La capacità del Cremlino di influenzare il dibattito occidentale combina infrastrutture ad alta intensità come il network Pravda, che ottiene legittimità tramite migliaia di backlink inconsapevoli, con campagne tattiche basate su presunti hack and leak rilanciati da Telegram e dai media statali russi
Il network Pravda, operazione informativa ad alto volume del Cremlino, utilizza un dominio principale e decine di sottodomini, attraverso i quali ha pubblicato oltre 6 milioni di articoli in dieci anni, con un ritmo di aggiornamento di pochi secondi. La struttura, tentacolare e multivettoriale, aggrega contenuti provenienti da: canali Telegram pro-Russia, media statali russi e siti terzi, ideologicamente affini.
La sua natura è più industriale che editoriale, i suoi contenuti più quantitativi che qualitativi, con la grande mole di produzione intesa come il vero vettore di influenza. Tale volume permette ai contenuti Pravda di comparire nei risultati di ricerca, nei dataset di addestramento degli LLM e in piattaforme basate su citazioni collaborative come Wikipedia.
Backlink come vettore di credibilità (non intenzionale)
Tra luglio 2024 e luglio 2025, l’analisi dell’Institute for Strategic Dialogue ha identificato 919 siti che hanno linkato articoli del network. Lo studio, che si concentra sui 303 siti in inglese, quelli con maggiore impatto sull’informazione globale, sottolinea alcuni dati utili ai fini della comprensione del network: 81% dei link analizzati trattano gli articoli Pravda come fonti credibili, mentre l’11% li contestualizza solo parzialmente (riconoscendo la provenienza russa, ma non l’appartenenza a un’operazione informativa). Solamente il 3%, secondo ISD, li inserirebbe nel giusto contesto, descrivendo esplicitamente il network come una struttura pro-Russia; mentre il restante 5% sarebbe costituito da collegamenti incidentali (commenti, sezioni marginali del sito).
Il punto chiave, e la debolezza dell’algoritmo, sta anche solamente nel semplice inserimento del link. Infatti, indipendentemente dall’intenzione dell’autore, l’inserimento di un collegamento col network Pravda viene interpretato dagli algoritmi come segnale di affidabilità e rilevanza. Così, anche le pagine che contestano il contenuto finiscono per contribuire alla sua visibilità.
Chi inserisce link del network: un ecosistema eterogeneo
La distribuzione delle tipologie di siti che linkano Pravda, analizzato da ISD, offre un’indicazione chiara della penetrazione della rete: il 75% sono siti di commentary, come blog, aggregatori, opinionisti, piattaforme politiche. Il 20% appartengono alla categoria di reporting e ricerca, come media tradizionali, università, think tank, fact-checker. E solamente il 5% si rivelano essere siti già collegati alla galassia mediatica russa.
Qui, il dato rilevante è la presenza significativa di siti con standard editoriali riconosciuti, dovuta anche alla capacità del network di raggiungere giornalisti e analisti grazie, soprattutto, all’enorme volume di pubblicazioni su temi strategici.
Le percentuali relative agli argomenti trattati dalle pagine che linkano Pravda sono indicative e danno una prima spiegazione del come queste narrazioni riescano a intrufolarsi anche all’interno di piattaforme editoriali riconosciute. Il 40% delle tematiche Pravda riguardano Russia o Ucraina, il 15% tratta la politica statunitense mentre la restante quota si distribuisce tra Medio Oriente, terrorismo, economia globale e politiche climatiche e sanitarie.
Il fronte (informativo) occidentale
Secondo le analisi di Dfr Lab, nel bimestre agosto-settembre, l’ecosistema mediatico pro-Russia avrebbe rilanciato una serie di messaggi pensati per indebolire il sostegno occidentale all’Ucraina. La notizia, da sola, non rappresenta una novità. Ma l’utilizzo di presunti hack and leak per insinuare l’idea di un esercito ucraino in collasso e di alleati pronti a spartirsi il Paese sotto copertura di aiuti militari rappresenta, così come le modalità del Pravda network, un passo in avanti nell’aggressione informativa ai danni dell’ecosistema percettivo occidentale.
Entrambi i filoni narrativi seguono un copione ormai consolidato, come analizzato dal paper del Dfr Lab. Nascita su Telegram o su media marginali, presa in carico da media statali russi come Ria Novosti, RT e Sputnik, e successiva amplificazione su canali Telegram e piattaforme a bassa moderazione.
Modalità operative
Il primo episodio analizzato, centrato sull’accusa di 1,7 milioni di militari ucraini uccisi, è stato attribuito a un presunto attacco hacker ai sistemi del comando generale ucraino. L’operazione è stata immediatamente rilanciata dal canale informativo russo Mash, noto per la sua vicinanza al Cremlino, e poi validata simbolicamente da Ria. La seconda narrativa, che suggeriva una presunta spartizione dell’Ucraina tra Francia, Regno Unito, Polonia e Romania, è emersa inizialmente dal sito italiano L’Antidiplomatico (“Il Piano dei Volenterosi che bramano spartirsi l’Ucraina”, 11 settembre 2025), per poi circolare su Telegram e ottenere ulteriore visibilità solamente quando Viktor Orbán ha ripreso pubblicamente il tema.
In entrambi i casi, la piattaforma centrale è Telegram, dove centinaia di account, spesso piccoli, non sempre direttamente riconducibili allo Stato russo, hanno spinto i contenuti senza ricorrere a spam massivi. La struttura a rete, con account-relay, aggregatori e military bloggers, permette una diffusione rapida ma sufficiente a produrre milioni di visualizzazioni in pochi giorni. La parallela comparsa di contenuti su TikTok e Facebook conferma la capacità della narrativa di fuoriuscire dall’ecosistema Telegram e raggiungere un pubblico più ampio, pur senza segnali evidenti di coordinamento operativo.
Il contesto informativo gioca un ruolo chiave. Kyiv non pubblica dati completi sulle proprie perdite, e le stime disponibili, dalle dichiarazioni ufficiali di Zelensky ai calcoli di vari think tank, sono molto divergenti. Questa asimmetria informativa crea uno spazio facilmente sfruttabile dalle operazioni di guerra informativa e manipolazione delle percezioni pro-Cremlino, soprattutto durante fasi delicate come i negoziati di pace intermittenti.
L’obiettivo? Erodere la difesa cognitiva, epistemica e percettiva occidentale degli alleati ucraini. Confondere, impaurire, sfruttare le crepe sociali, politiche, economiche già presenti. Ridurre la fiducia dell’opinione pubblica occidentale nella capacità ucraina di sostenere la guerra, alimentare l’idea che gli aiuti siano inefficaci e insinuare divisioni tra Kyiv e i suoi partner.















