“Ho sempre scritto poesie, sin da bambina, ma come una specie di atto naturale, non accompagnato da nessuna consapevole ambizione. Poi a un certo punto della mia vita qualcuno di cui mi fidavo mi ha detto che ero poeta. E io ci ho creduto”. Sono le parole della poeta Patrizia Cavalli, morta il 21 giugno a Roma, dopo una lunga malattia, a 75 anni.
Racconta, Cavalli, nell’intervista di Lisa Ginzburg, che quella persona fidata che le disse di essere poeta fu Elsa Morante, a cui diede da leggere le sue poesie, ma solo dopo richiesta della stessa Morante. Che le lesse, e poi disse “Sono felice, Patrizia, sei una poeta”.
Del rapporto con Morante, diceva: “Prima di conoscere Elsa ero piuttosto sola, frequentarla fu come passare dalla miseria alla ricchezza: non soltanto per l’orgoglio e il piacere di esserle amica – non era mai un piacere calmo, ma sempre teso e sonoro- ma anche per la meravigliosa sensazione di entrare in un mondo di amici e di abitudini tutto nuovo, e che a me pareva il meglio che avessi mai sperato”.
Nata a Todi nel 1947, Patrizia Cavalli è arrivata a Roma poco più che ventenne. Aveva esordito nel 1974 con “Le mie poesie non cambieranno il mondo”, pubblicato da Einaudi, editore di quasi tutti i suoi libri, cui sono seguiti nell’81 “Il cielo” e “L’io singolare proprio mio” del 1992, riunite in “Poesie” (1974-1992). Nel 2020 era entrata nella cinquina del Premio Campiello con “Passi giapponesi” (Einaudi. Supercoralli), una raccolta di prose con potenti immagini e stati d’animo.
Poetessa pura, autrice di libri come “Pigre divinità e pigra sorte”, “Datura”, Cavalli aveva una grande passione per il teatro come testimonia la raccolta “Sempre aperto teatro” del 1999. La sua ultima raccolta di poesie pubblicata da Einaudi è “Vita meravigliosa” uscita nel 2020.
Ecco le foto di Umberto Pizzi.
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