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La Difesa europea sarà ancora franco-tedesca?

L’analisi di Pierre Morcos per il Csis offre spunti di riflessione sul futuro della collaborazione tra Francia e Germania nel campo della Difesa. Nonostante numerose divergenze, la cooperazione conviene a entrambi i Paesi, ma dovrà passare per la complessa formazione del governo tedesco. Secondo l’esperto l’intesa bilaterale può comunque essere il motore per le ambizioni europee in campo militare. E l’Italia?

L’intesa franco-tedesca sulla Difesa reggerà l’urto dell’onda Spd-Verdi? Cosa cambierà per le ambizioni di “autonomia strategica” del Vecchio continente? E la Francia riuscirà a mantenere le redini del dibattito anche nella corsa alle presidenziali di aprile 2022? Utili spunti di risposta arrivano dall’analisi di Pierre Morcos, diplomatico francese e visiting fellow del Center for Strategic and International Studies (Csis), autorevole think tank di Washington. Per quest’ultimo ha pubblicato un commento sul futuro della collaborazione franco-tedesca nel campo della Difesa e sicurezza, partendo dalla consapevolezza che l’intesa tra Parigi e Berlino sia (e sarà) “d’importanza storica per l’Europa”.

I RAPPORTI

Quando si tratta di difesa e sicurezza, spiega l’esperto, il duo appare “inquieto”. A creare inquietudine sono “interessi geopolitici disallineati, traumi storici e culture politiche distinte”, che tuttavia non hanno sopraffatto negli ultimi anni l’intenzione di rafforzare la cooperazione. Morcos ricorda la visita a Parigi, per incontrare Emmanuel Macron, dei due candidati alla cancelleria tedesca, Olaf Scholz (Spd) e Armin Laschet (Cdu), poche settimane prima del voto. È la dimostrazione che per l’intera politica francese la collaborazione con la Francia è ai vertici dell’agenda europea e internazionale.

IL RILANCIO

Il moderno asse franco-tedesco sul fronte militare è stato sancito oramai due anni fa ad Aquisgrana da Angela Merkel ed Emmanuel Macron, come rinvigorimento del trattato dell’Eliseo del 1963, introducendo nuovi meccanismi di coordinamento (compresi scambi di ministri e incontri periodici) e ponendo forte enfasi sulla politica estera e di difesa. Simboli del rilancio del progetto sono il velivolo di sesta generazione Fcas (a cui ha aderito anche la Spagna) e il carro armato del futuro Mgcs, su cui il fronte è rimasto al momento rigidamente bilaterale (non senza critiche dall’Italia).

LE DIFFICOLTÀ

Sul fronte industriale non sono comunque mancati i fronti caldi tra Parigi e Berlino. Morcos parla di “una radicata mancanza di fiducia reciproca”, ricordando le insofferenze francesi per il ruolo predominante del Bundestag nel procedere dei programmi, le divergenze sul fronte dell’export (con Berlino più cauta rispetto all’approccio ben pragmatico di Parigi) e gli stop inferti ad alcuni programmi. Sul fronte strategico l’esperto segnala le differenti posture sulla crisi nel Mediterraneo orientale (con i francesi a fornire sistemi d’arma alla Grecia e i tedeschi a tenere il canale aperto con la Turchia) e sui rapporti con la Cina, un potenziale partner per Berlino, una sfida Indo-pacifica per Parigi. A livello più operativo cita la riluttanza tedesca a interventi militari al fianco della Francia, “specialmente in operazioni ad alta intensità”, da associare alla scarsa prontezza della Bundeswehr. Da qui l’invio di Morcos a “trovare un nuovo modus vivendi per continuare a progredire”.

UN DUO INEVITABILE

D’altra parte, spiega l’esperto, “nonostante le dissonanze, Parigi e Berlino sono riuscite a unire le  forze per svolgere un ruolo trainante nell’integrazione europea in materia di sicurezza e difesa, in particolare con il Regno Unito fuori dall’Ue”. La Brexit, nota Morcos, ha in qualche modo reso inevitabile la maggiore cooperazione tra Francia e Germania, che “hanno capito che un approccio congiunto su questi temi era fondamentale data la vastità delle rispettive economie e Forze armate”. E così, “anche se a volte non sono d’accordo sulla retorica dell’autonomia strategica, sono giunte alla stessa conclusione pragmatica sulla necessità che l’Europa faccia di più per la propria sicurezza”. Il disaccordo di cui parla Marcos è nell’interpretazione del concetto di “autonomia strategica”, che vede Parigi impegnata a promuovere una lettura radicale (come indipendenza da Nato e Usa) e Berlino (come Roma) a sostenere un rafforzamento del pilastro europeo nell’alleanza euro-atlantica.

