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Trump ha vinto, l’energia portoghese non parlerà cinese

Donald Trump ha vinto. L’energia portoghese non parlerà cinese, non del tutto almeno. In tempi di Via della Seta la moral suasion americana ha dimostrato ancora una volta di saper spostare gli equilibri, anche al di là dell’Atlantico, servendosi di giocatori di livello.

L’assemblea degli azionisti di Energias de Portugal, il primo gruppo elettrico del Paese iberico e tra i primi produttori di energia in Europa, ha respinto l’offerta di acquisto (in contanti) di China Three, big del Dragone e già azionista di Edp al 23%, che puntava al 77% del capitale. La Cina dunque non metterà le mani su una delle aziende strategiche della penisola iberica, con impianti in tutta Europa e numerosi parchi eolici negli Usa. I quali mal volentieri avrebbero sopportato di vedere le proprie pale a vento cadere in mano cinese.

Una vicenda raccontata a più riprese da Formiche.net, che ha dato conto delle varie tappe della scalata di China Three all’Enel di Portogallo. La società cinese ha lanciato nei mesi scorsi l’offerta di pubblico acquisto (Opa) sulla società lusitana per nulla impensierendo il governo di Lisbona, a quanto pare propenso a permettere una salita dei cinesi dentro Edp. Ma gli americani sì, visto che la prospettiva di un ingresso in forze cinese nell’energia portoghese ha fin da subito preoccupato non poco l’amministrazione Trump.

E così, nei giorni del memorandum tra Italia e Cina per la Via della Seta, era partito il fuoco di sbarramento statunitense. Prima la diplomazia, con l’ambasciatore americano in Portogallo che ha fermamente respinto l’ipotesi di un’opa cinese su Edp. Poi, l’entrata in gioco di quello che a tutti gli effetti appare come l’asso nella manica di questi tempi degli Stati Uniti, il fondo attivista Elliott, molto noto in Italia per essere uno degli azionisti forti di Tim (e perno nel capitale della società tlc del blocco anti-francese targato Vivendi, qui l’approfondimento sull’ultima assemblea di Tim). Il fondo di Paul Singer, oggi azionista di Edp con una quota del 2,9%, aveva iniziato le manovre, aumentando giorno dopo giorno il pressing sull’attuale board di Energias.

Obiettivo, convincere il cda a respingere l’opa cinese da 10,25 euro ad azione. Tentativo inizialmente fallito, visto che l’offerta per rilevare Edp è comunque finita dentro l’ordine del giorno dell’assise, in programma il 24 aprile, ieri. Gli americani avevano allora deciso di cambiare strategia. Tra le condizioni poste dai cinesi per rilevare il grosso del capitale Edp c’era infatti l’abolizione del tetto del 25% per il diritto di voto. Una soglia erga omnes, che vale cioè per tutti i soci, a prescindere dalla quota che detengono. Trovare il modo di respingere la riforma del diritto di voto era nella logica di Elliott la leva con cui mandare a rotoli i piani di China Three, facendo cadere i presupposti per l’opa.

Serviva la maggioranza del capitale favorevole e, alla fine, così è stato. Per assicurarsi il consenso, Elliott aveva anche studiato un’alternativa industriale ai bisogni di Edp. La società lusitana necessita di fare un po’ di cassa e l’ingresso in forze dei cinesi l’avrebbe garantita. Ma secondo Elliott a tale bisogno si poteva ovviare cedendo le attività Edp in Brasile oppure vendendo alcune partecipazioni della società in aziende minori del Portogallo. Il piano ha funzionato.

L’offerta da 9 miliardi di euro in contanti da parte di China Three è stata respinta, arenandosi dopo che il 56% dei soci hanno votato per non abolire un tetto ai diritti di voto. “I risultati del voto sono chiari e la responsabilità esclusiva è dei nostri azionisti”, ha spiegato António Mexia, amministratore delegato di Edp. “La nostra partnership strategica con China Three continuerà” nonostante il flop dell’Opa.

Di sicuro, l’opa su Edp rappresentava un test di rilievo per gli investimenti cinesi in infrastrutture europee. Un test, almeno in Portogallo, per il momento fallito.



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