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Draghi nel Club Med. Dalla Libia al ruolo nel Mediterraneo allargato

L’Italia dalla Libia al Mediterraneo allargato. Il ruolo del governo Draghi nel Club Med, il panel di Formiche e il governo di unità nazionale di Dabaiba

***VIDEO: IL LIVE TALK DI FORMICHE***

La visita del presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, in Libia merita una riflessione. La sua importanza viaggia su un doppio filone. L’interesse nazionale, che Draghi ha sottolineato al tavolo con il neo-premier Abdelhamid Dabaiba, ricordando che l’Italia è pronta a entrare nelle attività della ricostruzione libica – per assistere il paese dopo anni bui di guerre continue. La cooperazione, che riguarda il ruolo dell’Italia in un contesto più ampio, ossia l’Ue e gli Usa nel Mediterraneo, seguendo il solco del multilateralismo che l’amministrazione Biden vede come fattore cruciale per la propria politica internazionale. Di questo oggi Formiche parlerà in un panel, moderato da Emanuele Rossi, con ospiti tre esperti dell’area MENA: Federica Saini Fasanotti, Senior Associate Fellow di ISPI e Brookings Institution; Karim Mezran, direttore della North Africa Initiative e resident senior fellow al Rafik Hariri Center and Middle East Programs dell’Atlantic Council; Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio di Roma dell’European Council on Foreign Relations.

Non è casuale che Draghi abbia scelto la Libia come primo viaggio internazionale, sottolineando quegli interessi italiani e quel ruolo che l’Italia nel Mediterraneo ha intenzione di andarsi a prendere, guidando il processo europeo e giocando di sponda con Washington. Il ritorno di Roma nel Club Med (di Joe Biden), come è stato titolata l’intervista al senatore Pierferdinando Casini, passa anche attraverso una serie di business che il governo Draghi intende rilanciare in Libia – ponte per il Nordafrica – pensando alla ricostruzione post-bellica e a necessità condivise.

Come per esempio l’interessamento emerso per una commessa di nuovi elicotteri (di Leonardo) per missioni SAR utili al controllo anche dei traffici migratori; o, restando tra i cieli, ci sono i lavori per supportare il Paese nel ripristinare i collegamenti con l’Europa (su cui si è attivata Enav) e la ristrutturazione dell’aeroporto internazionale di Tripoli (su cui lavora il consorzio di imprese italiane Aenas). C’è un ritorno del business italiano in Libia, la riattivazione degli accordi Gheddafi-Berlusconi, di cui la litoranea Est-Ovest (su cui lavora WeBuild) è un simbolo non solo per l’importanza del lavoro ma perché rappresenta un reale rinnovamento del collegamenti fisico tra le due Libia – la Tripolitania e la Cirenaica – fino a dieci mesi fa in guerra.

Dabaiba guida il primo governo unificato post-rivoluzione (la caduta del rais Muammar Gheddafi nel 2011); il primo riconosciuto da entrambi le parti del paese. Il nuovo esecutivo, frutto dello sforzo delle Nazioni Unite per creare un percorso ad interim fino alle elezioni di dicembre, ha le sue delicatezze e le sue sensibilità, le sue grandi sfide da affrontare (primo fra tutti il bilancio unificato da cui avviare il rilancio anche grazie all’assistenza internazionale e poi la gestione delle milizie), ma è anche un elemento positivo. Dabaiba, businessman pragmatico misuratino, pare per altro riuscito a capitalizzare sulla Libia gli effetti (positivi) che la nuova amministrazione ha innescato altrove – e che invece in Libia avevano trovato sfogo.

 



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