Matteo Renzi a tutto campo nella direzione nazionale del Partito Democratico che si è svolta oggi pomeriggio a Roma. Il presidente del Consiglio ha toccato tutti i principali temi sul tavolo, dagli assetti internazionali alle questioni di politica interna.
Netta la posizione del premier nei confronti della minoranza interna che, a più riprese, ha proposto in questi giorni di distinguere il ruolo di segretario del partito da quello di capo del governo: “Alla nostra gente dobbiamo un modello organizzativo che non ripeta gli errori del passato. Finché io sarò segretario del Pd, e lo dico innanzitutto ai renziani, le correnti non torneranno a governarlo. Se qualcuno vuole la fine del doppio incarico, proponga una modifica dello statuto. Se qualcuno vuole che io lasci, faccia un congresso e lo vinca. In bocca al lupo. Se volete i caminetti, prendetevi un altro segretario“.
I sassolini Renzi è apparso toglierseli non solo nei confronti della minoranza dem con cui da sempre esiste una dialettica anche dura sulla gestione del partito e le scelte del governo: “Non c’è niente di più bello dello spettacolo dei renziani last minute che scendono dal carro. Troveranno occupato quando proveranno a risalire“. Un avvertimento in piena regola rivolto a chi – secondo i retroscena delle ultime settimane – avrebbe repentinamente rivisto le sue convinzioni su Renzi dopo il risultato non esaltante delle amministrative.
Renzi ha poi confermato l’importanza del referendum costituzionale anche per il suo futuro politico. “Se vince il no, ne trarrò le conseguenze“, ha commentato, prima di invocare il sostegno compatto di tutto il partito: “Il referendum è cruciale, non per il futuro di qualcuno, ma per la credibilità della classe politica. Possiamo fare tutte le discussioni sui ballottaggi, ma fuori c’è un mondo che chiede al Pd se ha le idee chiare. Offriamo una via nuova o proponiamo l’ordinaria amministrazione? Davanti a noi c’è una stagione difficile“.
Il presidente del Consiglio è quindi tornato sul tema delle banche popolari sul quale anche un pezzo del partito lo ha attaccato. “Noi abbiamo salvato i correntisti”, ha tuonato. E poi ha aggiunto: “Se la riforma delle popolari l’avesse fatta il centrosinistra nel 1998 – come volevano Carlo Azeglio Ciampi e Mario Draghi – adesso non avremmo avuto questi problemi”. “Dispiace” – ha quindi chiosato – “che anche alcuni di noi siano caduti su un’interpretazione grillina di quanto accaduto. Un’interpretazione che ritengo indecente“.
Sui rapporti con l’Europa – anche e soprattutto alla luce del referendum nel Regno Unito – Renzi ha fatto professione di ottimismo, nonostante le tante difficoltà: “Ciò che è accaduto in Gran Bretagna farà più danni ai britannici che a noi. l’Europa può cogliere l’opportunità del referendum per scrivere una pagina nuova. Di fronte a quanto accaduto non si può procedere con un approccio tecnicistico“.
Nel discorso del premier non poteva mancare, ovviamente, un riferimento all’efferato attentato di Dacca, in Bangladesh, nel quale hanno perso la vita 9 italiani. La riunione della Direzione Pd si è aperta con un minuto di silenzio mentre Renzi si è concentrato sulle politiche da mettere in campo per cercare di combattere il terrorismo islamico: “Ciò che accade va combattuto sotto il profilo militare, dell’intelligence e della sicurezza ma c’è anche una grande questione culturale“. Renzi ha quindi ribadito la sua idea che “ad ogni euro speso in armamenti deve corrisponderne uno investito nella cultura, nella scuola, nella formazione“.
Alla Direzione era presente tutto lo stato maggiore dei democratici come confermano le foto scattate prima dell’inizio. Tra gli altri si sono visti il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, quello dell’Agricoltura Maurizio Martina, il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti, gli esponenti della minoranza dem Gianni Cuperlo e Roberto Speranza e i Governatori della Campania e della Puglia Vincenzo De Luca e Michele Emiliano.
(Foto di Stefano Carofei/Imagoeconomica)