Una nuova Unione europea sanitaria, rafforzamento dell’European medicines agency e dell’European centre for disease prevention and control (Ecdc), valorizzazione del programma Eu4Hhealth e una nuova agenzia per lo sviluppo avanzato biomedico. Queste le proposte avanzate pochi giorni fa dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, quando ha inoltre annunciato “un vertice globale sulla sanità in Italia” in occasione del suo primo discorso sullo stato dell’Unione.
Del piano di rilancio dell’economia e della sanità continentale contro la pandemia ne abbiamo parlato con la presidente della commissione Affari sociali della Camera dei deputati Marialucia Lorefice.
L’Italia, che ha rappresentato forse per prima in Europa la bandiera della battaglia contro il Covid, ospiterà il Global Health Summit del 2021. Perché rappresenta una grande opportunità per l’Italia, e cosa dobbiamo fare per non lasciarcela sfuggire?
Sicuramente l’assegnazione del Global health summit all’Italia è un’ottima opportunità per il nostro Paese e un riconoscimento internazionale per i nostri meriti. Abbiamo l’occasione di confrontarci per una visione della sanità futura, condividendo idee e progetti. Siamo stati purtroppo il primo Paese in Europa e in Occidente a scontrarsi con un virus sconosciuto, potente e contagioso, ma grazie alle scelte coraggiose adottate dal governo siamo riusciti a contenere la curva dei contagi. Abbiamo agito con prudenza, serietà e determinazione, prendendo decisioni non facili e chiedendo grandi sforzi ai nostri cittadini, che hanno mostrato un forte senso di responsabilità. Recentemente sia l’Organizzazione mondiale della sanità sia il Financial times hanno elogiato l’Italia per la gestione della pandemia. Questo virus ha messo in luce l’eccellenza del nostro sistema sanitario nazionale che è un modello da seguire anche per gli altri Stati. La professionalità e i sacrifici di medici, infermieri e operatori sanitari, impegnati in prima linea in questi mesi, ci hanno permesso di salvare migliaia di vite umane. Mai come in questo periodo abbiamo compreso la gravità dei tagli lineari effettuati in passato nel settore sanitario e abbiamo cercato di rimediare con notevoli investimenti, solo nell’ultimo anno abbiamo stanziato circa 7 miliardi di euro per la tutela della salute pubblica.
La presidente della Commissione von der Leyen ha parlato di una nuova agenzia europea per ricerca e sviluppo biomedici avanzati. Cosa ne pensa? Ritiene sia una soluzione auspicabile, o avrebbe invece potenziato e/o efficientato le attività delle agenzie già esistenti?
Io credo che la nuova agenzia così come definita dalla presidente von der Leyen possa essere utile all’Ue al fine di fronteggiare le future crisi sanitarie, favorire la prevenzione e il controllo delle malattie con una adeguata politica sovranazionale. Naturalmente sarà importante evitare sovrapposizioni con i ruoli e le funzioni delle diverse agenzie europee già esistenti. Sarebbe certamente una grande opportunità se l’Italia diventasse la sede di questo nuovo ente europeo e sappiamo che a tal fine la sindaca di Roma, Virginia Raggi, ha già avanzato la candidatura per Roma, potendo vantare strutture sanitarie di alto livello e università di fama riconosciuta.
Parliamo ora invece di unione sanitaria. Al di là delle forme istituzionali che potrebbe assumere, lei crede che nella gestione dell’emergenza Covid sarebbe servita per un maggiore e migliore coordinamento fra Paesi europei?
La pandemia ha colto tutti i Paesi alla sprovvista. Ma grazie alla collaborazione e alla condivisione di esperienze e informazioni, oggi siamo più preparati e consapevoli anche delle nostre risorse. La collaborazione è indispensabile per favorire i processi di prevenzione e gestione delle crisi sanitarie e per rafforzare i sistemi sanitari. Inoltre, dobbiamo insistere sullo sviluppo della sanità digitale e su una strategia farmaceutica comune, per garantire l’accesso a farmaci e dispositivi medici. Il settore della salute rappresenterà una delle priorità dell’azione europea dei prossimi anni e le risorse andranno investite in modo sinergico e complementare tra i Paesi dell’Unione così da evitare duplicazioni e massimizzare l’efficacia delle azioni.
