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Basterà Stefano Parisi per riunire i moderati?

stefano parisi

Daniela Santanché in una intervista a Il Tempo si è dichiarata nettamente contraria all’ipotesi Stefano Parisi quale deus ex machina del centrodestra, secondo la visione berlusconiana. Per rimettere insieme i tantissimi frammenti dello schieramento dei moderati che fu, non basta un manager designato dal proprietario di Forza Italia, c’è bisogno di un percorso selettivo(primarie) che porti alla individuazione del leader. Queste in sostanza alcune affermazioni della Santanché, che senza giri di parole chiarisce la sua idea, e contesta a Berlusconi anche l’ipotesi (anacronistica?) di voler riunire i moderati, allo stato inesistenti considerato che non se ne vedono, ma ci sono, invece, numerosissimi arrabbiati.

A parte i toni pittoreschi utilizzati dalla vulcanica pitonessa di FI, nella sostanza le sue affermazioni, per alcuni aspetti, non sono campate in aria. Non è possibile continuare ad usare sempre lo stesso ingiallito e logorato spartito solo per dimostrare di esserci. C’è poi da capire per quali fini. Berlusconi, candidando Parisi a coordinatore dello schieramento che farebbe capo a FI evidenzia l’asfissia, l’impotenza politica in cui oggi si trova il suo partito. Si può mai credere che Parisi sia la medicina adatta per contrapporsi e prevalere sul Pd di Renzi e sul M5S? E’ necessario proporre soluzioni, idee programmatiche in sintonia con quelle degli elettori e coerenti con la mutata realtà in cui ci si trova.

Non basta dire bisogna riunire i moderati. Poteva andar bene nel 1994 tale scelta, quando Achille Occhetto segretario del Pds (ex-comunisti) organizzò nel neonato bipolarismo da maggioritario la meravigliosa macchina da guerra dei progressisti e in opposizione nacquero i moderati guidati da Berlusconi con Forza Italia. Ricominciare da quel tempo sembra assurdo, una vera e propria mancanza di percezione della realtà nazionale e internazionale. Sono accaduti fatti straordinari durante questi anni, per esempio, per ricordarne uno, il nuovo quadro della Unione Europea dopo la Brexit. Berlusconi e i suoi pare che neppure si siano accorti delle turbolenze del nuovo clima economico, finanziario, sociale, politico. Procedendo per approssimazione non si contribuisce a migliorare, maggioranza o opposizione, la condizione dell’Italia.

Se si dovesse stilare un rapporto sullo stato del Paese gli unici più (+) andrebbero assegnati a mancata crescita, disoccupazione, criminalità. La politica, quindi, ha un pesante compito da affrontare, in primis un’azione incisiva di governo, la riforma delle istituzioni, ma poi c’è l’altro capitolo, forse il più importante, che attiene proprio al rinnovamento e al rafforzamento della politica, che non avviene per mistica contemplazione o per intercessione dello spirito santo. I partiti devono riformarsi pensando, soprattutto, ad elaborare politiche, a selezionare classi dirigenti, a mediare il rapporto tra società civile e istituzioni.

Può bastare Stefano Parisi o mister X per realizzare un tale processo? Sarà complicato. Allora che fare? Quando non si hanno ancoraggi certi per il futuro, l’unico riferimento che può essere d’aiuto è la storia. Si leggano le carte, forse anche abbastanza polverose, della storia dei nostri partiti nell’arco dei decenni e si estragga da esse ciò che può essere ancora valido oggi. Non sarà opera inutile.


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