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La Libia è un interesse nazionale per l’Italia, che non può non occuparsene, perché il nostro Paese è collocato al centro del Mediterraneo.

UN RUOLO FONDAMENTALE
Un teatro dove l’Italia può e deve recitare un ruolo da protagonista, secondo Marco Minniti, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, che intervenuto a una conferenza organizzata da Network globale, agenzia per l’internazionalizzazione della Camera di Commercio di Roma, con il coordinamento scientifico di Formiche, ha spiegato l’impegno e le opportunità per il nostro Paese.

LE RICHIESTE DEGLI ALLEATI
L’Italia – ricorda il sottosegretario – è una media potenza regionale che ha la sua forza nello stare in questa posizione. È questo il mandato che la comunità internazionale ci ha dato. A livello internazionale la Libia è considerato un territorio del quale l’Italia se ne deve occupare. Sappiamo che lì il quadro è abbastanza delicato. Come tutte le situazioni di crisi si presenta con spazi di opportunità e rischi enormi“.

RISCHI E OPPORTUNITÀ
Rischi soprattutto per alcune grandi imprese italiane come Eni e Finmeccanica, che nel Paese africano hanno grossi interessi, ma anche per le tante piccole e medie aziende che contribuiscono all’altissimo volume di scambi e affari tra le due sponde del Mediterraneo nel commercio di beni agroalimentari, nel settore edilizio, della manifattura, che possono soffrire dell’instabilità di Tripoli.
Ma anche opportunità, perché alle relazioni già esistenti possono sommarsi i 480 miliardi di dollari che nei prossimi dieci anni serviranno a ricostruire la Libia.

PACIFICARE IL MEDITERRANEO
Un rapporto, quello tra Roma e il Paese africano, che però Minniti considera ben più che economico.
La Libia, commenta, è anche “un interesse nazionale per l’Europa e per gli Stati Uniti. L’esito di quanto accadrà nelle prossime settimane sarà importante per il futuro dei rapporti tra il Nord Africa e l’Europa. Bisognerebbe però affrontare questi problemi da Europa e non dai singoli Paesi“. Perché il tema della sicurezza nel Mediterraneo non può essere relegato a un “problema” italiano, ma coinvolge l’intero continente e il ruolo pacificatore dell’Occidente e degli Stati Uniti in particolare. Per il sottosegretario si registra infatti in Libia “uno scacco delle cosiddette primavere arabe, se si considera il perché è avvenuto forse per colpa della comunità internazionale che doveva aiutare di più quei popoli. Ora però – sottolinea – dobbiamo capire che non si può più tornare indietro e dobbiamo aiutare a stabilizzare quei Paesi. Dobbiamo parlare con un linguaggio di verità sulla Libia, siamo di fronte a un passaggio delicatissimo. Siamo ad un passaggio critico perché lì la situazione è critica. Abbiamo una fragilità delle istituzioni che corrisponde un’altrettanta fragilità dal punto di vista economico“.

LEGAMI INTENSI
Un tema non solo economico, dunque, ma che per Minniti deve viaggiare di pari passo con quello politico.
Per l’Italia, dice l’Autorità delegata per la Sicurezza, “la Libia ha una grande importanza dal punto di vista dell’estrazione di greggio ma i dati odierni della produzione di petrolio libica sono impietosi. Abbiamo una situazione che si rincorre, una fragilità istituzionale che determina una fragilità dell’economia” e che genera instabilità, perché il governo libico ha meno risorse da destinare al welfare nazionale, con inevitabili conseguenze sull’ordine pubblico.

SEGNALI POSITIVI
Non mancano i segnali positivi, come l’appoggio che la popolazione di Tripoli e Bengasi ha dimostrato per le truppe governative intervenute contro le milizie armate, ma sono elementi che “vanno consolidati”. “È una corsa contro il tempo: o si agisce rapidamente o si arriva a un punto di non ritorno”.
Ma il governo italiano “apprezza il lavoro che sta facendo quello libico”, dice Minniti, che ricorda come l’Italia investe molto sulla Libia ad esempio in formazione delle forze armate, “con un investimento di 27 milioni di euro“.
Ora, tocca a Palazzo Chigi e alla Farnesina raccogliere l’appello per un intervento più efficace nel Mediterraneo, che potrà essere definito e rilanciato durante la seconda Conferenza internazionale sulla Libia, che l’esecutivo sta preparando con le autorità libiche, l’Unsmil ed altri partner e che il presidente del Consiglio Enrico Letta ha annunciato nel suo intervento davanti alla 68ma Assemblea generale delle Nazioni Unite.

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