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La sfida dell’acqua nell’agricoltura del 3° millennio. Tutti i numeri dell’osservatorio Acea-Intesa Sanpaolo

Dopo aver siglato, lo scorso anno, una partnership per la salvaguardia del bene più prezioso del Pianeta, la banca torinese e la multiutility capitolina hanno presentato il loro secondo osservatorio. Partendo da una considerazione: senza formazione e buona finanza, non c’è transizione. E ci sarà anche il primo corso nazionale di water management

L’acqua è un bene di tutti, ed è necessario fare di tutto per proteggerlo. Questo lo spirito con cui Acea e Intesa Sanpaolo hanno collaborato per dare vita al secondo report congiunto sul settore idrico, che sensibilizza sull’utilizzo dell’acqua nella filiera agroalimentare, e al primo corso in Italia sui water manager. I frutti della partnership tra le due realtà, siglata nel 2024, sono stati presentati all’evento Acqua, una risorsa strategica per l’impresa sostenibile, organizzato a Roma.

La mission è guidare e sostenere le imprese, soprattutto quelle del settore agricolo e manifatturiero, verso una migliore e più sostenibile gestione della risorsa idrica, al centro di una transizione importante tanto quanto quella energetica. Nel corso dei lavori, come detto, è stato presentato il secondo numero dell’Osservatorio sul settore idrico La sfida dell’acqua nell’agricoltura del terzo millennio. Lo studio elaborato dal Research department di Intesa Sanpaolo e da Acea è dedicato all’analisi dell’uso dell’acqua in agricoltura, dell’impatto del cambiamento climatico sulla sua disponibilità e alle strategie di resilienza per il settore, con l’obiettivo di offrire una visione organica e strategica in grado di sostenere la transizione verso una gestione più equa, efficiente e responsabile della risorsa idrica. Un importante tassello per la resilienza del settore idrico è rappresentato dalla possibilità di riuso della risorsa, tematica alla quale era dedicato il primo numero dell’Osservatorio Acea-Intesa, uscito nel luglio 2024.

Un po’ di numeri. L’agricoltura è un settore con un ruolo di rilievo nell’economia del nostro Paese: il valore aggiunto, si legge nel report, del settore agricolo italiano è stato stimato pari a 42,5 miliardi di euro nel 2024 e ha dato occupazione a 930 mila addetti nel 2023. Il comparto fornisce prodotti di elevata qualità ai consumatori e all’industria alimentare e delle bevande ed è riconosciuto per il suo valore non solo in Italia ma anche all’estero. La filiera agro-alimentare (intesa come somma del settore primario e dell’industria alimentare e delle bevande) ha generato nel 2023 un valore aggiunto di 76 miliardi di euro, con un peso del 4% sul totale nazionale, e ha dato occupazione a 1,4 milioni di addetti, il 5,4% del totale italiano.

Ora, la filiera agro-alimentare sta diventando sempre più consapevole sia della rilevanza della risorsa idrica, sia delle criticità e dei rischi connessi alla sua scarsità. In Italia, a differenza di altri Paesi europei, il settore agricolo è un grande utilizzatore di acqua (assorbe il 60% dei consumi complessivi) e registra un’elevata propensione all’irrigazione. Dove sta il problema? Nel fatto che le trasformazioni in atto sono rese ancor più urgenti dall’intensificarsi degli effetti del cambiamento climatico. Il report sottolinea come “i fenomeni meteorologici estremi si manifestano con frequenza crescente e impatto sempre più distruttivo, colpendo in modo diretto le rese agricole e rendendo più fragile il rapporto tra uomo, territorio e produzione. Le colture mediterranee, in particolare, si trovano esposte a condizioni climatiche anomale che ne mettono a rischio la sostenibilità economica e la funzione alimentare”.

Ed ecco il ruolo della finanza. La quale “gioca un ruolo fondamentale come abilitatore sia degli investimenti volti a migliorare l’efficienza nell’uso di risorse idriche sia per adeguare la dotazione infrastrutturale e conseguire una maggiore resilienza del settore. La finanza pubblica, attraverso sovvenzioni, fondi strutturali, piani straordinari e prestiti agevolati, sta fornendo risorse cruciali per ammodernare le reti irrigue italiane, riducendo sprechi e vulnerabilità, incentivando un uso più sostenibile della risorsa in agricoltura e favorendo l’adeguamento infrastrutturale”. Quanto alla finanza privata “riveste un ruolo sempre più attivo nel supportare gli investimenti per l’efficienza idrica in agricoltura grazie all’adozione di prodotti finanziari ad hoc, con condizioni agevolate o garanzie specifiche. Le banche e gli investitori istituzionali assumono, quindi, un ruolo fondamentale nel promuovere soluzioni avanzate e nel favorire l’adozione di tecnologie intelligenti. Anche sul tema delle infrastrutture il sistema finanziario è un elemento abilitante, apportando non solo capitali specifici ma anche know-how e competenze”.

Senza dimenticare la formazione, vera e propria quintessenza di ogni transizione. Acea e Intesa hanno anche promosso il corso di water manager, il primo di questo tipo lanciato in Italia, che vuole creare delle figure specializzate nella gestione dell’acqua. Come ha chiarito Marco Pastorello, chief transformation officer di Acea, “l’accordo tra Acea e Intesa Sanpaolo, caso unico a livello internazionale, dimostra come la collaborazione con le istituzioni finanziarie sia strategica per rendere possibile la transizione idrica. Nuovi modelli di finanziamento sono essenziali per mobilitare i capitali necessari a colmare il gap globale nelle infrastrutture idriche, che stimiamo collocarsi nelle centinaia di miliardi di euro all’anno, e generare impatti concreti sull’economia e sulla competitività delle imprese. Allo stesso tempo, investire in formazione e ricerca è fondamentale per sensibilizzare i cittadini e formare professionisti più consapevoli: l’Osservatorio idrico e il corso water manager, nati dalla collaborazione tra Acea e Intesa Sanpaolo, ne sono esempi concreti”.


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