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Mediobanca e non solo. Che succede nella finanza italiana? Risponde Guido Gentili

“Di sicuro è in corso un grande rimescolamento delle carte nel capitalismo finanziario italiano. Ma per sapere cosa accadrà dobbiamo attendere: al momento non si è ancora capito quali siano le reali intenzioni di Leonardo Del Vecchio“. Secondo l’editorialista ed ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili, è presto per valutare tutte le implicazioni della richiesta del patron di Luxottica – avanzata alla Banca centrale europea attraverso Bankitalia – di salire al 20% del capitale di Mediobanca di cui già detiene circa il 10%. Anche se ieri Del Vecchio ha fatto trapelare che il suo obiettivo non sarebbe un’alleanza con i francesi di Axa. Tuttavia – ha sottolineato il giornalista in questa conversazione con Formiche.net – il suo tentativo ci dice molto “degli spiriti, per così dire, animali che si sono messi in moto nel profondo del capitalismo italiano”. Quello che si sviluppa in particolare lungo la direttrice che collega Milano a Trieste, ovvero la principale banca d’affari italiana – appunto Mediobanca – e Generali, che “costituisce il più importante gruppo finanziario del nostro Paese”. “Oggi c’è un contesto totalmente nuovo, impensabile fino a qualche anno”, ha affermato ancora Gentili.

Ad esempio?

Ricordo che, solo nel 2017, Intesa San Paolo cercò di puntare verso le Generali ma Mediobanca, che ne rappresenta l’azionista di riferimento con il suo 13%, si oppose. Solo tre anni fa. Oggi è tutto cambiato, al punto che l’istituto finanziario di piazzetta Cuccia è diventato advisor per conto di Intesa nella scalata a Ubi Banca.

È un dato così rilevante?

Come dicevo è un asse fortemente inedito nella storia italiana. Dobbiamo considerare che tradizionalmente Intesa San Paolo e Mediobanca sono state di regola avversarie. In pratica da sempre, anche se poi esisteva un buon rapporto personale tra Giovanni Bazoli ed Enrico Cuccia.

C’è sempre Generali sullo sfondo. Perché?

È inevitabile che sia così, si tratta di un asset imprescindibile del sistema finanziario italiano. Ora, però, bisognerà capire se l’operazione di Del Vecchio sia finalizzata ad arrivare a Generali oppure se il suo obiettivo, almeno immediato, sia contare di più in Mediobanca, per orientarne le scelte e rafforzare così le alleanze all’interno del colosso assicurativo in cui si trovano anche altri imprenditori italiani come Caltagirone o Benetton che nel tempo, anche recentemente, hanno continuato ad arrotondare le loro quote.

A suo avviso?

Intanto bisogna notare che a 85 anni suonati Del Vecchio sta dimostrando una grande forza personale: vuole stare con i piedi ben piantati per terra sulla scena finanziaria italiana, cercando anzi di accrescere la sua presenza. Non è un aspetto né scontato né privo di possibili conseguenze.

Ma si tratterebbe di un’operazione per così dire patriottica, come dicono alcuni, oppure potrebbe aprire le porte della finanza italiana a soggetti stranieri, come affermano altri?

Le proporzioni di quello che sta accadendo sono racchiuse in questa domanda. Da un lato Del Vecchio viene dipinto come l’imprenditore che scende in campo difesa a dell’italianità in questa fase così complessa per il Paese. Dall’altra parte, però, c’è chi sottolinea come sia difficile assegnargli questo ruolo, ad esempio contro le mire francesi, vista la grande alleanza tra Luxottica ed Essilor. Non va dimenticato, peraltro, che Del Vecchio ha come banca di riferimento Unicredit di Jean Pierre Mustier, che ha mollato recentemente la presa su Mediobanca e Generali ma che si è inserito nella partita di Intesa San Paolo per Ubi Banca.

E intanto il Copasir ha fatto suonare chiaro il suo allarme con le parole del presidente Raffaele Volpi. Che ne pensa?

L’attivismo del Copasir è uno degli aspetti che contribuiscono a delineare quel contesto nuovo di cui parlavamo all’inizio. Di certo sappiamo che Mediobanca ha sempre cercato di mantenere il controllo italiano di Generali. Per Enrico Cuccia era una sorta di ossessione e penso che, in fin dei conti, avesse ragione. La compagnia di assicurazione triestina è il baluardo fondamentale del sistema finanziario del nostro Paese, è chiaro che un suo eventuale passaggio in mano straniere creerebbe problemi all’Italia. Ma c’è un però.

Quale? 

Quello sull’italianità, a maggior ragione dopo l’emergenza che abbiamo vissuto, è un discorso molto serio ma da fare con grande attenzione. Non vorrei che fosse il modo per la politica di rimettere il naso nella gestione delle imprese. Abbiamo letto tutti le dichiarazioni di Romano Prodi al Corriere della Sera: ma noi sappiamo che gli interventi pubblici nelle imprese di temporaneo hanno ben poco. Ciò detto, sono convinto che il cuore del sistema finanziario italiano vada preservato.

E Mediobanca come si presenta all’appuntamento con l’operazione di Del Vecchio?

In Mediobanca non c’è più il patto di sindacato che per decenni ne ha regolato la vita, ma un patto di consultazione molto più largo. Tuttavia l’istituto finanziario ha dimostrato di poter continuare a solcare il mare senza problemi. La banca ha ottenuto ottimi risultati con Alberto Nagel che da questo punto di vista è figlio dell’esperienza storica di Cuccia.



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