Il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer s’è dimesso, furioso, perché in contrasto con la decisione presa da Donald Trump di nominare Anthony Scaramucci a capo della comunicazione della presidenza. Le dimissioni di un Press Secretary in così breve tempo si aggiungono alla lista delle varie cose inusuali già successe nell’amministrazione Trump.
LA NUOVA PRESS SEC
Spicer è stato nel ruolo fin dall’elezione, e proveniva da una discreta esperienza nel partito repubblicano. L’ex portavoce, sostituito dalla sua vice Sarah Huckabee Sanders (figlia di un senatore, Mike Huckabee, diventato molto trumpiano), è stato uno delle immagini controverse di questa controversa amministrazione: spesso aggressivo con i media, ha difeso molte delle informazioni sbagliate, alterate e false, diffuse dalla Casa Bianca, ha preso linee di difesa improbabili, tanto che la sua figura è una di quelle di maggior successo tra le parodie del Trump-team fatte dal “Saturday Night Show”.
IL DOPPIO RUOLO DI SPICER
Le comunicazioni dello Studio Ovale da alcune settimane erano orfane di un direttore e in via di ristrutturazione: dopo le dimissioni per ragioni personali di Mike Dubke, ex capo della comunicazioni, a Spicer era toccato un doppio ruolo, e questo lo aveva portato sempre di meno davanti ai giornalisti per tenere i briefing stampa quotidiani – affidati quasi sempre a Sanders. Alla fine Trump ha scelto Scaramucci per sostituire Dubke e togliere il vicariato a Spicer, e quasi immediatamente il portavoce ha rassegnato le proprie dimissioni (pare che Spicer ambisse al posto, mentre Trump gli ha chiesto di restare ma solo come portavoce).
LA VITTORIA DEI GIOVANI DI FAMIGLIA
La nomina di Scaramucci, un imprenditore newyorkese per niente esperto di politica (o di comunicazione politica), viene descritta dagli insider com la vittoria delle posizioni interne della giovane cerchia famigliare dei consiglieri, Jared Kushner e Ivanka Trump e anche Don Jr (pure Hope Hicks, da sempre al fianco di Trump, la giovane e influente capo della comunicazione strategica, caldeggiava la nomina), contro quelle di un insieme variopinto che va dalla linea repubblicana più ortodossa (da dove viene Spicer) del capo dello staff Rience Priebus, a quella più rivoluzionaria di Steve Bannon. In passato Scaramucci ha espresso posizioni a favore del controllo delle armi e sulla necessità di frenare il climate change – è “scoraggiante” che qualcuno veda il cambiamento climatico come una bufala, scrisse in un tweet (memo: Trump disse nel 2012 che era una bufala inventata dai cinesi).
PERCHÉ PROPRIO LUI
Le indiscrezioni raccolte dai media americani dicono che il presidente si sia convinto dopo che Scaramucci è stato coinvolto in una vicenda giornalistica: a fine giugno la CNN pubblicò una storia su un suo contatto con un banchiere russo molto vicino al Cremlino e poi la ritirò perché mancava di alcuni passaggi nel sistema di controllo di qualità interno delle notizie. Si urlò “fake news!” in un’occasione in cui i media bersagliati dai trumpers mostrarono il fianco, mentre i tre giornalisti che non avevano rispettato gli alti standard di qualità richiesti dall’emittente rassegnarono le dimissioni. La (teorica) “pressione psicologica” esercitata da Scaramucci nei confronti della CNN in quell’occasione, pare (dicono gli insider) sia stato uno degli argomenti che ha convinto Trump a dargli l’incarico. Scaramucci avrà “diretta interlocuzione con il presidente”, dice la nota stampa ufficiale (mentre di solito è il capo dello staff il referente del settore comunicazioni). Trump lo ha visto più volte su Fox, dove Mooch (come lo chiamano) era abile nel muoversi con sicurezza a sostegno dell’amministrazione: e si sa che una cosa che piace a Trump è la fedeltà.
IL MONDO DAVANTI A SCARAMUCCI
Secondo Politico la ristrutturazione interna allo staff delle comunicazioni della Casa Bianca è da leggere anche “in chiave Russiagate”: il presidente vuole maggiore incisività con i media, parte di una strategia difensiva più complessa. All’orizzonte una fase difficile: partiranno audizioni di elementi dell’inner circle nelle commissioni congressuali indaganti, e (novità) alcune intercettazioni dell’intelligence americana mostrerebbero che l’attuale procuratore generale Jeff Sessions aveva parlato della candidatura di Trump con l’ambasciatore russo durante la campagna. Ma ci sono anche altri argomenti caldi da curare a livello comunicativo: per esempio la riforma sanitaria (la linea sull’abrogazione senza sostituzione potrebbe incontrare ostacoli tecnici), oppure la questione di alcuni asset economici di cui Kushner e Ivanka non avevano parlato prima scoperti dai giornali. Per questo “abbiamo bisogno di facce nuove”, avrebbe detto Trump a un collaboratore, scrive Politico: “Scaramucci ama la stampa, e la stampa lo ama” dice una fonte interna alla Casa Bianca a Brian Stelter, che per la CNN segue le vicende collegate al mondo del giornalismo e alla politica, “è un segnale per eliminare le disfunzioni”, intendendo la linea dura contro i media.