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Chi se la passa meglio tra Francia e Italia. Tutti i numeri

A quasi quattordici anni dalla crisi del debito sovrano, l’Italia si scopre più in salute e benvoluta dai mercati e non certo per caso. Al contrario, a Parigi si tocca con mano lo spettro di una perdita di credibilità agli occhi degli investitori. La reazione rabbiosa del governo transalpino farcita di accuse e l’invito alla calma di Mario Monti

Fino a dieci anni fa sarebbe stato impensabile. Oggi però la malata d’Europa non è più l’Italia, bensì la Francia. Quella Francia che, in asse con la Germania, diede vita al famoso direttorio franco-tedesco, che per due decenni buoni decise le sorti di molte economie europee, a cominciare da quella greca. Ma in questi mesi gli equilibri si sono ribaltati e per ragioni precise. Parigi tocca con mano la crisi del debito sovrano, come l’Italia di 15 anni fa, vivendo lo spettro di interventi invasivi su pensioni, spesa pubblica e investimenti, oltre a saggiare l’onta di possibili declassamenti del debito da parte delle agenzie di rating e l’innominabile aumento delle tasse.

La prova, come sempre, è nei numeri. Il tasso di interesse sul debito francese a 30 anni ha superato ai primi di settembre il 4,50%, per la prima volta dal novembre del 2011, proprio l’anno e i giorni in cui si consumò l’attacco dei mercati all’Italia che mandò a picco l’ultimo governo Berlusconi. Profetiche le parole, piombate sulla scena europea in pieno agosto, del ministro dell’Economia, Eric Lombard, secondo il quale la Francia a breve pagherà il suo debito più dell’Italia. Previsioni di sventura condivise anche dalla stessa stampa transalpina, come dimostra un editoriale, sempre agostano, di Le Monde, che avvisava il già traballante governo di François Bayrou: attenti perché Parigi è messa peggio dell’Italia.

Per la verità l’agganciamento, de facto, già avvenuto visto che il costo dei titoli francesi (Oat) è ormai appaiato a quello dei Btp italiani (se la Grecia ha uno spread intorno ai 71 punti sul titolo decennale rispetto al Bund tedesco, pagando quindi interessi al 3,43%, la Francia è a 79 punti mentre il Regno Unito è addirittura a quota 200. E l’Italia è a 89 punti base, con redimenti sul decennale al 3,7%). Già a luglio, comunque, le prime avvisaglie, con il rendimento dei titoli di Stato francesi a 5 anni avevano per un breve tempo superato gli analoghi Btp italiani, al 2,66% gli Oat francesi contro i Btp al 2,64%.

I francesi, forse, non erano pronti a tutto questo, anche se i motivi di tale inversione ci sono. Tanto per cominciare la Francia ha registrato nel 2024 un deficit pubblico del 5,8% con un debito salito a fine marzo a 3.345 miliardi di euro (ovvero il 114% del Pil) e con una crescita per il 2025 stimata dai tecnici dell’esecutivo francese non superiore allo 0,7%. L’Italia, tanto per farsi un’idea, ha un debito pubblico di poco superiore ai 3 mila miliardi. E poi c’è la crisi del governo Bayrou. Atteso il prossimo 8 settembre al vaglio del Parlamento, con la ragionevole prospettiva di una sfiducia, che ne provocherebbe la caduta. Lo stesso premier, infatti, ha presentato ai partiti un progetto di bilancio molto duro, essenzialmente a base di tagli, mandando di traverso alle forze politiche la prossima manovra francese.

E che in Francia tiri una brutta aria lo dimostra anche la reazione, tutta nervosa, dello stesso capo dell’esecutivo transalpino. Il quale, pochi giorni fa, ha accusato Roma di applicare una politica di dumping fiscale, riferendosi alla pratica che seguono alcuni stati per attrarre capitali dall’estero offrendo regimi fiscali agevolati soprattutto per le persone più ricche. L’accusa è stata respinta dal governo italiano, per bocca di molti suoi ministri, unitamente a una nota alquanto piccata da parte di Palazzo Chigi.

Giorgia Meloni, di concerto con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, hanno messo a terra fin qui tre manovre (la prima, quella del 2022, fu scritta in parte da Mario Draghi), estremamente prudenti andando ad incidere laddove c’erano le coperture per farlo. Un taglietto all’Irpef, un mini-intervento sul cuneo fiscale. Troppo poco? No, il guadagno è arrivato proprio da quei mercati che hanno reso il debito italiano meno costoso, convincendo così in serie le stesse agenzie di rating, mai così tenere con l’Italia, che i conti pubblici erano e sono più che sostenibili. E se persino Christine Lagarde, presidente della Bce, ha ammesso che di questo passo Roma uscirà a breve dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, scattata nel giugno del 2024, allora vuol dire che davvero qualcosa è cambiato. “L’Italia in termini di bilancio oggi fa degli sforzi molto seri, e trovandosi prossimamente al 3% di deficit probabilmente uscirà dal regolamento di coproprietà che ho appena evocato”, ha chiarito il numero uno della Bce.

Eppure, nonostante i guai francesi e i veleni di Parigi, non è tempo di mettersi a litigare su chi se la passa meglio. Che in Francia ci sia del nervosismo è evidente, ma questo non giustifica le accuse di dumping fiscale praticato a suo giudizio dall’Italia. Accusa “poco pertinente”, secondo l’ex premier Mario Monti, l’uomo chiamato in quel difficile e drammatico novembre 2011 dal Quirinale a tentare di raddrizzare i conti italiani. “Un governo che in questo momento ha le difficoltà del governo francese farebbe bene a cercare la collaborazione e l’apporto di tutti, più che dare luogo a queste piccole querelle. L’attuale governo italiano ha colpito gli osservatori molto positivamente dal punto di vista della sua prudenza nella gestione di bilancio”, ha ammesso il senatore a vita, intervistato dal Corriere della sera.

“Nonostante la maggioranza di governo sia composta da partiti che per anni hanno aspramente criticato gli interventi di bilancio e le riforme strutturali attuate nel 2011-2012, sia la premier Meloni di Fratelli d’Italia sia il ministro dell’Economia Giorgetti della Lega hanno condotto una politica di bilancio molto prudente, che ha dato i suoi frutti nei mercati finanziari. Italia e Francia dovrebbero mettere da parte questi piccoli litigi che non portano da nessuna parte e agire insieme, ad esempio per guidare il fronte contro l’esenzione dalla global minimum tax che gli Stati Uniti hanno ottenuto al G7”, ha concluso Monti. Succederà?


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