Il colosso automotive ha annunciato una serie di accordi per le forniture di semiconduttori, in una nuova visione strategica per la gestione e la sicurezza delle forniture. Per l’elettrificazione della flotta, anche un nuovo investimento negli Usa sulle batterie. Intanto prosegue il dialogo con il governo italiano, che il ministro delle Imprese e Made in Italy ha definito “molto positivo” in vista dell’obiettivo di un milione di veicoli prodotti nel nostro Paese
Con l’accelerazione della domanda di semiconduttori da parte dell’industria automobilistica, Stellantis sta attuando una strategia articolata per gestire e garantire la fornitura a lungo termine di microchip di importanza vitale per i desiderata del gruppo.
La crisi dei chip intercorsa tra il 2020 e il 2021, parzialmente rientrata nel corso dell’anno successivo, ha messo a dura prova le linee produttive dei colossi dell’auto mondiale, con perdite stimate di centinaia di miliardi di dollari per il blocco degli impianti. La necessità di ripensare le catene di approvvigionamento per shock naturali o crisi sistemiche – guerre, inflazione, carenza di materie prime e crisi geopolitiche in chockpoint cruciali per la manifattura globale, come Taiwan – dal paradigma del just in time si accompagna alla transizione ai veicoli elettrici (Ev) che aumenterà esponenzialmente, con l’elettrificazione della flotta, la domanda di chip per veicolo.
Sviluppata da un team inter-funzionale, la strategia messa in campo da Stellantis è stata creata grazie a una rigorosa valutazione dei desideri dei clienti per le caratteristiche tecnologiche avanzate e a una forte attenzione per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel piano Stellantis Dare Forward 2030. Presentato nel marzo 2022, il piano comprende l’azzeramento delle emissioni di carbonio entro il 2038, oltre al raggiungimento del 100% di veicoli elettrici in Ue e del 50% negli Usa entro il 2030, abbinando all’elettrificazione la rivoluzione digitale del comparto auto. Per investimenti complessivi da circa 35.5 miliardi di dollari.
DAI CHIP…
Secondo il Global Automaker Rating 2022 dell’International Council on Clean Transportation (Icct), Stellantis totalizzava un rate di 50, posizionandosi al quinto posto dietro ai market leader dell’elettrico, l’americana Tesla e la cinese Byd, e ai tedeschi Bmw e Volkswagen. Tra i criteri, lo share di mercato per gli Ev, la performance tecnologica dei veicoli e la visione strategica.
La strategia del gruppo, che verrà in seguito perfezionata a seconda del contesto macroeconomico, comprende una serie di misure, tra cui: 1. l’implementazione di un database dei semiconduttori per fornire una trasparenza totale sul contenuto dei semiconduttori; 2. valutazione sistematica dei rischi per evitare e rimuovere in modo proattivo i componenti legacy; 3. previsione a lungo termine della domanda a livello di chip per sostenere gli accordi a lungo termine della capacità con i produttori di chip e le fonderie di silicio; l’implementazione e l’applicazione di una Green List per ridurre la diversità dei chip e – in caso di future carenze di chip – permettere a Stellantis il controllo dell’allocazione; infine, l’acquisto di componenti cruciali presso i produttori di chip, compresa la firma di accordi a lungo termine della fornitura di chip.
Stellantis ha iniziato a collaborare con fornitori strategici di semiconduttori come Infineon, Nxp Semiconductors, Onsemi e Qualcomm per migliorare ulteriormente le sue nuovissime piattaforme e tecnologie Stla all’avanguardia. Inoltre, come di analizzato su queste colonne, Stellantis sta collaborando con ai Motive e SiliconAuto per sviluppare in futuro i propri semiconduttori differenzianti.
