Il secondo giorno del G7 a Taormina è iniziato. Dopo l’esordio di ieri, venerdì, i capi di stato e di governo di Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti, Giappone e Canada hanno ripreso il confronto. Sul tavolo, stamattina, ci sono tre questioni in cima all’agenda politica mondiale: clima, migrazioni e commercio internazionale.
Il premier italiano Paolo Gentiloni ha accolto i leader di alcuni paesi africani, Nigeria, Niger, Kenya, Etiopia e Tunisia, invitati appunto per seguire la discussione sulle migrazioni. Il rapporto con l’Africa sarà al centro di questa sessione” ha detto Gentiloni. Dai grandi del pianeta ci si attende quindi la definizione di una strategia per fronteggiare l’ondata dei flussi migratori che sta investendo l’Italia in particolare. Gentiloni, già prima dell’inizio del vertice, ha esplicitamente chiesto ai partner di mettere la “questione africana” nell’agenda politica.
Significativo, a questo proposito, la scelta di tenere il summit a Taormina, nella Sicilia che costituisce ormai il principale approdo per tutti i migranti africani.
Oltre a Gentiloni, c’erano la cancelliera tedesca Angela Merkel, il neo presidente francese Emmanuel Macron, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, i premier giapponese Shinzo Abe, quello canadese Justin Trudeau. Presenti anche il presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker, il presidente del Consiglio dell’Ue Donald Tusk, la presidente del Fmi Cristine Lagarde.
Assente invece la premier inglese Theresa May, che c’era venerdì ma è ripartita alla volta del Regno Unito dove dovrà gestire le delicate indagini relative all’attentato jihadista di Manchester. A proposito di terrorismo, anche di questo, ovviamente, si parlerà nel G7. Londra è soltanto l’ultimo di una serie di attentati che hanno colpito soprattutto la Francia, ma anche la Germania , il Belgio e la Russia.
Sul tavolo del G7 anche le tensioni nel sud-est asiatico, con il giapponese Shinzo Abe particolarmente preoccupato per gli “esperimenti” nucleari del dittatore nordcoreano Kim Jong-un, che anche gli Stati Uniti hanno interpretato come una provocazione.
Le foto di Tiberio Barchielli/Imagoeconomica