La certezza è una sola: Area Popolare non ha alcuna voglia di assecondare il desiderio di elezioni di Matteo Renzi. Per il resto invece – nella formazione centrista che riunisce il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano e gli ex Udc capitanati da Pierferdinando Casini – si naviga a vista. Perché il tempo stringe, i sondaggi non entusiasmano – l’ultimo di Tecné per Porta a Porta accredita AP del 3% alla Camera (ma ce ne sono altri che la attestano al di sotto della soglia di sbarramento per accedere a Montecitorio) – e il caos degli ultimi giorni non aiuta a prendere decisioni definitive sulla strategia da seguire in vista delle prossime politiche.
IL GRUPPO IN FIBRILLAZIONE
Una trepidazione rimasta finora sottotraccia salvo che per alcune, difficilmente equivocabili, dichiarazioni. Chiaro in questo senso il messaggio lanciato martedì da Alfano: “Esprimiamo grande preoccupazione su una corsa verso il voto mentre il Paese è attanagliato da mille problemi, alcuni dei quali chiedono urgente soluzione come il terremoto, le banche e l’Europa“. Parole in linea con “la vocazione di governo” degli alfaniani – che nel 2013 strapparono anche traumaticamente con Silvio Berlusconi quando decise di togliere la fiducia a Enrico Letta – ma che nascondono preoccupazioni e speranze (come quella innescata dalle parole odierne del ministro Carlo Calenda contrario a un voto anticipato al buio).
LA RIUNIONE
Non a caso, d’altronde, martedì sera gli esponenti di Camera e Senato del gruppo di Area Popolare si sono riuniti per fare il punto della situazione. Assemblea molto partecipata a cui ha preso parte anche Casini. La linea è quella tracciata da Alfano: no al voto subito, per rispondere ai problemi del Paese ma anche per avere più tempo a disposizione per riorganizzarsi. E qui si inserisce il grande freddo con Renzi: il presidente del Consiglio sembra voler correre a tutti i costi alle elezioni, mentre Area Popolare ha un’impostazione diversa. D’altra parte ai centristi non è affatto sfuggita l’intervista a Repubblica con cui due giorni fa il capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato ha escluso la possibilità di un listone elettorale che ospiti anche loro: “Alfano assolutamente no. Pisapia è un’operazione soprattutto culturale, mentre Alfano sarebbe un’operazione politica“.
QUEL PARTITO CHE NON VUOLE NASCERE
Il progetto politico originario, in fondo, era chiaro: presupponeva la nascita di un partito unico che riunisse i centristi di Casini e gli ex azzurri di Alfano. In quest’ottica la costituzione di un gruppo unitario alla Camera e al Senato – appunto Area Popolare – avrebbe dovuto rappresentare solo una fase di passaggio in vista della creazione del nuovo soggetto politico. Che, però, nel frattempo non ha mai visto la luce. E a questo punto non è neppure detto che nasca, ragionano in molti. E dire che si era anche già ipotizzato un possibile nome – Italia Popolare – che poi si è però scoperto essere in uso ad un’associazione politica già esistente guidata dall’ex parlamentare del Ppi Alberto Monticone. Gli ultimi fatti – a partire dalla scoppola referendaria e dalla sentenza della Consulta sull’Italicum – hanno, invece, rimesso completamente in discussione il progetto. Che non è saltato del tutto ma che si è, però, raffreddato. Il coordinamento parlamentare rimarrà, mentre – per il resto – molto dipenderà dalla legge elettorale con cui si andrà al voto e dalle relative soglie di sbarramento.
L’IMPLOSIONE DELL’UDC
In questo contesto si inserisce anche la divisione che già nel corso della campagna per il referendum costituzionale si è consumata nell’Udc. Ufficialmente fatto schierare dal suo segretario politico, e attuale eurodeputato, Lorenzo Cesa per il No, ma con alcuni suoi esponenti di punta – Casini in primis – in campagna elettorale attiva per il Sì. La frattura del partito scudocrociato ormai è sancita: da una parte l’Udc di Cesa – cui hanno continuato ad aderire, tra gli altri, Paola Binetti, Rocco Buttiglione e Giuseppe De Mita – e dall’altra i casiniani che annoverano il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, l’ex titolare del dicastero della funzione pubblica Gianpiero D’Alia e il parlamentare già forzista Ferdinando Adornato. Una rottura che si è consumata definitivamente dopo l’esito del referendum – il 7 dicembre – con la decisione dei deputati Udc di lasciare il gruppo di Area Popolare per aderire al Misto: oltre ai citati Binetti, Buttiglione e De Mita se ne è andato anche Angelo Cera, mentre al Senato ha seguito Cesa Antonio De Poli, divenuto anche presidente del partito. I senatori Aldo Di Biagio e Luigi Marino sono invece rimasti al fianco di Casini.
L’ATTIVISMO DI CASINI
Che la situazione sia in divenire è confermato dal rinnovato attivismo politico dell’ex presidente della Camera che l’undici febbraio a Roma, al Teatro Quirino, lancerà ufficialmente il suo nuovo movimento politico Centristi per l’Italia. Con lui saranno in prima fila anche il ministro Galletti e l’ex ministro D’Alia, che svolgerà le funzioni di coordinatore coadiuvato dall’emiliano Mauro Libè. Un movimento, viene specificato, che si pone in piena continuità con l’esperienza di Area Popolare.
I CENTRISTI PER L’ITALIA
Il processo di organizzazione sul territorio è già cominciato con le prime adesioni molte delle quali arrivate dall’Udc. Da segnalare i nomi di alcuni giovani amministratori che hanno scelto di seguire Casini. Tra gli altri hanno aderito il consigliere comunale di Cagliari Federico Ibba, l’assessore di Bolzano Angelo Gennaccaro, il sindaco di Rosarno (provincia di Reggio Calabria) Giuseppe Idà, la prima cittadina di Ceriè (provincia di Torino) Loredana Devietti, gli ex leader dell’Udc Toscana Francesco Bosi e Lorenzo Zorri, Gennaro Santamaria e Vincenzo Inverso in Campania, Aldo Forte nel Lazio, Federico Villa in Lombardia e l’intero gruppo del consiglio regionale della Sicilia, escluso Salvatore Lentini.