Il commissario Breton, a caccia di semiconduttori, lavora su due binari: un’alleanza di produttori europei (tra cui l’italo-francese STMicroelectronics, che ha appena scommesso su Catania) e un impianto “straniero”. Intel però chiede sussidi per 8 miliardi
Il suo obiettivo nel settore dei semiconduttori, la Commissione europea l’ha dichiarato a inizio marzo presentando il piano “2030 Digital Compass”: raddoppiare la quota di mercato e arrivare a produrre nel 2030 un quinto dei microchip al mondo. L’asticella è alta, specie ora con la crisi in corso nel settore, e per raggiungerla serve uno sforzo non indifferente, come hanno rivelato diversi esperti. Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno che prima di entrare nella Commissione di Ursula von der Leyen era stato presidente del colosso tecnologico Atos, si è messo al lavoro.
Ieri è stato a Berlino, dove ha incontrato, oltre alla candidata cancelliera dei Verdi Annalena Baerbock, il ministro della Salute tedesco Jens Spahn (con cui ha parlato soprattutto di vaccini) e quello dell’Economia Peter Altmaier (nota politica: i due ministri sono entrambi esponenti di spicco della Cdu, il partito di Angela Merkel). Tra i temi in agenda di quest’ultimo incontro c’è la possibilità di agenda un’alleanza nel settore dei semiconduttori che coinvolga l’italo-francese STMicroelectronics, la tedesca Infineon e le olandesi NXP e ASML (in difesa della quale il governo dell’Aja è intervenuto dopo che la cinese Smic ci aveva messo gli occhi sopra).
A Berlino il commissario ha reso noto che 22 Stati membri dell’Unione europea stanno unendo le forze per supportare la produzione locale e lo sviluppo di semiconduttori, in modo da ridurre la dipendenza del blocco da fornitori esteri. Secondo Reuters il piano potrebbe comprendere il programma noto come Important Project of Common European Interest (Ipcei, cioè importanti progetti di comune interesse europeo), che permetterebbe di erogare finanziamenti in base a norme più semplici sugli aiuti di Stato e alle aziende di lavorare insieme all’intero progetto.
Oggi, invece, il commissario Breton ha incontrato i vertici della statunitense Intel, della taiwanese Tsmc e della sudcoreana Samsung. In questo caso l’obiettivo è diverso: aprire le porte dell’Europa. Ma il governo di Taiwan ha già fatto capire che Tsmc deve concentrare i suoi sforzi sull’isola, come riportato da Reuters. Tradotto: no a uno stabilimento nel Vecchio continente. Neppure Samsung appare intenzionata a procedere in questa direzione. Intel, invece, ha chiesto 8 miliardi di sussidi per costruire una fabbrica in Europa. “Ciò che chiediamo sia ai governi degli Stati Uniti sia a quelli europei è di rendere competitivo per noi farlo qui (investire, ndr) più che in Asia”, ha detto a Politico Europe, in un’intervista prima dell’incontro con Breton, l’amministratore delegato Pat Gelsinger (che recentemente ha annunciato un piano di investimenti da 20 miliardi negli Stati Uniti).
Ci sono, tuttavia, due elementi da considerare. Il primo è industriale. L’Unione europea, che non produce di fatto smartphone o altri device, potrebbe non essere in grado di assorbire la produzione di un mega impianto. Ecco perché, per esempio, gli esperti del think tank tedesco Dgap hanno spiegato in un recente rapporto che per essere indipendente nel settore dei semiconduttori all’Unione europea non basterà spendere. Piuttosto dovrebbe specializzarsi in settori in cui è forte come i chip per l’automotive, l’intelligenza artificiale e l’Internet delle cose. Inoltre, scrivono, “invece di cercare di competere direttamente con gli Stati Uniti e l’altro leader mondiale, Taiwan, l’Unione europea dovrebbe concentrarsi sulla difesa e il sostegno delle capacità di produzione locale, nonché sulla promozione di standard aperti nella progettazione di chip come RISC-V”.
Il secondo è geopolitico. La schema Breton potrebbe incontrare resistenze di due tipi tra i 27 Stati membri dell’Unione europea: ad aprire agli investimenti esteri (e ciò potrebbe incrinare i rapporti transatlantici) e a lasciare il pallino del gioco dei semiconduttori nelle mani di Paesi Bassi, Germania, Francia e Italia (sempre che l’alleanza diventi realtà).
Per l’Italia sarà un banco di prova importante. Basti pensare che nei giorni scorsi una delle quattro aziende che potrebbero essere coinvolte nel progetto europeo, STMicroelectronics, ha scommesso su Catania nel progetto Madein4 con Fca Italy, Comau, Politecnico di Torino e Cnr. Lo ha annunciato il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, che nelle settimane passate ha affrontato diverse questioni industriali, tra cui i semiconduttori con Breton ma anche con il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire.