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Ana Bettz, al secolo Anna Bettozzi, dai dischi all’arresto. Foto Pizzi

Anna Bettozzi, nome d’arte Ana Bettz, vedova del petroliere Sergio Di Cesare, è stata arrestata ieri nel corso dell’operazione denominata “Petrolmafie Spa”, coordinata dalle Dda di Roma, Napoli, Catanzaro e Reggio Calabria, che ha portato all’esecuzione di una settantina di misure cautelari personali ed al sequestro di beni per un miliardo di euro.

Nata a Roma nel 1958, da una ricca famiglia di origini statunitensi, ha lavorato prima come agente immobiliare, raggiungendo una certa notorietà nella capitale grazie a numerosi cartelloni pubblicitari in cui appariva con vistosa scollatura. A metà anni novanta decise di tentare la carriera nel mondo della musica, con il nome d’arte Ana Bettz.

Finita nelle pagine di cronaca dei quotidiani nel gennaio 1999 per via di una rapina di cui fu vittima insieme alla famiglia nella sua villa sull’Appia Antica; nell’agosto 2007 per aver ospitato durante una festa nella sua villa di Porto Rotondo il premier Silvio Berlusconi, che per l’occasione sfoderò un new look anni 70 (giacca bianca, camicia blu notte, pantaloni scuri e – accessorio mai osato prima – un ciondolo di cuoio con alcuni smeraldi).

Oggi Giovanni Bianconi sul Corriere racconta la sua penultima disavventura:  “L’11 maggio 2019 ebbe un primo complicato incontro con la Guardia di finanza. Stava andando in Francia, al festival di Cannes, e fu fermata mentre passava la frontiera a Ventimiglia su una Rolls Royce guidata da un autista. I militari controllarono l’interno dell’automobile e trovarono 300.000 euro in contanti nascosti in uno stivale a coscia alta. La donna si attaccò al telefono con l’avvocato Ilario D’Apolito (altro arrestato nell’operazione di ieri) che gli ripeteva: «Ma la chiave ce l’hai tu?… Mettila in tasca ad Augusto (l’autista, ndr)…». Parlava della chiave delle cassette di sicurezza dell’hotel Gallia di Milano, dove poche ore più tardi i finanzieri scoprirono banconote per un altro milione e 700.000 euro. «Come hanno fatto a trovare le chiavi? – si rammaricò subito dopo l’avvocato —. Glielo avevo detto pure ad Augusto, mettitele nelle mutande…».

(c) Umberto Pizzi – Riproduzione riservata


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