Next generation Eu. Sarà utile, come ha suggerito la presidente della Commissione, per non arrivare impreparati ad eventuali emergenze come quella del Covid? E si stanno gettando le basi giuste, in tal senso, o siamo ancora lontani?
Sì, penso che stiamo lavorando nella giusta direzione. Il nostro presidente del Consiglio Giuseppe Conte nei mesi scorsi ha chiuso un accordo molto importante che garantirà all’Italia circa 30 miliardi di euro di più rispetto alla proposta iniziale. Sarà una grande boccata di ossigeno per il nostro Paese e per il progetto europeo nel suo complesso. Proprio ieri la commissione Affari sociali, che mi onoro di presiedere, ha deliberato i rilievi allo schema di relazione sull’individuazione delle priorità nell’utilizzo del Recovery fund elaborato dalla commissione Bilancio della Camera. Tanti i settori su cui occorrerà investire per prevenire le pandemie del futuro, dalla telemedicina, alla formazione degli operatori sanitari, dalle cure domiciliari alla medicina territoriale. Abbiamo, inoltre, posto attenzione sul tema della disabilità, prevedendo anche adeguati riconoscimenti al ruolo dei caregiver familiari.
Il ministro Speranza ha accolto la notizia del Global Health Summit con entusiasmo. Pone, come ha scritto su Twitter, l’Italia al centro della sfida per una nuova sanità. Eppure il nostro Paese – che viene spesso raccontato come fanalino di coda – rappresenta un’eccellenza sanitaria e farmaceutica nel panorama europeo e internazionale. Perché non siamo ancora riusciti a trasmettere questo messaggio?
Su questo non sono d’accordo. Credo anzi che oggi tutto il mondo riconosca la straordinaria capacità mostrata dall’Italia nel reagire in maniera tempestiva ed efficace alla pandemia, merito dell’eccellenza dei nostri medici, infermieri e operatori sanitari, e di scelte politiche serie e coraggiose. Si tratta di dati oggettivi che fanno del nostro Paese un modello di resilienza, tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità a più riprese ha definito “esemplare” la risposta italiana, plaudendo all’unità nazionale, alla solidarietà dei cittadini e alla dedizione e al sacrificio del personale sanitario.
Su Twitter ha invitato ed esortato a ridare valore al diritto alla salute, alla centralità e a una sanità equa e accessibile. Secondo lei, cosa dobbiamo fare perché ciò avvenga? Quali sono gli step auspicabili affinché ciò non resti solo sulla carta?
In questi due anni abbiamo sostituito la parola “tagli” con la parola “investimenti” per rafforzare il nostro servizio sanitario nazionale. Abbiamo aumentato i posti letto in terapia intensiva, potenziato la rete ospedaliera e incrementato le borse di specializzazione per superare l’imbuto formativo. Altre priorità, a mio avviso, sono rappresentate dall’incremento delle reti territoriali, dagli investimenti nella ricerca, nella lotta alle inefficienze e agli sprechi, ma soprattutto nel superamento delle differenze territoriali nell’accesso alle cure. A tutti i cittadini da nord a sud deve essere garantito lo stesso diritto alle cure.
Abbiamo toccato con mano quanto importante sia supportare l’impresa farmaceutica e dei dispositivi medici in Italia, purtroppo trascurata sino all’avvento del Covid. Per un’inversione di marcia, quanto pensa possa essere importante la collaborazione fra ministeri, e in particolare fra il ministero della Salute e il Mise?
La collaborazione tra ministeri è fondamentale, e posso dire con piacere che in tema di salute fino ad oggi ho riscontrato una comunione di intenti non solo tra i diversi ministeri ma anche tra le diverse forze politiche. Nei decreti varati durante l’emergenza Coronavirus abbiamo cercato di dare un maggiore supporto economico sia all’impresa farmaceutica che a quella dei dispositivi medici per assicurarne la disponibilità a tutti i cittadini. Credo sia molto importante in questi settori lavorare anche in sinergia con gli altri Paesi europei, individuando una strategia comune al fine di ridurre la dipendenza da Paesi terzi, soprattutto nei periodi di crisi.