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L’Europa (in)difesa. Tutte le mosse di Bruxelles

Antonio Tajani e Jill Morris a Villa Wolkonsky. Le foto

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Antonio Tajani e Jill Morris

Chi c’era a parlare di Brexit questa mattina a villa Wolkonsky, sede dell’ambasciata inglese? Antonio Tajani, presidente del parlamento Ue, Jill Morris, ambasciatore britannico in Italia e l’editorialista Danilo Taino, grande esperto di questioni europee, hanno presentato il nuovo numero de Il Club, la rivista-pensatoio che vuole essere un ponte tra Uk e Ue. La copertina è dedicata ai soldati inglesi che hanno combattuto in Italia al fianco degli americani durante la seconda guerra mondiale. Come a dire, nel momento del bisogno, la Gran Bretagna c’è stata, per l’Italia, per l’Europa. E allora perché non provare a costruire a 75 anni di distanza dalla morte di 45 mila soldati inglesi under 30 solo in Italia, un negoziato che non faccia male a nessuno?

“Partiamo da una constatazione. Noi non possiamo rinunciare alla tutela degli interessi delle imprese europee e della salute dei suoi cittadini. Ci sarebbero delle conseguenze gravissime. Ci sono interi segmenti dell’industria, penso all’agroalimentare, che con l’uscita del Regno Unito perderebbero contributi essenziali per la loro sopravvivenza”, ha premesso Tajani, rivolgendosi in più occasioni con lo sguardo a Morris. Messaggio chiaro, chiarissimo: i cittadini inglesi il 23 giugno del 2016 hanno fatto la loro scelta, che volente o nolente va rispettata. Ma l’Europa non può pagare un prezzo più alto del dovuto o lo scontro con Dowing Street, che qualcuno chiama hard Brexit, sarà inevitabile.

“Inutile nascondere che in questo momento ci sia uno stallo delle trattative. In settimana abbiamo un Consiglio europeo in cui cercheremo di fare un passo avanti. Personalmente sono ottimista, ma ben conscio della difficoltà del momento. L’Europa non può accettare un accordo che vada contro i suoi cittadini e contro le sue istituzioni. Noi vogliamo essere amici del Regno Unito, ma questo non significa creare dei danni alle nostre industrie e al nostro mondo produttivo. Mi auguro, anzi voglio proprio convincermi del fatto che alla fine prevarrà il buon senso da ambedue le parti”. La voce del Regno Unito è stata quella della padrona di casa, Morris. La quale non ha avuto remore nel sottolineare le immani difficoltà che stanno mettendo a rischio i negoziati. A cominciare dalla questione irlandese (il governo May ha rifiutato le proposte di compromesso per evitare il ritorno della frontiera fisica tra Irlanda e Irlanda del Nord).

“La Gran Bretagna è e deve rimanere un partner dell’Unione ma questo non si può fare senza un accordo che accontenti tutti e quando dico tutti dico cittadini europei e inglesi. Francamente non me la sento di condividere l’opinione sullo stato della classe dirigente inglese perché posso tranquillamente assicurare che anche a Londra e nel governo inglese prevale la parola ‘amici’. Negli ultimi giorni sono stati fatti progressi concreti su numerosi punti chiave ma restano ancora questioni non risolte relative al nord Irlanda, su cui entrambe le parti concordano circa la necessità di evitare un confine fisico”.

(Foto Imagoeconomica – riproduzione riservata)

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