Che cosa non si riesce a fare per tigna, versione romanesca di ostinazione, caparbia, dispetto, magari anche a propria insaputa, cedendo più all’istinto che alla ragione.
Penso che sia stato proprio per tigna che Antonio Bassolino si è messo in corsa per tornare a fare il sindaco di Napoli, e non solo per la convinzione dichiarata di fare un servizio alla città, o al suo partito, il Pd. Che senza di lui potrebbe solo scegliere da chi essere sconfitto: dal sindaco uscente Luigi de Magistris, o da un qualsiasi candidato dei grillini, vista anche la competenza guadagnatasi a Livorno con il loro sindaco finito tra i rifiuti, o persino dal centrodestra, per quanto diviso pure a Napoli.
Per tigna, più che per la solita e conclamata aspirazione al cambiamento, versione moderata o meno sgarbata della rottamazione di stampo renziano, si è levata dalla sede nazionale del Pd una reazione così dura alla prenotazione del biglietto per il viaggio delle primarie da parte di Bassolino. Una reazione tanto acre e controproducente che Renzi ha sentito il bisogno non di proporre ma di imporre una “moratoria” alle polemiche interne, che pure erano state avviate dai suoi due vice segretari.
E per tigna, se fossi napoletano, voterei Bassolino, perdonandogli magari la lunga militanza comunista, e quel modo anche di parlare che lo riporta al suo antico leader di riferimento, che era l’acchiappanuvole Pietro Ingrao. Per quanto mi riguarda, potrei consolarmi con la certificazione di buon latinista rilasciatagli a sorpresa, di recente, dal nostro comune amico Paolo Isotta, napoletano doc.
La sola ipotesi ventilata dal vertice del Pd di cambiare le regole delle primarie apposta per impiccare Bassolino alle due lontane esperienze di sindaco gli fa meritare un voto di solidarietà.
(ANTONIO BASSOLINO VISTO DA UMBERTO PIZZI. TUTTE LE FOTO D’ARCHIVIO CON DE MITA E…)
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Già tentato di mio per ragioni di simpatia personale, e di apprezzamento per la stanchezza, anzi per il rifiuto da lui opposto alla vecchia e consunta divisione del mondo politico fra destra e sinistra, sto sempre più maturando anche per tigna la voglia di votare a Roma come sindaco Alfio Marchini. Per tigna di fronte alla guerra dichiaratagli a destra dalla sorella dei fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Che, senza avere sinora neppure il coraggio di contrapporsi a lui come candidata, vuole ad ogni costo crocifiggerlo alle simpatie o militanze comuniste del padre, del nonno, della zia e di chissà quali e quant’altri parenti, di cui magari la giovanotta starà facendo le ricerche, convinta che siano ereditarie anche le identità e le scelte politiche.
(PER QUESTE FOTO, MELONI NON APPOGGIA MARCHINI… ARCHIVIO PIZZI)
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Per tigna voterei per qualsiasi posto al quale volesse un giorno candidarsi il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, visti gli insulti, o quasi, che sono stati capaci di rovesciargli addosso i dirigenti sindacali per avere osato mettere in discussione l’orario di lavoro come “unico” o principale riferimento della contrattazione. “Cottimo abbondante”, gli grideranno per dileggio al primo corteo in transito sulle strade e nelle piazze italiane.
Non c’è occasione, dico una, che i sindacati non si lascino scappare per confermarsi in ritardo, o fermi del tutto, sulla strada dell’ammodernamento del Paese. Continuano a reclamare il diritto al calesse e al telefono al muro. E poi si sorprendono, o cercano di nascondere con i più miserabili sotterfugi la perdita d’iscritti fra i giovani. Che non si sa, francamente, come e perché debbano sentirsi ben rappresentati da Susanna Camusso, o da Carmelo Barbagallo, o da quel logorroico di Maurizio Landini, convinto che basti alzare la voce e mitragliare parole più velocemente di un professionista del ritmo labiale come Enrico Mentana per risultare bravo e convincente.
(TUTTE LA FACCE DI MAURIZIO LANDINI)
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Un voto per tigna, purtroppo solo metaforico, non essendo io né deputato né senatore, spetta ad Augusto Barbera a giudice della Corte Costituzionale.
Non parlo degli altri candidati ai tre seggi a lungo vacanti nel Palazzo della Consulta perché contro Barbera è stato usato dai grillini, e più volte condiviso dai soliti franchi tiratori del suo partito, il Pd, il più inconsistente e odioso degli argomenti: di essere stato non condannato, non rinviato a giudizio, e neppure indagato, ma solo intercettato telefonicamente in un’inchiesta su concorsi universitari. Incredibile, ma vero.
(BARBERA, PITRUZZELLA E SISTO. LA TERNA PD-FI-AP-SC)
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Per tigna, infine, non foss’altro per non lasciarlo solo agli elogi di Eugenio Scalfari, merita un incoraggiamento Papa Francesco nella ricerca ironica, ma non troppo, di una nuova Lucrezia Borgia in Vaticano. Ricerca annunciata apprendendo, dalle cronache del processo da lui voluto sul cosiddetto Vatileaks 2, delle rivelazioni erotiche e spionistiche del monsignore spagnolo Vallejo Balda con la sua ex collaboratrice calabro-franco-marocchina Francesca Immacolata (si fa per dire) Chaouqui.
(FRANCESCA IMMACOLATA CHAOUQUI VISTA DA PIZZI. TUTTE LE FOTO)