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Striscia la Notizia e deep fake. Cosa devono sapere i comunicatori

Ero rientrato in casa da poco e avevo appena iniziato a cenare. Intento a fare un veloce zapping televisivo per recuperare le notizie della giornata, mi imbattevo in un fuori onda esclusivo con Matteo Renzi che dichiarava: “Zingaretti ha il carisma di bombolo…” e continuava con improbabili ed esilaranti affermazioni su Mattarella, Conte, Di Maio. Sembrava proprio Renzi, l’“effetto verità” del video era notevole, anche se si poteva cogliere quel certo non so che di improbabile. Alla fine del filmato, Ezio Greggio con il suo tormentone di sempre disvelava però l’arcano: “È lui o non è lui? Certo che non è lui!”. Facendomi restare tra l’incredulo e lo stupito. Ecco come il team di Striscia la Notizia ci ha dato qualche lezione sulla comunicazione e l’informazione contemporanea.

LEZIONE 1.

LA COMUNICAZIONE E L’INFORMAZIONE SI FA IN TEAM MULTI-COMPETENZA

Eravamo abituati a vedere bravi attori comici o imitatori preparati che stigmatizzavano politici, ironizzavano su comportamenti sociali, facevano satira. Artisti che a seconda della loro capacità determinavano, da soli, l’esito positivo o negativo di una performance.

renzi striscia la notizia

Così almeno ci aveva abituato Striscia la Notizia, il programma di Antonio Ricci. Questa settimana però si è superata una soglia importante. Si è fatta satira non con attori che scherzavano a fare il politico di turno ma con un sistema di IA che manipola video e foto creando dei falsi-veri dove gli attori e gli imitatori ci sono ma non si vedono. Come gli stessi autori di Striscia specificano sul loro sito: “Striscia non ha creato un software, bensì, sempre per usare l’inglese, ha ideato un workflow in cui converge il lavoro di professionisti della scrittura autoriale, della recitazione, della produzione di audiovisivi, della post-produzione e della matematica. A cercare bene, gli algoritmi utilizzati sono reperibili, ma sono stati ri-assemblati in modo tale che il risultato ottenuto da Striscia sia al momento unico e irripetibile al mondo”.

Un grande insegnamento questo per aziende, istituzioni e in generale per chiunque faccia informazione e comunicazione nel nostro Paese. Finito il tempo del “il sito lo ha realizzato mio cugino”, l’operazione di Striscia mette in luce la necessità di avere eco-sistemi di competenze e di abilità per comunicare con i propri pubblici. Dai data scientist ai corporate storyteller, dagli attori agli artisti audio-visivi (solo per citare alcune professionalità) occorrono network di competenze di cui servirsi. Diciamolo una volta per tutte, la comunicazione non è improvvisazione, ma strategia, pianificazione e risorse da utilizzare per ottenere certi effetti. Proprio come fatto da Striscia la Notizia.

LEZIONE 2.

LA COMUNICAZIONE E L’INFORMAZIONE SONO UN PRODOTTO CHE COSTRUISCE “VERITÀ”

Sappiamo tutti di vivere in un mondo interconnesso, dove ciascuno di noi produce un’enorme quantità di dati e di informazioni che riversiamo intorno a noi, sul web e sui social media e da cui, a nostra volta, assorbiamo informazioni prodotte da altri. La domanda ora diventa: tutta la mole di conoscenze che incontriamo ci serve davvero? Se dovessi rispondere per me, la mia reazione sarebbe un sonante no. Fatto 100 il totale delle informazioni con cui interagisco quotidianamente, personalmente trovo utile solo il 35%.  Il restante 65% è per me intrattenimento, ma soprattutto rumore e mediazione conoscitiva: informazioni, dati, argomenti che non posso verificare e constatare direttamente in nessun modo. Se non posso verificarli sono veri? Non lo so. Mi devo fidare. Ma non per questo devo avere un atteggiamento di realismo ingenuo per cui pensare automaticamente che qualsiasi cosa letta, vista, sentita sia automaticamente la realtà.

salvini striscia la notizia

E l’operazione di Striscia ci mette al centro di questo problema.

Invece di spingerci a credere nella certezza della verità (quale?), ti fa sorgere dubbi e ti chiede: puoi fidarti di quello che vedi e senti o forse faresti meglio a stare sveglio e usare un costante pensiero critico? Perché adesso qualsiasi informazione che puoi assimilare può non essere accaduta. Sempre sul sito di Striscia troviamo infatti non solo Renzi, ma anche Salvini – al Papeete e in divisa da poliziotto – che dichiara: “Il tema del surriscaldamento globale mi sta molto a cuore” (guarda il video).

Un lavoro, quello iniziato da Striscia, che smaga le pratiche di news-making. Rivelando come l’informazione e la comunicazione siano materie prime pacchettizzate e preparate. Prodotti che oggi possono assumere diverse forme, declinazioni ed effetti di verità (o come dicono gli anglosassoni Truth-Building).

LEZIONE 3

LA COMUNICAZIONE E L’INFORMAZIONE CREANO FINZIONE POSITIVA

La nuova modalità di fare “satira 2.0” come è stata definita dagli stessi autori di Striscia ha ovviamente creato polemiche. Molti – tra cui il sito Fanpage.it – hanno messo in evidenza il pericolo della manipolazione e della creazione di fake news involontarie.

Interessante la replica di Striscia a Fanpage.it:

“Accogliamo come un complimento la vostra critica a un’imitazione venuta troppo bene. Vogliamo tranquillizzare gli amici di FanpageStriscia è nata 31 anni fa con l’intento di esemplificare e combattere quelle che un tempo venivano chiamate bufale e oggi sono diventate fake news. Da sempre e per prima, Striscia le ha scovate e smascherate. Tale imitazione, quindi, si inserisce perfettamente nello stile provocatorio di Striscia: insinua il dubbio e smaschera le fake news”.

La posizione di Striscia mi sembra rivelatrice di un atteggiamento importante. Non combattere il falso contrapponendo chissà quale vero, ma combattere il falso negativo con il falso positivo, svelando i modi in cui tutti noi crediamo a realtà spesso distorte, senza saperlo.

Iniziamo fin dalla prima infanzia – attraverso il nostro cervello, che ormai le neuroscienze chiamano brain fiction, perché sempre più affine a un simulatore – a immaginare mondi finzionali e continuiamo anche da grandi, con l’arte, il gioco, la narrazione cinematografica o letteraria, l’informazione, i media, le esperienze socializzate in Rete, etc. Creiamo queste simulazioni per convivere con la realtà, per prevedere comportamenti, per immaginare scenari, per motivare o giustificare comportamenti, per costruire informazioni e notizie che socializziamo. La maggior parte di questi scenari sono “fake”, sono un “facciamo finta che…” e usare il “facciamo finta che…” per riflettere e far riflettere mi sembra il nuovo compito di chi comunica.

La finzione non è solo negativa, cioè menzogna, può essere anche positiva, cioè immaginazione creativa che risolve problemi. “Facciamo finta che… tutta la superficie di Londra non esista” deve aver pensato Henry Beck quando ha disegnato per la prima volta la cartina della mappa metropolitana della City. “Facciamo finta che…” deve aver pensato Fidone, re di Argo e signore dell’isola di Egina, nel Settimo secolo a.C. nel coniare la prima moneta ovale che raffigurava una tartaruga, simbolo del territorio, grazie alla quale si poteva dare valore alle cose senza scambiarle. “Facciamo finta che… un planetario con intorno piccoli satelliti possa rappresentare il modello di un atomo” deve aver intuito Rutherford nel costruire il suo schema. Quello studiato per quasi tutto il Novecento da almeno quattro generazioni, tra cui la nostra. Così scolpito nel nostro immaginario, da farci pensare che la materia sia fatta di biglie.

L’operazione di Striscia la Notizia è come un antidoto, ci mostra come i nostri cervelli siano attrezzati per generare “finzione positiva”: simulazioni che aiutano a risolvere problemi e ansie collettive. E nel fare questo genera anticorpi nell’immaginario sociale contro la finzione negativa, aiutandoci a capire meglio come stare nel nuovo mondo del vero-finto.



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