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Sfide, luci e ombre. L’Africa vista con gli occhi di Mario Giro

La presentazione di Global Africa, il nuovo libro sull’Africa di Mario Giro, già vice ministro degli Esteri ai tempi del governo Gentiloni e oggi impegnato nella costruzione del soggetto politico catto-progressista di Demos, è stata l’occasione per parlare di Africa in termini diversi da come usualmente si fa in Italia.

Un continente certamente ancora malato soprattutto di corruzione, ma pronto a intercettare i trend globali, sia in positivo sia in negativo, con un cambio di paradigma sociale che non si può ignorare. Lo testimonia quell’effervescenza religiosa su cui Giro scrive pagine di grande interesse e profondità e che porta in primo piano fenomeni allarmanti tanto nell’Islam africano quanto nel cristianesimo continentale, con la diffusione a dir poco inquietante dei predicatori del Vangelo della prosperità, un Vangelo tutto nuovo nato nei laboratori americani e che oggi attecchisce in tante realtà nere.

Ma questa effervescenza dimostra anche una vitalità continentale che porta in archivio la vecchia struttura della società arcaico-patriarcale e rivela soggetti nuovi, soprattutto giovani, a caccia di un protagonismo che può essere capito solo se letto con le lenti del neo-individualismo. L’individuo che emerge da tanti stati falliti è un individuo che rivendica protagonismo sociale, non soltanto dal fronte delle migrazioni forzate. Ma anche lì questo nuovo individualismo non può essere eluso o derubricato a fatto periferico, “socialmente insignificante”, perché questi giovani che riescono nella grande impresa sanno come si fa a emergere e sono pronti a farlo con tutte le loro forze.

Dunque un continente vivo, vitale, con tutte le luci e le ombre che la vita globale oggi porta con sé. Dalla Cina, che cerca di usare l’Africa mentre gli africani cercano di usare i cinesi, alla Turchia, alle nuove petro-monarchie, affamate di spazio e di terre.

Ma l’Africa non si sente più un oggetto in vendita, e lo sguardo di Mario Giro ci accompagna nelle diverse aree del continente che per quanto violate dalle violenze sanno guardare avanti soprattutto in termini di cambiamento sociale, cioè mettendo alla berlina i vecchi sistemi corrotti. È lo stato la grande novità alla quale la realtà africana non vuole rinunciare, stati che resistono nonostante i piani di aggiustamento strutturale del Fmi che hanno messo in ginocchio molti sistemi.

Ma anche da questi vecchi sistemi riescono ad emergere grandi novità politiche, come il nuovo presidente etiope, frutto politico di un’etnia che mai aveva governato e ancor meno guidato il Paese e che oggi con la promessa e la realizzazione di paci impensabili conquista il Premio Nobel con i fatti, non con le parole come Obama.

A guardar bene forse è proprio il post-tribalismo la vera novità africana, ancora sottomessa ai meccanismi della vecchia politica, ma pronta a fare irruzione sulla scena sociale africana con proposte in sintonia con la richiesta dei giovani e delle città, quelle grandi città che hanno salutato per sempre la vecchia Africa rurale di cui solo noi ci attardiamo a parlare. Questa nuova Africa si propone come partner ed è pronta ad un partenariato che per noi sarebbe essenziale. Lo sanno cercare i cinesi, non lo sappiamo cercare noi però.

È questo il problema per Giro, la nostra incapacità di trasformarci in partner di un continente pronto alla sfida della globalizzazione, ma non nei termini cari alle vecchie potenze coloniali. Il rinnovato protagonismo dei giovani, che spesso parlano più lingue di quante noi possiamo anche sognare di parlare, è il vero snodo che Giro usa per presentarci un continente articolato, problematico, provato, ma fiducioso e soprattutto vitale.

Il racconto delle immagini della Cnn sul mercato degli schiavi in Libia chiude un racconto che presenta tutti i punti di vista fuorché il nostro, che quelle immagini non abbiamo saputo neanche capire o commentare. Quasi fossero immagini normali. La rivalità che ne emerge è una rivalità tra chi rimane vecchio e aggrappato al passato e chi sa elaborare il passato per incamminarsi da protagonista verso il futuro, con una richiesta scritta con rabbia in tutte le agende: quella del rispetto. Un rispetto che ci converrebbe capire che sarebbe nel nostro interesse di partner che forse non ha altri sbocchi, a volerlo vedere.



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