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Investire in Difesa (e innovazione). La linea di Guerini, Di Maio e Giorgetti

Di Marco Battaglia e Stefano Pioppi

I ministri di Esteri, Difesa e Mise si sono virtualmente ritrovati per festeggiare i settant’anni di Elettronica, ieri a Roma. Ne è emersa una linea che segue quanto detto dal premier Draghi: “Bisognerà spendere molto di più in Difesa”. Tra Difesa europea, autonomia strategica, investimenti e innovazione, ecco cosa hanno detto

 

Per Giancarlo Giorgetti occorre che tutta la politica decida “di investire in questo settore in modo serio e duraturo”. Di fatti, ha rilanciato Lorenzo Guerini, “i grandi programmi della Difesa richiedono la certezza delle risorse e la capacità di accompagnare lo sviluppo delle progettualità”. Su questo si gioca la capacità dell’Occidente di restare competitivi perché, come detto da Luigi Di Maio, c’è bisogno di un’Ue che diventi “fornitore di sicurezza globale”, e di una Nato “che mantenga il vantaggio tecnologico”. È la linea dei ministri più coinvolti nella politica di Difesa nazionale emersa ieri a Roma, dove Elettronica ha festeggiato i suoi settant’anni riunendo rappresentanti delle istituzioni, dell’industria e della ricerca per immaginare “il grande futuro”. Segue la linea di rilancio della Difesa già emersa nelle parole del presidente del Consiglio Mario Draghi, che un paio di settimane fa notava: “è chiarissimo che bisognerà spendere molto di più di quanto fatto finora”.

COOPERARE VALORIZZANDO L’ITALIA

“Nel campo della Difesa la tecnologia è fondamentale, richiede investimenti, risorse adeguate e stabili”, ha spiegato il ministro Giorgetti, aggiungendo, tuttavia, che nel settore dello sviluppo di capacità difensive le risorse non bastano da sole. “C’è la necessità politica – ha aggiunto – di decidere di investire in modo serio e duraturo, e soprattutto farlo in maniera coordinata”. Gli ha fatto eco Guerini, notando come la sfida tecnologica “riguarda tutto il Paese”, perché “i grandi programmi industriali della Difesa richiedono la certezza delle risorse e la capacità di accompagnare tutto lo sviluppo delle progettualità”. Non farlo significherebbe, per l’Italia, rimanere fuori dal novero di Paesi ad alta sovranità tecnologica, fondamentale nella moderna (e crescente) competizione internazionale.

TRA MISE E DIFESA

Tra Difesa e Mise si conferma dunque una certa unità d’intenti, importante anche in virtù del ruolo dello Sviluppo economico sui finanziamenti dei programmi militari. A metà luglio, Guerini e Giorgetti si sono incontrati per lanciare un tavolo congiunto tra i due dicasteri finalizzato a “una strategia comune di rilancio” per aerospazio e difesa. Come ci spiegava allora Michele Nones, vice presidente dello Iai, l’iniziativa è “molto importante, perché la politica industriale della Difesa si deve muovere nel quadro della più generale politica industriale del Paese”. Entro i confini nazionali l’attenzione è per il Pnrr e per il contributo che aerospazio e difesa possono assicurare al rilancio dell’economia italiana. Con un fatturato annuo di circa 15,5 miliardi di euro e 50mila posti di lavoro diretti (dati Aiad 2020), il comparto è strategico per il sistema-Paese, in particolare sulla frontiera dell’innovazione tecnologica, la stessa a cui mira il Pnrr per le transizioni green e digitale.

LA DIFESA EUROPEA…

Ma la “strategia comune di rilancio” targata GiorgettiGuerini supera i confini nazionali. La stessa nota del Mise di luglio riportava “il tema della cooperazione internazionale, anche in ambito Ue e Nato, per i settori dell’aerospazio, intelligenza artificiale, dell’industria nazionale della difesa”. Tra il ritiro dall’Afghanistan e l’intesa Aukus, il tema appare ora ancora più attuale, presente in tutte le agende dei grandi vertici europei e approdato ieri ai settant’anni di Elettronica. “Il dibattito sulla Difesa europea – ha detto Guerini – richiede di lavorare con grande determinazione e ambizione a un salto di qualità, ormai necessario, affrontando con franchezza i nodi su cui muoversi”. Secondo il ministro tutti i Paesi europei devono lavorare su quelli che sono i pilastri della Difesa europea: una capacità d’analisi della minaccia condivisa, una base industriale e tecnologica forte, uno sviluppo di capacità militari e la costituzione di un’agenda politica comune che consenta di utilizzare queste capacità. “Negli anni – ha spiegato Guerini – è mancata la capacità di rafforzare questi strumenti necessari, ma alcuni passi in avanti sono stati fatti, soprattutto in termini di consapevolezza dell’opinione pubblica”.