IL MOMENTO

Tutto questo acquista rilevanza nelle settimane (e nei mesi) all’insegna della Difesa europea. Tra il ritiro dall’Afghanistan e l’intesa Aukus, il tema è tornato prepotentemente ai vertici delle agende dei vari incontri comunitari e bilaterali. Entro novembre arriverà la prima bozza dello Strategic compass, la bussola strategica chiamata a dotare l’Ue di una visione comune di obiettivi e interessi. Entro la fine dell’anno si attende una nuova dichiarazione congiunta Nato-Ue che disegni il futuro della collaborazione tra le due organizzazioni. Poi, a gennaio, inizierà il semestre di presidenza francese del Consiglio dell’Ue, a pochi mesi dal voto per le presidenziali.

E LE ELEZIONI

La natura bipartisan delle ambizioni di Parigi a guidare la Difesa comune rende l’esito del voto transalpino sull’Eliseo parzialmente ininfluente sul dossier comunitario. Potrebbe cambiare di più a seconda di chi prenderà il posto di Angela Merkel. “Qualunque sia la coalizione tedesca – spiega Morcos – la Francia avrà bisogno che la Germania continui ad aumentare le sue spese per la difesa, in particolare per assicurarsi che i progetti di armamenti congiunti siano sufficientemente finanziati”. Ciò potrebbe essere “un problema fastidioso” considerando che “Spd e Verdi sono stati ambigui o contrari all’obiettivo Nato di spendere il 2% del Pil per la difesa” (qui il nostro focus sui Verdi). Ugualmente “Parigi cercherà chiarezza giuridica e politica da Berlino sui programmi industriali, che richiederanno decenni per essere completati; avere visibilità su questi progetti sarà fondamentale, poiché forniranno risorse critiche (jet da combattimento, carri armati) per le forze armate di entrambi i Paesi”. Tra le righe si legge il timore francese (emerso nel caso dei finanziamenti per il Fcas) che i colleghi tedeschi possano confermare un approccio cauto ai temi militari.

E GLI ALTRI PAESI?

Ne consegue l’ultimo invito di Morcos: “Per avere successo, entrambi i Paesi devono continuare a impegnarsi attivamente con altri partner europei”. Difatti, “qualsiasi iniziativa ambiziosa a livello dell’Ue richiede sostegno in tutta Europa”. Gli esempi dell’esperto su cui “investire” sono due: un format come il gruppo di Weimar con la Polonia o l’EU4 con Spagna e Italia. Formazioni “più ampie e flessibili come la European Intervention Initiative (Ei2, voluta da Macron nel 2017 come alternativa più efficace ai meccanismi Ue, ndr) o la Pesco dovrebbero anche fungere da sedi per Francia e Germania per impegnarsi con altri Paesi europei su questioni industriali e operative”. Di base, l’analisi di Morcos conferma l’intenzione di Parigi di guidare il dibattito.

E L’ITALIA?

Ciò lascia spazio ad alcune riflessioni sul ruolo italiano. Negli ultimi giorni l’attenzione politico-istituzionale per la Difesa si è mostrata particolarmente elevata anche nel nostro Paese, complici il dibattito sulla Difesa europea, la spinta culturale del ministro Lorenzo Guerini e l’attesa per diversi avvicendamenti ai vertici militari. Tra le pieghe dei vari interventi si intravede la possibilità di acquisire un ruolo ancora più rilevante sul dibattito continentale per una Difesa comune, prospettiva alimentata dalla leadership di Mario Draghi. Non sembrano dunque causali i vari riferimenti del presidente del Consiglio al tema, caratterizzati da un forte pragmatismo. “Bisognerà spendere molto di più nella Difesa di quanto fatto finora”, notava un paio di settimane fa. “Non credo che qualsiasi cosa che cresca fuori dalla Nato la indebolisca”, spiegava da Brdo rispondendo direttamente al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Tra la fine dell’era Merkella disponibilità mostrata dall’amministrazione di Joe Biden, c’è in sintesi la prospettiva di accrescere il peso italiano a Bruxelles, magari bilanciando meglio gli allunghi di Parigi.



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