In particolare, per assicurarsi le forniture di chip e prevenire potenziali carenze sul mercato Stellantis ha siglato contratti per oltre 10 miliardi di euro, con l’obiettivo di stabilizzare i piani di elettrificazione che prevedono di integrare sistemi high-tech sempre più avanzati, grazie alle nuove partnership con i chipmakers. Si tratta di una mossa che, in realtà, è sintomo di un trend strutturale: la crescente integrazione tra produttori di auto e chip, verso una transizione del veicolo non solo per dire addio al motore a combustione interna nell’ottica di un carbon offset della produzione e della flotta circolante, ma soprattutto per approdare ad una nuova forma di esperienza della guida.
Alla base di questa “computerizzazione” dell’auto, i chip al carburo di silicio (SiC), designati di recente dal Dipartimento dell’Energia come materiali critici per la transizione energetica. Non solo per l’infotainment a bordo del veicolo, ma anche – e soprattutto – per ottimizzare l’esperienza di guida e i sistemi a trazione con la batteria elettrica, oltre ai consumi. Riconosciuti per le loro impareggiabili proprietà elettriche, questa nuova generazione di chip promette di aiutare i carmakers a combattere i problemi dell’autonomia dei veicoli a batteria, favorendone una più ampia adozione.
Gli accordi di fornitura riguardano: i Sic Mosfets, fondamentali per aumentare le prestazioni delle batterie (e dunque il range di guida); i microcontrollori (Mcu), componenti chiave per l’architettura software del veicolo; e i system-on-a-chip (Soc) essenziali per le performance computazionali dei sistemi di infotainment e di guida autonoma).
“Una strategia efficace per i semiconduttori richiede una profonda conoscenza dell’industria dei chip”, ha dichiarato Maxime Picat, Chief Purchasing and Supply Chain Officer di Stellantis. “Nelle nostre auto abbiamo centinaia di semiconduttori molto diversi tra loro. Abbiamo costruito un ecosistema completo per ridurre il rischio che un chip mancante possa bloccare le nostre linee [produttive n.d]. Allo stesso tempo, le funzionalità chiave dei veicoli dipendono direttamente dall’innovazione e dalle prestazioni dei singoli dispositivi. I Mosfet Sic estendono l’autonomia dei nostri veicoli elettrici, mentre le prestazioni di calcolo di un SoC all’avanguardia sono essenziali per l’esperienza del cliente e la sicurezza”.
Parole che sottendono la criticità delle forniture di chip, in un contesto di forte stress sul mercato in seguito alla decisione della Cina, in ritorsione alle misure di ‘guerra’ tecnologica degli USA – che preoccupano la Semiconductor Industry Association (SIA) sui potenziali effetti distorsivi sul mercato e per la competitività dei chipmakers americani – di inserire gallio e germanio, e i relativi materiali compositi per la fabbricazione di wafer, in una prossima lista di prodotti proibiti alle esportazioni senza apposita licenza governativa.
L’Unione Europea, con l’European Chips Act e il Critical Raw Materials Act, si pone ambiziosi obiettivi per rispettivamente aumentare la quota di produzione dei chip al 20% entro il 2030 e di materiali critici. Nell’ultimo anno sono infatti seguiti importanti annunci dei principali produttori europei, tra cui Infineon, STMicroelectronics e le americana Wolfspeed e GlobalFoundries per investire in nuove foundry sul suolo continentale, per servire i clienti automotive e i piani di elettrificazione Ev. Tra gli altri potenziali problemi, la difficoltà a reperire personale qualificato e ingegneri specializzati: un problema non da poco che ha portato la stessa Tsmc a ritardare l’apertura della foundry in Arizona.
Secondo le stime di SFG Research, al 2025 la quota di mercato globale nel segmento dei chip al carburo di silicio vedrà la tedesca Infineon al 13%, l’italo-francese Stm al 25% e le due americane Wolfspeed e Onsemi rispettivamente al 23 e 26%. Con molte delle fonderie comunque concentrati nell’Asia-Pacifico, in Cina e non solo, in vicinanza ai fornitori di wafer giapponesi e coreani.
ALLE BATTERIE…
Ed è proprio dalla collaborazione con la coreana Samsung SDI che passa la strategia del gruppo Stellantis per rafforzare il comparto batterie, con un nuovo e significativo investimento negli Stati Uniti annunciato il 24 luglio.