… LE ECCELLENZE NAZIONALI…

Certo, permane il rischio di antagonismi interni all’Ue che possono rallentare il processo di integrazione. Lo ha evidenziato Giorgetti, sottolineando che “l’interesse nazionale deve essere rivendicato con forza e l’Italia deve muoversi in sinergia con i suoi campioni nazionali”. In sintesi, anche il nostro Paese dovrà agire per preservare le sue nicchie di eccellenza. Il ministro ha anche riconosciuto che esiste un gap tecnologico soprattutto nei confronti degli Stati Uniti, e che ci sono altri Paesi con cui stiamo recuperando posizioni, in particolare Russia e Cina. “Questo gap – ha detto Giorgetti – può essere recuperato ma farlo richiede investimenti adeguati con una proiezione temporale pluriennale” e comunque sempre in coordinamento con gli sforzi dell’industria europea.

… E IL RAPPORTO CON LA NATO

E poi resta il grande tema della “autonomia strategica europea”, o meglio della sua interpretazione, se radicale (come indipendenza da Usa e Nato) o moderata. L’Italia ha sempre sostenute la seconda lettura del concetto, affermando l’esigenza di evitare duplicazioni e di sviluppare un approccio sinergico. “L’autonomia strategica – ha detto Guerini ieri – è una responsabilità che l’Europa deve assumersi se vuole diventare un soggetto globale che si occupa di sicurezza”, tenendo presente che “un maggiore impegno verso la Difesa europea  andrà a rafforzare il nostro contributo all’architettura di sicurezza collettiva che ha nella Nato un pilastro fondamentale”.

“Siamo convinti dell’esigenza di sviluppare una difesa comune europea, che rafforzi il ruolo dell’Unione come fornitore di sicurezza globale”, ha detto Luigi Di Maio nel suo video-messaggio d’auguri ad Elettronica. D’altra parte, ha aggiunto, “anche in ambito Nato si sta discutendo su come mantenere il vantaggio tecnologico, portando avanti lo sviluppo di tecnologie emergenti e dirompenti”. È questo un elemento da tenere in considerazione in vista della nuova dichiarazione congiunta Nato-Ue attesa entro la fine dell’anno, con entrambe le organizzazioni ora alle prese con due processi di riflessione interna: il Concetto strategico per l’Alleanza, e lo Strategic compass per l’Unione. Tra gli obiettivi c’è il mantenimento del vantaggio tecnologico. Difatti, ha spiegato Di Maio, “l’innovazione sarà la parola-chiave per avere una ripresa che sia sostenibile e resiliente alle sfide della contemporaneità”.

LA LINEA DI DRAGHI

Sul tema della autonomia strategia, ad aver mostrato una postura apparentemente differente è stato Mario Draghi, che la scorsa settimana ha detto che “la Nato sembra meno interessata all’Europa” e che (rispondendo direttamente a Jens Stoltenberg) ha aggiunto di non credere ” che qualsiasi cosa che cresca fuori dalla Nato la indebolisca”. Tutto ciò si apre a molteplici interpretazioni, ma dimostra comunque un approccio pragmatico alla questione, evidente con la frase storica (considerando che non si ricordano altri presidenti del Consiglio ad averla pronunciata) per cui “bisognerà spendere molto di più nella Difesa di quanto fatto finora”. Inoltre, con la fine dell’era targata Angela Merkel c’è la prospettiva di acquisire protagonismo nel dibattito continentale, sfruttando la disponibilità mostrata dall’amministrazione di Joe Biden e limitando gli ampi margini d’azione solitaria della Francia. Parigi avrà il prossimo turno di presidenza del Consiglio dell’Ue e ha già promesso un’accelerazione sulla Difesa comune.

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