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Il Pil cinese collassa. L’ammissione di Pechino

Quello che fino a poche settimane fa si era solo immaginato, si è avverato. Il Prodotto interno lordo della Cina, origine del coronavirus, ha subito una contrazione del 6,8% su base annua nel primo trimestre del 2020, a causa delle ricadute della pandemia del coronavirus, che ha portato all’isolamento e all’arresto temporaneo delle attività economiche in diverse aree del Paese. Pechino ha difatto azzerato la sua crescita, visto che già sul finire del 2019 il Pil cinese si era attestato su volumi di crescita vicini al 6%.

E comunque, ha fatto sapere oggi l’Ufficio di statistica cinese, il Dragone non aveva mai registrato una contrazione economica nel 1992, quando il Paese ha iniziato a pubblicare i dati relativi all’andamento trimestrale dell’economia. Il dato relativo ai primi tre mesi dell’anno è secondo gli esperti di Washington peggiore rispetto alle previsioni, che si aspettavano in media una contrazione economica del 6%. Nei giorni scorsi, il Fondo monetario internazionale ha calcolato un calo del Pil globale del 3% a fine anno (qui l’intervista in merito all’economista Jean-Paul Fitoussi).

INVESTIMENTI AL COLLASSO

La produzione industriale nel Dragone è calata dell’1,1%, mentre le vendite al dettaglio hanno registrato una contrazione del 15,8%. Ma sono gli investimenti a preoccupare: -16,1 %. Al punto che l’annuale sessione dell’Assemblea nazionale del popolo cinese, che doveva essere inaugurata il 5 marzo, è stata rinviata proprio a causa della pandemia, e per tale ragione il governo cinese non ha ancora fissato un obiettivo ufficiale di crescita economica per il 2020.

EFFETTO CINA SULL’ASIA

Ci sarà comunque un effetto a cascata. La crescita economica della regione asiatica subirà infatti una battuta d’arresto nel 2020 per la prima volta da circa 60 anni, a causa delle ricadute “senza precedenti” della pandemia di Covid-19 sui settori dei servizi e sulle esportazioni. Il Fondo monetario internazionale, intervenedo oggi nel merito della questione cinese, ha spronato i governi regionali ad offrire sostegno mirato alle famiglie e alle imprese maggiormente colpite dalle misure di blocco delle attività e distanziamento sociale attuate per prevenire la propagazione del virus.

“L’economia globale attraversa una fase difficile e di grande incertezza, e l’Asia-Pacifico non fa eccezione”, ha dichiarato Changyong Rhee, direttore del dipartimento per l’Asia e il
Pacifico dell’Fmi, nel corso di una conferenza stampa in videoconferenza. “Non è questo il momento delle misure ordinarie. I Paesi asiatici devono far ricorso a tutti gli strumenti a loro disposizione”, ha avvertito l’economista. Il Fmi ritiene che l’Asia chiuderà il 2020 a crescita zero, anche se per il prossimo anno prevede un rimbalzo del 7,1%, che però dipenderà dalle reali condizioni della domanda globale.

TORNA LA GRANDE DEPRESSIONE

Gli economisti del Fmi sono preoccuati, e non solo per lo spaventoso calo del Pil cinese. “Sembra molto probabile che quest’anno l’economia globale sconterà la sua peggiore recessione dai tempi della Grande Recessione”, negli anni Trenta del secolo scorso, dopo il crollo a Wall Street del 1929, ha avvertito il capo economista dell’Fmi, Gita Gopinath. “Sarà una crisi senza eguali”, ha aggiunto l’economista, sottolineando in particolare l’incertezza in merito alla sua intensità e durata. Washington ritiene che l’Asia sarà l’unica regione del pianeta a non scivolare in recessione, mantenendo una crescita dell’1 per cento grazie all’apporto delle sue economie emergenti. Faranno eccezione la Thailandia, che potrebbe veder crollare il suo pil del 6,7%, e la Malesia, cui il Fondo attribuisce una contrazione economica dell’1,7%.

POVERI D’ASIA

Anche la Banca mondiale ha detto la sua sul destino dell’Asia, nel giorno in cui le autorità di Pechino hanno certificato la crisi del Dragone. Il problema è, per la Banca Mondiale, la povertà. La recessione economica innescata dalla pandemia di coronavirus impedirà ad almeno 24 milioni di persone nell’Asia-Pacifico di emergere dalla povertà quest’anno. Il rapporto della Banca mondiale afferma anche che le famiglie dipendenti da settori economici particolarmente esposti alla crisi globale, come turismo, manifattura e lavoro informale, fronteggeranno rischi “sostanzialmente maggiori”.

Anche la Banca mondiale ha sollecitato i Paesi della regione ad adottare misure urgenti per garantire il sostentamento di base delle persone a rischio. La previsione della Banca mondiale si basa sullo scenario di base per i prossimi mesi, ma un protrarsi della crisi sanitaria rischierebbe di comportare ricadute ancora maggiori: lo scenario peggiore comporterebbe la permanenza di quasi 35 milioni di persone, 25 milioni delle quali in Cina, sotto la soglia di reddito di 5,5 dollari giornalieri

NUOVI RAPPORTI DI FORZA?

La grande crisi asiatica, ancor prima che mondiale, potrebbe un domani sancire nuovi rapporti di forza, secondo la Banca Mondiale. Diversamente dalla crisi asiatica del 1997, di natura finanziaria, e perlopiù circoscritta a livello geografico al Sud-est asiatico, quella che si manifesterà in tutta la sua drammaticità nei prossimi mesi sarà una crisi di portata globale, e che interesserà anzitutto l’economia reale.

Non solo. La crisi potrebbe dunque costituire il crogiolo per una ridefinizione dei rapporti di forza economici a livello mondiale, ma anche le maggiori potenze – inclusa la Cina, che pare essere uscita per prima dalla fase acuta della pandemia – difficilmente potranno agganciare la cosiddetta
ripresa a V, in un contesto di pesante contrazione della domanda che accomuna e accomunera’ tutti i mercati del globo.

LE ALTRE ECONOMIE ASIATICHE

Non è finita qui. Anche la Banca asiatica di sviluppo (Asian Development Bank, Adb) ha formulato questa settimana proiezioni sostanzialmente in linea con quelle della Banca mondiale. La banca d’investimento con sede a Manila prevede che la crescita delle economie emergenti nella regione dell’Asia-Pacifico subira’ quest’anno una significativa battuta d’arresto, collocandosi complessivamente al 2,2% per effetto della pandemia di coronavirus.

Lo scorso anno “l’Asia in via di sviluppo” – denominazione con cui viene sostanzialmente indicata la macro-regione asiatica, esclusi Giappone, Australia e Nuova Zelanda – aveva conseguito una crescita complessiva del 5,2%. “Nessuno può dire oggi quanto possa diffondersi la pandemia di Covid-19, e il contenimento potrebbe richiedere tempi più lunghi rispetto a quelli pronosticati”, ha avvertito il capo economista della banca internazionale con sede a Manila, Yasuyuki Sawada. Ancora incertezza.


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