Le due aziende infatti investiranno, congiuntamente, 3.2 miliardi di dollari per costruire un secondo impianto in Indiana per la produzione di batterie per Ev, a seguito della formalizzazione di una joint venture (StarPlus Energy) circa un anno fa e dell’Inflation Reduction Act (Ira) statunitense. L’annuncio arriva dopo che, all’inizio del mese, Stellantis aveva ripreso la costruzione di un impianto di produzione presso il complesso produttivo di batterie a Windsor, in Ontario, in partnership con LG Energy Solution. La costruzione era stata interrotta per sette settimane a causa di un disaccordo con il governo canadese sugli incentivi da fornire al progetto. Il Canada e la provincia dell’Ontario hanno infine concordato di fornire 11 miliardi di dollari in sovvenzioni per eguagliare quanto offerto dagli Stati Uniti ai produttori di batterie nell’ambito della legislazione dell’Ira.
Il nuovo sito negli Usa avrà una capacità di circa 24 GWh all’anno entro il 2027, e si affianca a quello di Kokomo annunciato nel maggio 2022, espanso dalle iniziali 22GWh a 33 con le attività che potrebbero iniziare nel primo quadrimestre del 2025. Stellantis potrà così garantire al mercato USA circa 67 GWh di capacità, sufficiente a rispettare il target di 50% dell’output con Ev. “Con questo nuovo impianto” ha dichiarato Carlos Tavares, ceo del gruppo, “avremo la capacità di fornire almeno 25 modelli di veicoli elettrici negli Stati Uniti”. Tra i brand più venduti, si annoverano Dodge, Jeep, Ram, Chrysler, Alfa Romeo e Fiat. Con Stellantis, Samsung cementa una collaborazione strategica negli Usa, a consolidare una presenza con all’attivo un impianto in gestione congiunta con General Motors.
Per gli obiettivi più stringenti in Europa, il gruppo dovrà arrivare ad una capacità di 400 GWh, e sta costruendo gigafactory in Francia, Germania e Italia.
Proprio la questione sui piani industriali del gruppo nel nostro Paese è al centro di un sentito confronto con il governo Meloni e le controparti sociali, tra cui i sindacati. In particolare, a guidare i colloqui con Stellantis il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Tramite l’istituzione di questo gruppo di lavoro tecnico, l’obiettivo del governo è quello di rilanciare il settore automotive italiano, approfittando della rapida trasformazione per non perdere importanti treno di sviluppo e, soprattutto, per riqualificare piccole-medie imprese (e i lavoratori) verso l’elettrificazione della flotta.
Tra i target proposti al tavolo delle trattative, quello di portare la produzione nazionale di auto verso quota 1 milione di vetture ogni anno. A seguito dell’ultimo incontro, avvenuto nella giornata di lunedì 24 luglio e che Urso ha definito come “molto positivo”, è stata ribadita la necessità di invertire la rotta della desertificazione industriale. Un declino che potrebbe essere accelerato senza investimenti lungo le filiere del futuro automotive che, come visto in precedenza, corrono su batterie e semiconduttori.
“Abbiamo posto a Stellantis obiettivi significativi: produrre un milione di autovetture l’anno secondo un cronoprogramma preciso, maggiori investimenti in ricerca e sviluppo e nuovi modelli innovativi da realizzare al fianco della gigafactory che si occuperà della produzione delle batterie elettriche. Infine, un accordo di transizione per l’indotto italiano dell’auto, per accompagnarlo rispetto alle nuove sfide nei campi ambientale e digitale.”
Nell’incontro precedente, il ministro aveva auspicato un accordo entro luglio. Nel mirino i fondi del REPowerEU e le risorse rivisitate del Pnrr. È a Termoli che dovrebbe aprire, entro il 2026, la nuova gigafactory di Stellantis, dopo quella annunciata in Francia. Il sito sarà guidato in joint venture da Stellantis, Mercedes e Total, destinato ad assicurare circa 1.800 posti di lavoro.