare Haftar, e  allo stesso tempo ha usato un approccio diplomatico sulle questioni internazionali. Ha ripetuto più volte che l’obiettivo deve essere la democrazia con libere elezioni, mentre il generale “deve capire che la dittatura e il governo militare devono finire”. Maitig non accetta neanche che quello di Bengasi venga definito esercito, perché “quella di Haftar è una milizia” e “non può attaccare la capitale e i suoi 3 milioni di abitanti” dove, invece, stanno avvenendo “crimini di guerra” con morti, feriti e 20mila sfollati. Le ultime cifre dell’Oms indicano a Tripoli 174 morti e 756 feriti. Nelle sue parole c’era anche delusione perché dopo “tanti colloqui con Haftar e i tentativi di una riconciliazione tra tutti i libici” c’è stato comunque l’attacco. Si pensava che fosse stato raggiunto un accordo ad Abu Dhabi e dal 14 al 16 aprile era prevista la conferenza nazionale di Ghadames, invece “un uomo sta cercando di prendere il potere con la forza”, ha ribadito Maitig. Ma ora il governo di Tripoli starebbe riguadagnando posizioni e “rispediremo le milizie di Haftar da dove sono venute”, non solo a Bengasi “ma anche oltre”, come a significare che la sconfitta del generale dovrà essere totale. Maitig, inoltre, ha voluto chiarire che non c’è uno scontro Tripoli-Bengasi o Tripoli-Haftar “perché siamo uniti da Tripoli a Misurata, da Zintan a Zawia”.

Maitig ha poi incontrato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dai quali ha ricevuto “grande supporto”, e dal Viminale fanno sapere che il leader libico ha illustrato una situazione che potrebbe portare a una vera guerra civile. Questi ha confermato infatti che c’è un serio rischio terrorismo per l’Europa, perché tra Tripoli e Misurata sono in carcere 400 combattenti, definiti con una battuta “migranti dell’Isis”, e una prolungata instabilità può favorire movimenti jihadisti. Il vicepresidente è stato molto diplomatico nei confronti della Russia, da sempre sponsor di Haftar. Ne ha sottolineato il ruolo internazionale di primo piano aggiungendo che “i russi conoscono bene la popolazione libica”, ma a una domanda sul supporto militare dato da Mosca ad Haftar ha risposto che “finora non abbiamo nessuna prova di appoggio sul terreno”. Si sa, invece, che almeno 300 uomini, artiglieria e carri armati dell’azienda privata Wagner Group, legata al miliardario russo Yevgeny Prigozhin, sono da tempo a disposizione del generale. Diplomazia usata anche nei confronti della Francia, ricordando che sostiene il governo di unità nazionale e che il presidente Emmanuel Macron “comprende la situazione di crisi in corso”. Ha però aggiunto, senza fare nomi, che certamente “qualcuno dall’Europa” ha dato il via libera a Haftar, “ma ora ci stanno ripensando”.



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